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Errare è umano ma perseverare è diabolico. Siamo al sesto film della saga, il quarto di James Cameron nelle vesti di produttore e sceneggiatore dopo le erratiche peripezie di tutto il franchising, e il terzo che si propone come sia come reboot che come inizio di una trilogia: nei due precedenti tentativi non c’è stato seguito e anche stavolta, temo, finirà alla stesso modo, dato l’ennesimo insuccesso. Ma non è detto. La stessa Linda Himilton – che stavolta è il primo nome, anche davanti a Schwarzenegger – ha dichiarato: “Forse apprezzerei una versione più piccola, in cui non ci siano in ballo milioni di dollari. Il pubblico di oggi è così imprevedibile. Non dovrebbe mai essere un rischio economico così grande, ma io sarei ben felice di non ritornare mai più. Non ho speranze per il futuro perché vorrei davvero aver chiuso col franchise.” Vorrebbe aver chiuso, ma non è detto, perché probabilmente ci sono clausole contrattuali da rispettare: non si mette su un progetto di 280 milioni di dollari senza prevedere nelle clausole anche la caduta del capello. Nel primo weekend di programmazione nelle sale statunitensi, il film si piazza al primo posto ma poi cede il passo, perché evidentemente ha deluso il pubblico, e secondo un’analisi finanziaria molto accurata potrebbe generare perdite di oltre 100 milioni di dollari. Il film è uscito nel 2019, è già in tv nel 2020 e i prossimi guadagni dovrebbero venire dall’home video che come già sappiamo sarà reso più appetibile con un director’s cut, contenuti speciali, interviste, eccetera.
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Detto questo il film non è male, sicuramente meglio del precedente “Terminator Genisys”, anche se per metà film la sensazione è sempre quella del dejà vu: fulmini che portano nel presente narrativo figure dal futuro, cyborg che si rigenerano in pochi secondi, grande e lunga scena di autoscontro, l’ennesima giovane donna da salvare perché sarà madre del messia… ah sì, c’è questa novità: nell’antefatto vediamo un flashback sul passato e andiamo nel 1998 (ma le date ormai contano poco in una saga che ha fatto del tempo e della logica una gomma da masticare), andiamo a quattro anni dopo che è stato sconfitto il T-1000, quello di metallo liquido interpretato da Robert Patrick in “Terminator 2, il Giorno del Giudizio”, la cui distruzione nell’acciaio fuso ha evitato l’ascesa dell’intelligenza artificiale Skynet – e che aveva egregiamente concluso l’avventura cinematografica di Terminator, prima che altri cominciassero a spremere la vacca.
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In quel 1998 l’adolescente John Connor – che in tutti i sequel abbiamo visto adulto e combattente – viene ucciso da un T-800 inviato dal futuro prima della cancellazione di Skynet, sotto gli occhi della madre Sarah Connor. I tre interpreti, Arnold Schwarzenegger, Linda Hamilton e Edward Furlong sono stati ringiovaniti in CGI. E veniamo al nuovo presente narrativo che coincide col nostro, il 2020. Dal futuro arriva l’umana potenziata Grace, interpretata dalla canadese Mackenzie Davis già attiva in cinema e tv con ruoli da caratterista e che dopo questo film si avvia a una carriera da protagonista; il suo compito è quello di proteggere Dani Ramos, interpretata dalla colombiana Natalia Reyes, qui al suo terzo film e primo in America; dal futuro arriva anche il nuovo modello cyborg Rev-9, interpretato dall’americano con origini messicane Gabriel Luna, curriculum di caratterista con molta tv e qualche film. Nel frattempo resta ucciso Diego, il fratello di Dani, interpretato dal cantant’attore messicano Diego Boneta. Tutta questa ispanicità perché l’azione si svolge a Città del Messico e perché, ma non è dichiarato, gli ispanici, che sia autodefiniscono anche latinos, sono il 18% della popolazione e lo spagnolo è la prima lingua più parlata dopo l’inglese (l’italiano è al 12° posto): non stupisce quindi che un franchise in cerca di rinnovato successo si rivolga a una classe emergente in cerca di riscatto e visibilità: nel primo quarto d’ora del film si parla quasi esclusivamente spagnolo.
