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Bordella

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1976. Un unicum nella cinematografia di Pupi Avati: satirico, grottesco, surreale, demenziale e via dicendo, senza dimenticare che è anche stato vietato ai minori. Beh certo già il titolo deve avere allarmato i benpensanti tutori morali dell’epoca, inconsapevoli che era un’epoca che stava lì lì per esplodere una seconda volta dopo il recente ’68.

In quell’anno muoiono Agatha Christie e Mao Tse-tung mentre in Italia nasce il quotidiano La Repubblica e oltre oceano nasce la Apple di Steve Jobs mentre IBM sta lanciando sul mercato la prima stampante laser: prove tecniche di un futuro dagli sviluppi inimmaginabili. Sul nostro territorio nazionale gli attacchi terroristi dei brigatisti ci facevano rinchiudere in quelle case da dove le femministe, però, uscivano sempre più spesso a manifestare per le strade a favore della legge sull’aborto per la quale furono raccolte 700mila firme, definite all’epoca “firme delle puttanelle”, ma l’aborto rimane reato tranne quei casi eccezionali in cui è a rischio la salute della donna. In parlamento entrano per la prima volta i Radicali e il Partito Comunista Italiano è al 34% subito dopo la Democrazia Cristiana che è al 38%.

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Il 6 maggio un violento terremoto scosse e distrusse gran parte del Friuli, e il 10 luglio scoppia il reattore di una fabbrica di prodotti chimici a Seveso, alle porte di Milano: una nube di diossina invade il territorio e le conseguenze saranno da film dell’orrore: prima cadono stecchiti gli insetti, poi gli uccelli, a seguire i polli non stanno più in piedi e i cani cominciano a impazzire mentre i gatti diventano feroci come tigri, prima di morire le mucche muggiscono a lungo di dolore e per ultime muoiono le capre.

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Al cinema esce “Taxi Driver” di Martin Scorsese mentre la Corte di Cassazione condanna al macero tutte le copie di “Ultimo tango a Parigi” del 1972 di Bernardo Bertolucci, che intanto esce di nuovo nelle sale col suo monumentale “Novecento” diviso in due film – grande novità nella nostra cinematografia più abituata ai cortometraggi e agli sketch dei film a episodi – e che ancora fu sequestrato a Salerno per oscenità e blasfemia ma poi rimesso in circolazione con un nulla di fatto. E’ anche l’anno del “Rocky” di Sylvester Stallone, del disturbante “L’inquilino del terzo piano” di Roman Polanski, dell’horror “Carrie, lo sguardo di Satana” di Brian De Palma e dei politici “Quarto potere” di Sidney Lumet e “Tutti gli uomini del presidente” di Alan J. Pakula. E chiudo la carrellata con un altro Pupi Avati che esce lo stesso anno: il giallo horror “La casa dalle finestre che ridono”.

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Il critico Giovanni Grazzini scrive: “Siamo spesso nel cabaret televisivo, nel paradosso goliardico. L’ambizione di Avati, di darci un’immagine emblematica della civiltà confusa degli anni Settanta, è poco adeguata alle sue virtù di narratore originale. Se è vero che la commedia all’italiana ci ha stancati, è dubitabile che film come “Bordella” possano proporsi quali modelli d’una nuova comicità internazionale.” Di fatto il film, un soggetto di Avati, di suo fratello Antonio e di Gianni Cavina cui si è aggiunto Maurizio Costanzo nella sceneggiatura, lo si potrebbe definire come un prodotto di cervelli in libertà. Si apre e si chiude con immagini di repertorio del potentissimo Henry Kissinger che con sapiente doppiaggio si fa promotore della multinazionale American Love Company gestita dal Mr Chips che manda il siculo-americano Eddie Mordace (doppiato però in pugliese da Carlo Croccolo) ad aprire una succursale a Milano. Di nuovo c’è che il bordello è per signore e vi si prostituiscono ruspanti giovanotti in una sequela di quadretti e siparietti ancora oggi divertenti quanto improbabili: si passa dal grottesco al burlesque maschile con numeri da musical e colpi di scena surreali in un film goliardico dove ogni interprete dà davvero il meglio di sé in assoluta libertà espressiva.

Gianni Cavina si disegna il ruolo del pugile suonato Adone Tonti con certi problemini di erezione che però non scoraggiano le donne con animo da infermiera e l’impeto da “io ti salverò!” ma che poi finisce per dare il meglio di sé con un pompiere travestito. Il venticinquenne Christian De Sica si lascia andare, è proprio il caso di dirlo, come aristocratico decaduto, tale Conte Ugolino Facchini, facendo forse il verso al Conte Max di suo padre Vittorio, ed è lui che apre le vie del musical con vezzi e mossette che nei decenni successivi faticherà a tenere a freno in una carriera lunghissima fatta di pochi alti e molti bassi. Il maniaco sessuale Ivanohe Zuccoli che nell’impresa mette a frutto il suo talento è un divertito e divertente Gigi Proietti, anche lui libero di fare e disfare quello che gli pare – in un film però sempre tenuto sotto controllo dal regista, pur nell’apparente anarchia generale. Lo statuario Luigi Montefiori, l’unico col physique du rôle, star dei B-movie italiani con lo pseudonimo di George Eastman, è il marinaio Silvano “Sinbad” Silingardi e chiude la squadra il caratterista polacco Vladek Sheybal qui nel ruolo di Francesco Brandani detto Checco ma anche checca dato che subito si traveste e fa il maestro di cerimonia in una casa bordello-bordella dove l’omoerotismo, divertito o reale, è più che palese.

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Non manca il personaggino di un massaggiatore assai gaio interpretato da Tito Le Duc, anche coreografo del film, noto come componente delle Sorelle Bandiera che in quegli anni avevano sdoganato, grazie a Renzo Arbore, il travestitismo in tivù. Le sciure milanesi apprezzano la bordella mentre Taryn Power, sorella minore della più famosa Romina, fa un’improbabile fanatica religiosa americana che viene a perseguitare i peccatori anche a Milano. Il potente Mr Chips che fa il verso al Hugh Hefner di Playboy è interpretato da Vincent Gardenia e il protagonista era Al Lettieri, morto d’infarto alla fine delle riprese e a cui il film è dedicato; ricordiamo che era un caratterista che raggiunse la notorietà con “Il Padrino” di Francis Ford Coppola.

Il film non poteva che fare scandalo già dal titolo, in un’Italia ultra cattolica, anche perché racconta una cosa per quei tempi sconvolgente: le donne hanno una loro sessualità anche al di fuori del talamo coniugale, e avrebbero dovuto lottare decenni per dichiararla liberamente. Anche se oggi persecuzioni e femminicidi raccontano di uomini fermi alla preistoria.

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Al Lettieri davanti a un manifesto di Adone il pugile sexy