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I nuovi mostri – con gli episodi censurati dalla Rai qui recuperati

1977. Sono passati quindici anni dall’originale e molta acqua è passata sotto i ponti: sono finiti i tempi spensierati del boom economico sull’onda del quale cinematograficamente si è passati dal neorealismo del dopoguerra alla spensieratezza della commedia all’italiana che nei suoi esempi migliori era anche critica sociale con venature di un umorismo graffiante che non risparmiava niente e nessuno. Il 1977 è nel mezzo di un decennio nero di terrorismo, nazionale e internazionale, una narrativa che drammaticamente entra anche in questo film in cui i toni grotteschi e graffianti si fanno ancora più incisivi, e anche violenti come la società che li esprime.

Gli episodi che prima erano 20 qui sono 14 e a Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi si aggiunge un Alberto Sordi in gran spolvero, di suo già campione di maschere grottesche dell’italiano medio, con l’aggiunta della stella in ascesa Ornella Muti che aveva debuttato solo sette anni prima con “La moglie più bella” di Damiano Damiani. Un’altra novità è che in alcuni episodi i quattro nomi dei titoli di testa cedono il passo ad altri validi interpreti che a loro volta diventano protagonisti. Tognazzi e Gassman recitano insieme in un solo episodio. Degli sceneggiatori originali rimane Ruggero Maccari che scrive il film con Age & Scarpelli e Bernardino Zapponi; mentre Ettore Scola che lì era sceneggiatore qui è regista e insieme a Mario Monicelli si aggiunge a Dino Risi che fu regista unico del primo film. Suo figlio Claudio Risi è l’aiuto regista. Armando Trovajoli che qui è Trovaioli torna a firmare la colonna sonora. Dei tre registi, all’uscita del film non si sapeva chi avesse diretto cosa perché di comune accordo avevano deciso di non firmare i loro episodi, e pare che i tre si siano impegnati a sostenere con i loro guadagni l’amico sceneggiatore Ugo Guerra gravemente malato e da diversi anni paralizzato, che sarebbe morto cinque anni dopo. Oggi siamo in grado di abbinare i registi agli episodi. Alla produzione Pio Angeletti e Adriano De Micheli della Dean Film prendono il posto di Mario Cecchi Gori. Come film straniero fu candidato all’Oscar nel 1979 ma quell’anno vinse il francese “Preparate i fazzoletti” di Bertrand Blier. Fu anche candidato ai David di Donatello ma vinse solo l’Alloro d’Oro alla miglior sceneggiatura al Festival di Taormina.

La versione presente su YouTube è quella ridotta negli anni Ottanta per la Rai in cui vengono tagliati cinque dei quattordici episodi rimescolando l’ordine di quelli rimasti. In questa censura sono saltati quelli meno edificanti ritenuti non adatti alle famiglie, ovvero: “Il sospetto”“Sequestro di persona cara”, “Mammina e mammone”“Cittadino esemplare” e “Pornodiva”; questi ultimi tre però sono stati reintegrati in una versione trasmessa su Rai Movie a partire dal 2014, però con l’amputazione del finale di “Pornodiva” che, come vedremo, cambia completamente il senso del racconto.

Tantum Ergo di Dino Risi

Gassman è un cardinale che causa guasto alla sua auto si ferma in una chiesa di periferia dove è in corso un acceso dibattito di borgatari guidato dal prete Luigi Diberti. Il cardinale improvvisa un sermone che acquieta gli animi, dimostrando al prete-operaio che faticosamente guidava da pari a pari il dibattito, che la retorica e l’eloquenza con l’aggiunta degli effetti speciali di sempre – luci, campane e musica d’organo – sono la vera via del Signore. Paolo Baroni efficacissima spalla in una regia molto arguta è il pretino che come da tradizione, vedi “La giornata dell’onorevole” in “I mostri”, è sempre omosessuale.

Auto stop di Mario Monicelli

Oggi lo scriviamo in un’unica parola ma all’epoca erano ancora due parole staccate. Partendo dal dettaglio del magnete sul cruscotto “vai piano e pensa a noi” con foto dei familiari, scopriamo che alla guida dell’auto Eros Pagni (raffinato interprete teatrale che al cinema è un caratterista di lusso) va oltre un autostoppista commentando “Sì, col cazzo!” per poi fermarsi immediatamente quando sul ciglio della strada gli compare la “gnocca” Ornella Muti che carica in macchina facendo sparire il magnete, e ovviamente mettendo in campo tutti i luoghi comuni dell’automobilista con fantasie erotiche, e tutti noi spettatori conosciamo i luoghi comuni sulla pericolosità degli autostoppisti ma anche degli automobilisti…

Con i saluti degli amici di Dino Risi

Segue uno dei due soli episodi non ambientati nell’area romana: breve come uno sketch televisivo. In un paesino dell’entroterra siciliano, un notabile mafioso passeggia per le vie assolate accompagnato dal suono del sempre classico marranzano, finché viene steso a colpi di lupara da due ragazzotti in vespa “Con i saluti degli amici”, ed è comune fra i siciliani il detto “Amici, e guàrdati!”. Battuta folgorante finale del mafioso morente interpretato dal romano Gianfranco Barra unico protagonista.

Hostaria! di Ettore Scola

Col punto esclamativo che subito mette in evidenza la tipicità dell’osteria della tradizione romana. Gassman e Tognazzi, l’uno cameriere l’altro cuoco, nel loro unico incontro del film fanno dell’osteria il loro personale ring con divertimento reciproco: sono quella che oggi diremmo una coppia di fatto, litigiosa e di mezza età, che con i tempi e i modi e la musichetta delle comiche d’antan si tirano addosso di tutto distruggendo la cucina salvo poi fare pace con un bacetto. I borghesissimi commensali apprezzano le vivande che dopo la lite contengono di tutto. E non è chiaro se i mostri sono la litigiosa coppia o i commensali, che di passaggio citano e omaggiano Indro Montanelli come caro amico: messaggio ambiguamente trasversale al giornalista.