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Dobbiamo aspettare metà film per rivedere l’iconico Arnold Schwarzenegger, vecchio T-800 con barba incolta che nel frattempo in Texas ha messo su famiglia occupandosi platonicamente di una madre con figlio, ispanici ovviamente; ha anche messo su un’attività di tappezziere e discetta di stoffe e fantasie adeguate per le stanze dei bambini: il tentativo è quello di ritrovare l’antica vena ironica che nei vari sequel si era persa, ma dà una sensazione di tristezza anzichenò. L’ironia era riecheggiata allorché l’invecchiata Sarah Connor dice il famoso Tornerò! quando ha appena finito di dare una mano, molto bene armata, alle due nuove protagoniste, e Dani esclama: Ma questa chi è? Dani e Grace si uniscono a Sarah Connor in fuga dal nuovo Rev-9, che di nuovo ha che il suo metallo liquido è nero come la pece, e soprattutto può sdoppiarsi producendo un endoscheletro autonomo. Un muscolare terzetto femminile segno, anche questo, di un’attenzione al nuovo immaginario cinematografico che anticipa la realtà attribuendo alle donne ruoli che nella realtà non hanno ancora. A metà film, oltre a ritrovare l’invecchiato T-800 che stavolta dirà un mesto Non tornerò!, e non indossa più i suoi immancabili occhiali scuri, arriva la sorpresa narrativa: Dani deve essere salvata non perché sarà la nuova madre del nuovo salvatore, ma perché lei stessa sarà la salvatrice dell’umanità: più femminista di così non si può. Ma evidentemente strizzare l’occhiolino ad ispanici e donne non è bastato a rilanciare il marchio che, ancora una volta, potrebbe non generare i due sequel previsti, e chiudere mestamente la vita cinematografica del cyborg più famoso del mondo.
James Cameron produce e co-scrive soggetto e sceneggiatura, ma lascia la regia a Tim Miller, che si è fatto le ossa nelle officine degli effetti speciali e che ha debuttato come regista due film fa dirigendo “Deadpool”, di cui non ha diretto il sequel “Deadpool 2” per divergenze col protagonista Ryan Reynolds. In questo “Destino Oscuro” il T-800 di Arnold Schwarzenegger muore definitivamente, muore anche la viaggiatrice del futuro Grace, anche il nuovo cattivo sistema di intelligenza artificiale Legion viene sconfitto e nel lieto fine l’inedita coppia formata dall’anziana Sarah Connor e della giovane futura leader dell’umanità Dani Ramos, prendono con sé la bambina Grace – quella che tornando dal futuro adulta e potenziata si è sacrificata per loro – e con l’intento di evitarne la futura morte si preparano a un nuovo futuro di battaglie fra il genere umano e le macchine assassine generate dall’ennesima intelligenza artificiale, o forse no? Come nel titolo, il destino è oscuro, incerto, e dato non che ci sarà più Scwarzy col suo obsoleto T-800, non avrebbe neanche senso continuare a chiamare questo brand Terminator. Avremo forse uno spin-off? Errare è umano ma perseverare è diabolico. Intanto James Cameron, lockdown permettendo, è pronto a tirare fuori dal suo cilindro i quattro – dico bene: quattro! – attesissimi sequel di “Avatar”. Dopo che gli hanno sfilato di mano i sequel del suo terminator, ora si è portato avanti col lavoro, e annuncia anche la preparazione di un quinto Avatar. La prima data prevista è il dicembre 2021 e con i successivi sequel si arriva abbondantemente al 2030. Staremo a vedere, se avremo ancora qualcosa da vedere e, soprattutto, se saremo ancora qui per vedere.
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