Pronto soccorso di Mario Monicelli

Un affettatissimo Alberto Sordi, come Principe Giovan Maria Catalan Belmonte è un esponente della nobiltà nera romana, quella papalina sempre nostalgica del Papa-Re, lascia un’amica al Jackie O’, esclusivo locale romano che a partire dagli anni ’70 ereditò quello che restava della dolce vita romana dei tardi anni ’50. Con la sua Rolls Royce bianca (la Land Rover la prende solo per le uscite sportive) deve raggiungere la residenza della Principessa Aldobrandi dove fra nobili si discuterà lo scisma del Cardinale Marcel Lefebvre. Sordi si esibisce in un monologo un po’ troppo lungo e un po’ troppo indugiando, a mio avviso, su alcune volgarità che pur caratteristiche del “nobile” personaggio non necessitavano di sottolineature. Raccoglie la vittima di un incidente stradale e tenta inutilmente di portarlo in tre ospedali che per un motivo o un altro rifiutano l’urgente ricovero: questa è un’altra delle mostruosità sociali. Alla fine lo abbandona lì dove l’aveva trovato, sotto il monumento a Mazzini che lui crede Mussolini. Luciano Bonanni interpreta l’uomo ferito mentre l’amica di passaggio all’inizio altri non è che la ballerina del ventre Aïché Nana che sul finire degli anni ’50 si era resa famosa per uno spogliarello al ristorante Rugantino, immortalata dal fotografo Tazio Secchiaroli. In coda il titolo “Pronto soccorso” diventa inglese: “First Aid” e vai a capire perché.

L’uccellino della Val Padana di Ettore Scola

Questo è il secondo episodio non ambientato a Roma. La moda dell’epoca nominava le cantanti in un bestiario tutto italiano: Mina era la Tigre di Cremona, Iva Zanicchi era l’Aquila di Ligonchio e Orietta Berti che aveva addirittura due nomignoli – l’Usignolo di Cavriago e la Capinera dell’Emilia – qui diventa Fiorella l’Uccellino della Val Padana gestita dal totalizzante marito-impresario Tognazzi che nel privato se la deve vedere con le tante bambole che invadono la loro camera da letto, autocitazione per la Berti che è realmente collezionista di bambole. La poverina incorre in un problema alle corde vocali e il solerte marito le procura un incidente domestico dopo la quale potrà esibirla come caso umano su una sedia a rotelle. Molto brava lei che da cantante professionista si mette in gioco e nel finale stona con grande maestria.

Come un regina di Ettore Scola

Sordi asciuga i toni e condivide lo schermo con una dolce vecchina che interpreta la madre. Che lui, all’insaputa di lei, sta portando in in ospizio. L’interpretazione più convincente dell’attore è tutta negli sguardi che spaziano dall’apprensione all’esasperazione, dall’amore alla malsopportazione e al senso di colpa. Per Sordi è un bagno di verità: è noto che fosse morbosamente legato alla madre e ancora si racconta di quando, alla morte di lei, per vent’quattr’ore si chiuse in camera col cadavere rifiutandosi anche di aprire agli impiegati delle pompe funebri. La vecchina è l’attrice di un solo film Emilia Fabi. “Trattatela come una regina!” è l’invocazione finale del figlio mentre va via. Come una regina in esilio, dolorosa condizione di molti nostri vecchi che non hanno più spazio nella frenetica quotidianità che ci stritola.

Senza parole di Dino Risi

Il breve incontro d’amore fra una hostess poliglotta e un affascinante mediorientale che non parla nessuna delle lingue che lei conosce – e qui tocca dire che la Muti non parlava bene nemmeno l’italiano dato che per tutto l’arco crescente della sua carriera è stata sempre doppiata. Nel romantico episodio senza parole la musica è padrona con due successi dell’epoca: “Ti amo” di Umberto Tozzi e “All by myself” nella versione originale di Eric Carmen. Episodio volutamente zuccheroso dove non tutto è come sembra. Con il greco Yorgo Voyagis inspiegabilmente col trattino nei titoli, Yorgo-Voyagis, volto nuovo sugli schermi italiani come Giuseppe nel televisivo “Gesù di Nazareth” di Franco Zeffirelli, in onda quello stesso 1977.

L’elogio funebre di Ettore Scola

Il funerale comincia con l’accompagnamento di una musichetta sgangherata di una piccola banda che dà subito il tono all’episodio. Fra i quattro che portano a spalla la bara ecco Alberto Sordi. Si seppellisce un comico d’avanspettacolo e i convenuti sono il variopinto bestiario di amici e colleghi. Sordi, come storica spalla del vecchio comico Formichella, comincia l’elogio funebre che presto si trasforma in rievocazione di gloriose scenette e sagaci battute: il funerale diventa un’allegra rivisitazione della rivista d’antan in cui Sordi stesso mosse i primi passi, e alle lacrime si sostituiscono risate canti e applausi con tanto di passerella finale attorno alla fossa e sipario calato dai muratori retrostanti che calano una rete di protezione. Nel sentire comune di quell’Italietta democristiana forse questi teatranti erano dei mostri ma è evidente che a un attore comico quel funerale sarebbe piaciuto assai. Per non dire che oggi è ormai prassi comune, questa sì tristemente comune, l’abitudine di applaudire ai funerali, gesto privo di senso traslato dalla gente di spettacolo che di quegli applausi era vissuta, tanto che alcuni preti cominciano ad avvertire che gli applausi non sono consentiti. Per l’intero film questo episodio è un delizioso e degno finale. E poi con una ricerca mirata ho trovato i singoli episodi tagliati dalla Rai.

Mammina e mammone di Dino Risi

La giornata di due eccentrici barboni in un episodio davvero inconsistente che probabilmente avrà avuto un senso per i suoi creatori se ispirato a personaggi reali: la morale è che fra i barboni che si aggirano nelle nostre città ci sono anche nobili decaduti e personalità esemplari. Con Tognazzi che come dolce bambinone si accompagna all’ottantenne Nerina Montagnani, una caratterista che dopo aver lavorato come cameriera per tutta la vita ha esordito a settant’anni costruendosi una carriera di tutto rispetto.

Cittadino esemplare di Ettore Scola

Il mostro siamo noi. Gassman rientrando a casa dal lavoro assiste all’aggressione e all’accoltellamento di un uomo. Come nulla fosse raggiunge la famiglia per cena e si rilassa davanti a un programma Rai: ovvio che la Rai lo abbia tagliato. Dal programma sentiamo la voce di Pippo Franco nel varietà “Bambole, non c’è una lira” diretto da Antonello Falqui.

Il sospetto di Ettore Scola

Episodio decisamente politico, dunque indigesto alla finta ecumenica mamma Rai. Gassman commissario di polizia dall’accento napoletano fa una paternale a un gruppo di giovani sovversivi arrestati, e dal mucchio gli arriva una pernacchia. Fatta da un brigadiere infiltrato per meglio mimetizzarsi. Con Francesco Crescimone da Caltagirone che sarà anche sceneggiatore e regista.

Sequestro di persona cara di Ettore Scola

Cinema che racconta la televisione-verità: diretta televisiva dal salotto di un uomo distrutto dal dolore al quale hanno rapito la moglie e che si rivolge ai sequestratori implorando almeno una telefonata per averne notizie. Andata via la troupe televisiva l’uomo mostra che aveva tagliato il filo del telefono. Altro episodio scomodo da mostrare in tv perché un mostro si fa gioco della tv. Oltre che dell’opinione pubblica.

Pornodiva di Dino Risi

In effetti l’episodio, senza voler svelare nulla a chi non l’avesse ancora visto, è davvero forte, non per il contenuto ma per il concetto che veicola. Eros Pagni è di nuovo protagonista con la procace moglie interpretata da Fiona Florence che all’anagrafe è Luisa Alcini, una coppia di burini che prima di firmare il contratto che prevede scene di nudo e di sesso con una scimmia vogliono capire i dettagli e alzare il compenso. Nel ruolo dell’anziano produttore il caratterista settantenne Vittorio Zarfati che con Risi aveva debuttato l’anno prima, e che aveva una tragica storia alle spalle: di religione ebraica sfuggì al rastrellamento nazi-fascista dell’ottobre 1943 perché si trovava poco fuori Roma e perse la moglie e tre figli deportati e soppressi a Auschwitz-Birkenau. come figlia della coppia di burini la decenne Simona Patitucci che da adulta farà poco cinema ma tanto teatro musicale e molto doppiaggio.

E per finire un po’ di numeri. Nella versione integrale di 14 episodi Ugo Tognazzi è presente in 3, Vittorio Gassman in 5, insieme solo in uno; 3 per Alberto Sordi, 2 per Ornella Muti e 2 anche per Eros Pagni che di fatto si colloca fra i protagonisti. Nella versione ridotta Tognazzi perde un episodio e Gassman addirittura 3 restando entrambi a pari merito con 2 episodi, cedendo il passo a Sordi che li porta avanti tutti e tre mentre Pagni ne perde uno dei due. Come anticipato Rai Movie ha trasmesso una versione allungata ma continuano a mancare “Sequestro di persona cara” e “Il sospetto” entrambi con Gassman. L’ultima volta in cui il film è stato trasmesso in televisione è stato nell’agosto 2022 su Rai 3. Anche nelle versioni home prima in VHS e poi in DVD c’è la versione ridotta a 9 episodi, la stessa disponibile attualmente su Netflix: non credo che si tratti più di censura per argomenti ritenuti scabrosi o antisociali ma sono incuria da pigrizia intellettuale e commerciale.

FILM EROTICI DI EXPLOITATION E COMMEDIE SEXY – 2

QUI LA PRIMA PARTE
L’ARTICOLO CONTIENE FOTO E ARGOMENTI
CHE POTREBBERO URTARE CERTE SENSIBILITÀ

Dicevamo che il sesso al cinema esiste fin dai primordi ma il vero e proprio exploit commerciale avviene negli anni ’60-’70 riflettendo nei film la liberazione-ribellione che già avveniva nella società: erano anni in cui (semplificando molto) si è ridisegnato il modo di stare insieme in società e il modo di esprimere l’individualità anche attraverso la sessualità. Personalmente in quegli anni ’70 ero un adolescente che se da un lato non si rendeva pienamente conto di quello che gli accadeva intorno nella realtà sociale e politica, nell’intimo era però scosso da tempeste ormonali che non potevano restare indifferenti davanti a locandine cinematografiche che nei titoli avevano ammiccanti poliziotte soldatesse e liceali, infermiere e dottoresse, insegnanti e supplenti, zie nonne e matrigne, oltre a tutto l’ambaradan che si rifaceva anche solo a sfioro alla letteratura licenziosa del Tre-Quattrocento del Boccaccio e dell’Aretino.

Avevo la curiosità ma non avevo l’età, anche se in certi cinema di periferia chiudevano entrambi gli occhi; però ero un adolescente già appassionato di cinema che frequentava diversi cineclub arrivando a vedere anche tre film in un solo pomeriggio, cineclub dove si dava il caso che fra corazzate Potëmkin e retrospettive di Ingmar Bergman capitassero certi film d’autore, come il visionario Alejandro Jodorowsky o il cupo Walerian Borowczyk, che filmavano in forma autorale l’altrimenti vietato erotismo, con il secondo che sfiorava anche la pornografia – ma erano leciti film da cineclub, senza censure di stato, e lì compresi che i film erotici erano sperimentazioni d’autore, che occasionalmente potevano usare la chiave del grottesco o del surreale ma sempre concentrati sull’aspetto drammatico e torbido delle vicende: insomma i film erotici erano sempre serissimi, finivano male e il sesso era spesso mortale.

Sotto l’ampio paracadute del cinema erotico d’autore si affollarono tanti altri cineasti che produssero film erotici più seriosi che seri, più commerciali e autocelebrativi che sperimentali com’è il caso della coppia più teatrale che cinematografica Gabriele Lavia con Monica Guerritore; lei era stata avviata al genere da Salvatore Samperi, autore che aveva debuttato con il ribelle “Grazie zia” che suo malgrado divenne capostipite del cinema erotico nel sottogenere famiglia; la Guerritore ebbe dapprima da Samperi un ruolo secondario in “Peccato veniale” del 1974 per poi essere protagonista dieci anni dopo nel decisamente commerciale “Fotografando Patrizia” cui il marito regista Lavia fece subito seguire i propri “Scandalosa Gilda” e “Sensi”, sensi che poi si acquietarono un po’ per tutti perché il genere aveva ormai fatto il suo tempo e l’erotismo si spostava verso la più scanzonata e anche becera commedia sexy all’italiana. Ovviamente quel cinema erotico più o meno d’autore, benché per certi aspetti dirompente sul piano sociale e politico, era comunque specchio del suo tempo, gli anni Settanta, e la figura femminile nonostante le rivendicazioni femministe rimaneva donna-oggetto: oggetto del desiderio e oggetto-soggetto di quella filmografia.

Fra le attrici star di prima grandezza ci fu Laura Antonelli che lavorò con veri autori del genere come Samperi appunto, e poi Pasquale Festa Campanile, Dino Risi, Giuseppe Patroni Griffi e Luchino Visconti, per poi passare alla commedia sexy. E ci fu Lilli Carati che poi si perse nel porno per pagarsi la dipendenza da droga.

Sylvester Stallone sul set di un soft-porn

Ma anche Paola Senatore, Ilona Staller, Moana Pozzi Karin Schubert cominciarono le loro carriere in quei film erotici prima di passare definitivamente al porno, e a tal proposito va ricordata la produttiva pratica dell’epoca di montare due film differenti con lo stesso girato: l’hard e il soft, ovvero il pornografico vero e proprio con i dettagli anatomici che nulla lasciano all’immaginazione, e l’erotico che accende la fantasia senza mostrare la macelleria, che perdendo le istanze creative era ormai solo soft-porn dove i dettagli scabrosi erano tagliati per montare un film che potesse anche passare, con molta faccia tosta, per erotico d’autore. Entrambe queste produzione nostrane hanno sempre avuto grande seguito nei Paesi dell’America Latina. Mentre negli Stati Uniti una star indiscussa come Sylvester Stallone cominciò la carriera fra le lenzuola di queste doppie produzioni.

Negli anni Ottanta esplose la Serena Grandi veicolata dall’indiscusso maestro dell’erotico Tinto Brass che spogliò anche la non più giovanissima Stefania Sandrelli che con “La chiave” rilanciò la sua carriera prima di finire definitivamente nei ruoli di mamma.

Senza però dimenticare che anche Ornella Muti e Florinda Bolkan ebbero i loro ruoli nel cinema erotico.

E si registrarono i debutti erotici della valletta Sabina Ciuffini in “Oh, mia bella matrigna” e della modella africana Zeudy Araya in “La ragazza dalla pelle di luna” oltre alle performance da Lolita di Romina Power prima di darsi alle canzonette.

Ci furono fra le altre Femi Benussi, Agostina Belli, Nadia Cassini e Gloria Guida che altrettanto passarono dai film erotici drammatici non più d’autore alle commedia sexy.

Le star di sesso maschile furono decisamente Lando Buzzanca e il prematuramente scomparso Alessandro Momo; per il resto gli attori erano di passaggio e intercambiabili, spesso stranieri, altrettanto spesso bellocci senza passato né futuro, qualche volta interpreti di rango che venivano dal palcoscenico.

Fra gli autori non va dimenticato Pier Paolo Pasolini che dedicò l’ultima parte della sua produzione cinematografica all’erotismo d’autore cominciando proprio con quel “Decameron” che diede la stura a tutte le altre produzioni più o meno boccaccesche. Altrettanto va ricordato Bernardo Bertolucci che al genere specifico si dedicò con “Ultimo tango a Parigi” “The Dreamers”.

Gianfranco D’Angelo fra le ballerine del televisivo “Drive In” andato in onda su Italia 1 dal 1983 al 1988.

Sul finire degli anni ’70 si affievolì la moda del film erotico, d’autore o meno, e nelle sale cinematografiche arrivò la commedia sexy all’italiana che era nata già dalla fine degli anni ’60 e anch’essa destinata all’asfissia più o meno a metà degli anni ’80. Oltre al riciclo di interpreti del più necroforo cinema erotico ci fu spazio per volti e culi nuovi, stavolta tutto all’insegna della spensieratezza e della comicità, dalla più sottile a quella più grossolana: spensieratezza e grossolanità che furono anche la cifra politica del nuovo che avanzava nella figura di Silvio Berlusconi i cui varietà delle sue televisioni erano intercambiabili con le atmosfere e i cast delle commedie sexy. E trattandosi di comico stavolta i divi furono maschi, quelli che venivano dall’avanspettacolo e dal teatro e dal cabaret, oltre a quelli che pur non avendo nessuna specifica preparazione attoriale recitavano solo con la loro naturale maschera: Alvaro Vitali e Bombolo.

Lando Buzzanca e Aldo Maccione primeggiarono anche per la prestanza fisica, non perfetta ma accettabile perché il principale oggetto da esporre era la donna; e fra gli attori di rango Renzo Montagnani accettò qualsiasi ruolo per poter pagare le cure mediche al figlio gravemente infermo. Un vero e proprio divo del genere fu il cantante Johnny Dorelli che tenne banco per un ventennio e sposò la più giovane collega Gloria Guida che dopo il matrimonio abbandonò lentamente il cinema per darsi alla famiglia, seguita anche da lui che essendo di 18 anni più anziano aveva fatto il suo tempo come attore a tempo pieno da commedia sexy.

Dalla vecchia guardia si riciclarono Carlo Giuffrè e il caratterista di lusso Mario Carotenuto mentre fecero fortuna Gianfranco D’Angelo, Pippo Franco, Lino Banfi e Enzo Cannavale.

Mentre fra gli attori che furono punte di diamante della più castigata commedia all’italiana che occasionalmente si affacciarono nella commedia sexy vanno elencati: Enrico Montesano, Renato Pozzetto, Massimo Boldi, Diego Abatantuono e Teo Teocoli.

Accanto a cotanti comici fra le attrici solo poche mantennero lo status di protagoniste assolute: le riciclate dall’erotico Laura Antonelli, Zeudi Araya, Agostina Belli e Gloria Guida che però se la dovettero vedere con la tedesca già con carriera internazionale Barbara Bouchet; e poi c’è il caso a parte di Carmen Villani che nata cantante è diventata attrice di commedie scollacciate sotto la direzione del marito Mauro Ivaldi che a lei e al genere sexy dedicò la sua intera cinematografia prima della sua prematura scomparsa a 42 anni.

Fra le tette e i culi più esposti nella commedia sexy vanno ricordate: Orchidea De Santis, Lory Del Santo, Silvia Dionisio, Rosa Fumetto, Eva Grimaldi, Daniela Poggi, Pamela Prati, Anna Maria Rizzoli, Carmen Russo, Jenny Tamburi e Marilù Tolo.

Mentre fra le straniere che si accasarono nel sexy italiano ci furono le giovani Ewa Aulin, Annie Belle, Sylvia Kristel e Laura Gemser che se la dovettero vedere con le più mature e agguerrite Maria Baxa, Senta Berger, Sylva Koscina, Dagmar Lassander, Marisa Mell e molte altre.

Ci furono anche delle star internazionali che vennero a esibirsi nella commedia sexy all’italiana: Ursula Andress che restò in Italia, Carroll Baker e Joan Collins.

La commedia all’italiana aveva generato i suoi diversi sottogeneri fra i quali quello che definirei lo storico addomesticato, ovvero film di ambientazione storica con molte libertà narrative che veicolavano la creativa di autori che avevano molto da dire; fra questi film si annoverano: “L’armata Brancaleone” del 1966 di Mario Monicelli, il “Satyricon” del 1969 di Federico Fellini e il “Decameron” del 1971 di Pier Paolo Pasolini. E furono film, ognuno sperimentale e inventivo a suo modo, il cui successo generò scopiazzature e parodie che vanno a comporre il sottogenere decamerotico o boccaccesco della commedia sexy. Ma c’è da dire che lo sfruttamento commerciale del fenomeno coincise all’epoca con le rivoluzioni in atto sul piano sociale, culturale e politico: con quei film avvenne una riappropriazione popolare di quei testi del Trecento e Quattrocento italiano che il retaggio scolastico borghese aveva fin lì tenuto sugli scaffali in alto perché ritenuti troppo licenziosi e dunque temuti come eversivi dai poteri alti, Stato e Chiesa; testi che veicolando un messaggio di libertà sessuale furono gettonatissimi in quegli anni di contestazione: nuovi vangeli senza chiesa e senza stato. Dell’immediato 1972 sono i primi sensazionali film di sottogenere: “Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda” di Mariano Laurenti “Quando le donne si chiamavano madonne” di Aldo Grimaldi e a cascata venne tutto il resto. Gli altri sottogeneri furono le poliziotte, le caserme, le dottoresse e le infermiere, la scuola, la famiglia e tutta la serie di Pierino con Alvaro Vitali che insieme ai matti e ai carabinieri affollano il filone dei film barzelletta. Senza dimenticare che molti di questi film sexy erano a episodi, più o meno scollacciati e più o meno d’autore.

La produzione dei film erotici d’autore pur rallentando è sempre viva in sottotraccia in tutta la cinematografia internazionale, di cui l’ultima sperimentazione è quella del danese Lars Von Trier che essendo recidivo aveva già mostrato il sesso senza censure in “Idioti” del 1998, in “Antichrist” del 2009 e nel soporifero dittico “Nimphomaniac” del 2013, che quell’anno in fatto di scandalo e creatività d’autore restò indietro a “La vita di Adèle” del franco-tunisino Abdellatif Kechiche che con le sue scene di sesso lesbico si aggiudicò ben tre Palma d’Oro al Festival di Cannes: all’autore e alle due protagoniste Adèle Exarchopoulos Léa Seydoux; e vale la pena commentare che benché acclamato da tutta la stampa con l’eccezione del conservatore Le Figaro, è stata criticata la scena di sesso eterosessuale perché si intravede l’erezione di Jérémie Laheurte, paventando addirittura la pornografia: perché permane l’ipocrita voyeurismo dei maschi etero che ben sopportano la visione di due donne che fanno sesso ma che si scandalizzano se davanti agli occhi gli balena un cazzo ancorché per un secondo. Anche il francese Patrice Chéreau con “Intimacy” ha filmato il suo sesso esplicito d’autore nel 2001 vincendo l’Orso d’Oro al Festival di Berlino, e pure l’inglese Michael Winterbottom con “9 songs” nel 2009 ha fatto il suo film erotico senza censure.

Restando sull’argomento cazzi al vento ci sono poi film che pur non inserendosi nel filone erotico improvvisamente sbandierano erezioni d’autore, anzi d’attore, guadagnandosi la collocazione d’ufficio nel genere erotico: Vincent Gallo nel suo “The Brown Bunny” del 2003 si fa fare un estemporaneo pompino da Chloë SevignyElio Germano esibisce la sua serissima erezione nel serissimo “Nessuna qualità agli eroi” del 2007 di Paolo Franchi; mentre nella già anche troppo scanzonata commedia “Libera uscita” del 2011 di Peter Farrelly al protagonista Owen Wilson viene sventolata in faccia l’erezione nera di un figurante.

Il nudo femminile è rassicurante, direi quasi ecumenico, perché se l’attrice è su di giri lo sa solo lei ma per gli attori è un altro discorso: l’erezione al cinema la concepiamo solo nei porno e veder sbandierata l’intimità erotica di attori famosi o meno è il superamento di uno steccato che molti sperimentatori auspicano: far cadere la separazione fra il genere porno e il mainstream che a volte, come dimostrano certi anatemi e certe polemiche, è più ipocrisia che reale difesa del senso del pudore collettivo: siamo adulti e sappiamo distinguere fra pornografia ed erotico d’autore. Così se ogni tanto capita di vedere improvvise erezioni a sorpresa, come uno di quei pupazzi a molla, Jack in the Box, che può divertire o fare paura, be’ non è niente di che: è solo pura evasione. O pura eversione.

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CHE POTREBBERO URTARE CERTE SENSIBILITÀ

Dicevamo che il sesso al cinema esiste fin dai primordi ma il vero e proprio exploit commerciale avviene negli anni ’60-’70 riflettendo nei film la liberazione-ribellione che già avveniva nella società: erano anni in cui (semplificando molto) si è ridisegnato il modo di stare insieme in società e il modo di esprimere l’individualità anche attraverso la sessualità. Personalmente in quegli anni ’70 ero un adolescente che se da un lato non si rendeva pienamente conto di quello che gli accadeva intorno nella realtà sociale e politica, nell’intimo era però scosso da tempeste ormonali che non potevano restare indifferenti davanti a locandine cinematografiche che nei titoli avevano ammiccanti poliziotte soldatesse e liceali, infermiere e dottoresse, insegnanti e supplenti, zie nonne e matrigne, oltre a tutto l’ambaradan che si rifaceva anche solo a sfioro alla letteratura licenziosa del Tre-Quattrocento del Boccaccio e dell’Aretino.

Avevo la curiosità ma non avevo l’età, anche se in certi cinema di periferia chiudevano entrambi gli occhi; però ero un adolescente già appassionato di cinema che frequentava diversi cineclub arrivando a vedere anche tre film in un solo pomeriggio, cineclub dove si dava il caso che fra corazzate Potëmkin e retrospettive di Ingmar Bergman capitassero certi film d’autore, come il visionario Alejandro Jodorowsky o il cupo Walerian Borowczyk, che filmavano in forma autorale l’altrimenti vietato erotismo, con il secondo che sfiorava anche la pornografia – ma erano leciti film da cineclub, senza censure di stato, e lì compresi che i film erotici erano sperimentazioni d’autore, che occasionalmente potevano usare la chiave del grottesco o del surreale ma sempre concentrati sull’aspetto drammatico e torbido delle vicende: insomma i film erotici erano sempre serissimi, finivano male e il sesso era spesso mortale.

Sotto l’ampio paracadute del cinema erotico d’autore si affollarono tanti altri cineasti che produssero film erotici più seriosi che seri, più commerciali e autocelebrativi che sperimentali com’è il caso della coppia più teatrale che cinematografica Gabriele Lavia con Monica Guerritore; lei era stata avviata al genere da Salvatore Samperi, autore che aveva debuttato con il ribelle “Grazie zia” che suo malgrado divenne capostipite del cinema erotico nel sottogenere famiglia; la Guerritore ebbe dapprima da Samperi un ruolo secondario in “Peccato veniale” del 1974 per poi essere protagonista dieci anni dopo nel decisamente commerciale “Fotografando Patrizia” cui il marito regista Lavia fece subito seguire i propri “Scandalosa Gilda” e “Sensi”, sensi che poi si acquietarono un po’ per tutti perché il genere aveva ormai fatto il suo tempo e l’erotismo si spostava verso la più scanzonata e anche becera commedia sexy all’italiana. Ovviamente quel cinema erotico più o meno d’autore, benché per certi aspetti dirompente sul piano sociale e politico, era comunque specchio del suo tempo, gli anni Settanta, e la figura femminile nonostante le rivendicazioni femministe rimaneva donna-oggetto: oggetto del desiderio e oggetto-soggetto di quella filmografia.

Fra le attrici star di prima grandezza ci fu Laura Antonelli che lavorò con veri autori del genere come Samperi appunto, e poi Pasquale Festa Campanile, Dino Risi, Giuseppe Patroni Griffi e Luchino Visconti, per poi passare alla commedia sexy. E ci fu Lilli Carati che poi si perse nel porno per pagarsi la dipendenza da droga.

Sylvester Stallone sul set di un soft-porn

Ma anche Paola Senatore, Ilona Staller, Moana Pozzi e Karin Schubert cominciarono le loro carriere in quei film erotici prima di passare definitivamente al porno, e a tal proposito va ricordata la produttiva pratica dell’epoca di montare due film differenti con lo stesso girato: l’hard e il soft, ovvero il pornografico vero e proprio con i dettagli anatomici che nulla lasciano all’immaginazione, e l’erotico che accende la fantasia senza mostrare la macelleria, che perdendo le istanze creative era ormai solo soft-porn dove i dettagli scabrosi erano tagliati per montare un film che potesse anche passare, con molta faccia tosta, per erotico d’autore. Entrambe queste produzione nostrane hanno sempre avuto grande seguito nei Paesi dell’America Latina. Mentre negli Stati Uniti una star indiscussa come Sylvester Stallone cominciò la carriera fra le lenzuola di queste doppie produzioni.

Negli anni Ottanta esplose la Serena Grandi veicolata dall’indiscusso maestro dell’erotico Tinto Brass che spogliò anche la non più giovanissima Stefania Sandrelli che con “La chiave” rilanciò la sua carriera prima di finire definitivamente nei ruoli di mamma.

Senza però dimenticare che anche Ornella Muti e Florinda Bolkan ebbero i loro ruoli nel cinema erotico.

E si registrarono i debutti erotici della valletta Sabina Ciuffini in “Oh, mia bella matrigna” e della modella africana Zeudy Araya in “La ragazza dalla pelle di luna” oltre alle performance da Lolita di Romina Power prima di darsi alle canzonette.

Ci furono fra le altre Femi Benussi, Agostina Belli, Nadia Cassini e Gloria Guida che altrettanto passarono dai film erotici drammatici non più d’autore alle commedia sexy.

Le star di sesso maschile furono decisamente Lando Buzzanca e il prematuramente scomparso Alessandro Momo; per il resto gli attori erano di passaggio e intercambiabili, spesso stranieri, altrettanto spesso bellocci senza passato né futuro, qualche volta interpreti di rango che venivano dal palcoscenico.

Fra gli autori non va dimenticato Pier Paolo Pasolini che dedicò l’ultima parte della sua produzione cinematografica all’erotismo d’autore cominciando proprio con quel “Decameron” che diede la stura a tutte le altre produzioni più o meno boccaccesche. Altrettanto va ricordato Bernardo Bertolucci che al genere specifico si dedicò con “Ultimo tango a Parigi” e “The Dreamers”.

Gianfranco D’Angelo fra le ballerine del televisivo “Drive In” andato in onda su Italia 1 dal 1983 al 1988.

Sul finire degli anni ’70 si affievolì la moda del film erotico, d’autore o meno, e nelle sale cinematografiche arrivò la commedia sexy all’italiana che era nata già dalla fine degli anni ’60 e anch’essa destinata all’asfissia più o meno a metà degli anni ’80. Oltre al riciclo di interpreti del più necroforo cinema erotico ci fu spazio per volti e culi nuovi, stavolta tutto all’insegna della spensieratezza e della comicità, dalla più sottile a quella più grossolana: spensieratezza e grossolanità che furono anche la cifra politica del nuovo che avanzava nella figura di Silvio Berlusconi i cui varietà delle sue televisioni erano intercambiabili con le atmosfere e i cast delle commedie sexy. E trattandosi di comico stavolta i divi furono maschi, quelli che venivano dall’avanspettacolo e dal teatro e dal cabaret, oltre a quelli che pur non avendo nessuna specifica preparazione attoriale recitavano solo con la loro naturale maschera: Alvaro Vitali e Bombolo.

Lando Buzzanca e Aldo Maccione primeggiarono anche per la prestanza fisica, non perfetta ma accettabile perché il principale oggetto da esporre era la donna; e fra gli attori di rango Renzo Montagnani accettò qualsiasi ruolo per poter pagare le cure mediche al figlio gravemente infermo. Un vero e proprio divo del genere fu il cantante Johnny Dorelli che tenne banco per un ventennio e sposò la più giovane Gloria Guida che dopo il matrimonio abbandonò lentamente il cinema, seguita da lui che essendo di 18 anni più anziano aveva anche fatto il suo tempo come attore brillante e disimpegnato.

Dalla vecchia guardia si riciclarono Carlo Giuffrè e il caratterista di lusso Mario Carotenuto mentre fecero fortuna Gianfranco D’Angelo, Pippo Franco, Lino Banfi e Enzo Cannavale.

Mentre fra gli attori che furono punte di diamante della più castigata commedia all’italiana che occasionalmente si affacciarono nella commedia sexy vanno elencati: Enrico Montesano, Renato Pozzetto, Massimo Boldi, Diego Abatantuono e Teo Teocoli.

Accanto a cotanti comici fra le attrici solo poche mantennero lo status di protagoniste assolute: le riciclate dall’erotico Laura Antonelli, Zeudi Araya, Agostina Belli e Gloria Guida che però se la dovettero vedere con la tedesca già con carriera internazionale Barbara Bouchet; e poi c’è il caso a parte di Carmen Villani che nata cantante è diventata attrice di commedie scollacciate sotto la direzione del marito Mauro Ivaldi che a lei e al genere sexy dedicò la sua intera cinematografia prima della sua prematura scomparsa a 42 anni.

Fra le tette e i culi più esposti nella commedia sexy vanno ricordate: Orchidea De Santis, Lory Del Santo, Silvia Dionisio, Rosa Fumetto, Eva Grimaldi, Daniela Poggi, Pamela Prati, Anna Maria Rizzoli, Carmen Russo, Jenny Tamburi e Marilù Tolo.

Mentre fra le straniere che si accasarono nel sexy italiano ci furono le giovani Ewa Aulin, Annie Belle, Sylvia Kristel e Laura Gemser che se la dovettero vedere con le più mature e agguerrite Maria Baxa, Senta Berger, Sylva Koscina, Dagmar Lassander, Marisa Mell e molte altre.

Ci furono anche delle star internazionali che vennero a esibirsi nella commedia sexy all’italiana: Ursula Andress che restò in Italia, Carroll Baker e Joan Collins.

La commedia all’italiana aveva generato i suoi diversi sottogeneri fra i quali quello che definirei lo storico addomesticato, ovvero film di ambientazione storica con molte libertà narrative che veicolavano la creativa di autori che avevano molto da dire; fra questi film si annoverano: “L’armata Brancaleone” del 1966 di Mario Monicelli, il “Satyricon” del 1969 di Federico Fellini e il “Decameron” del 1971 di Pier Paolo Pasolini. E furono film, ognuno sperimentale e inventivo a suo modo, il cui successo generò scopiazzature e parodie che vanno a comporre il sottogenere decamerotico o boccaccesco della commedia sexy. Ma c’è da dire che lo sfruttamento commerciale del fenomeno coincise all’epoca con le rivoluzioni in atto sul piano sociale, culturale e politico: con quei film avvenne una riappropriazione popolare di quei testi del Trecento e Quattrocento italiano che il retaggio scolastico borghese aveva fin lì tenuto sugli scaffali in alto perché ritenuti troppo licenziosi e dunque temuti come eversivi dai poteri alti, Stato e Chiesa; testi che veicolando un messaggio di libertà sessuale furono gettonatissimi in quegli anni di contestazione: nuovi vangeli senza chiesa e senza stato. Dell’immediato 1972 sono i primi sensazionali film di sottogenere: “Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda” di Mariano Laurenti “Quando le donne si chiamavano madonne” di Aldo Grimaldi e a cascata venne tutto il resto. Gli altri sottogeneri furono le poliziotte, le caserme, le dottoresse e le infermiere, la scuola, la famiglia e tutta la serie di Pierino con Alvaro Vitali che insieme ai matti e ai carabinieri affollano il filone dei film barzelletta. Senza dimenticare che molti di questi film sexy erano a episodi, più o meno scollacciati e più o meno d’autore.

La produzione dei film erotici d’autore pur rallentando è sempre viva in sottotraccia in tutta la cinematografia internazionale, di cui l’ultima sperimentazione è quella del danese Lars Von Trier che essendo recidivo aveva già mostrato il sesso senza censure in “Idioti” del 1998, in “Antichrist” del 2009 e nel soporifero dittico “Nimphomaniac” del 2013, che quell’anno in fatto di scandalo e creatività d’autore restò indietro a “La vita di Adèle” del franco-tunisino Abdellatif Kechiche che con le sue scene di sesso lesbico si aggiudicò ben tre Palma d’Oro al Festival di Cannes: all’autore e alle due protagoniste Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux; e vale la pena commentare che benché acclamato da tutta la stampa con l’eccezione del conservatore Le Figaro, è stata criticata la scena di sesso eterosessuale perché si intravede l’erezione di Jérémie Laheurte, paventando addirittura la pornografia: perché permane l’ipocrita voyeurismo dei maschi etero che ben sopportano la visione di due donne che fanno sesso ma che si scandalizzano se davanti agli occhi gli balena un cazzo ancorché per un secondo. Anche il francese Patrice Chéreau con “Intimacy” ha filmato il suo sesso esplicito d’autore nel 2001 vincendo l’Orso d’Oro al Festival di Berlino, e pure l’inglese Michael Winterbottom con “9 songs” nel 2009 ha fatto il suo film erotico senza censure.

Restando sull’argomento cazzi al vento ci sono poi film che pur non inserendosi nel filone erotico improvvisamente sbandierano erezioni d’autore, anzi d’attore, guadagnandosi la collocazione d’ufficio nel genere erotico: Vincent Gallo nel suo “The Brown Bunny” del 2003 si fa fare un estemporaneo pompino da Chloë Sevigny; Elio Germano esibisce la sua serissima erezione nel serissimo “Nessuna qualità agli eroi” del 2007 di Paolo Franchi; mentre nella già anche troppo scanzonata commedia “Libera uscita” del 2011 di Peter Farrelly al protagonista Owen Wilson viene sventolata in faccia l’erezione nera di un figurante.

Il nudo femminile è rassicurante, direi quasi ecumenico, perché se l’attrice è su di giri lo sa solo lei ma per gli attori è un altro discorso: l’erezione al cinema la concepiamo solo nei porno e veder sbandierata l’intimità erotica di attori famosi o meno è il superamento di uno steccato che molti sperimentatori auspicano: far cadere la separazione fra il genere porno e il mainstream. Del resto una semplice erezione, non in attività diciamo così, perché dovrebbe essere considerata esclusivamente pornografica? Così se ogni tanto capita di vedere improvvise erezioni a sorpresa, come uno di quei pupazzi a molla, Jack in the Box, che può divertire o fare paura, be’ non è niente di che: è solo pura evasione. O pura eversione.