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Il promontorio della paura

IL PROMONTORIO DELLA PAURA Trailer Originale | iVID.it - il portale dei  trailer

E’ del 1962 questo caposaldo di quel cinema che noi chiamiamo di suspense ma che loro, gli americani, definiscono neo-noir dai classici noir degli anni ’40-50 che fecero epoca e scuola, ma che chiamano anche psychological thriller, genere il cui capolista è certamente “Psycho” di Alfred Hitchcock, 1960. Semplificando alla nostra maniera si tratta di film con protagonisti psicopatici. La storia viene dal romanzo “The Executioners”, 1958; l’autore, John D. MacDonald, era un prolifico scrittore di gialli e fantascienza, che dopo il successo del film ripubblicò il romanzo come “Cape Fear” e che ovviamente rimane il suo titolo più noto.

Giovanni da Verrazzano - Wikiwand

Cape Fear esiste davvero ed evidentemente MacDonald lo scelse come set del suo romanzo per il nome fortemente evocativo. Situato nel North Carolina, a nord della penisola della Florida dove lo scrittore viveva e ambientava la gran parte dei suoi scritti, Cape Fear è il quinto più antico nome sopravvissuto negli Stati Uniti e vi approdò nel 1524 l’esploratore italiano Giovanni Da Verrazzano sotto bandiera francese; ma il nome viene dopo, con la spedizione del 1585 dell’inglese Sir Richard Grenville che stava veleggiando verso Roanoke Island (altro nome forte nell’immaginario collettivo americano per la misteriosa scomparsa di un’intera comunità nel 1587) e la cui nave si incagliò proprio dietro quel promontorio, da cui il nome Paura per la paura che ha avuto l’equipaggio di naufragare, nome pauroso che fu tramandato fra i marinai e che restò toponimo. Il luogo non è effettivamente confortevole in quanto caratterizzato da paludi salmastre fitte di vegetazione anche alta, l’ideale per ambientarvi lo scontro finale fra i due contendenti, scena molto ben realizzata nel film.

Cape Fear (1962) Review |BasementRejects


Gregory Peck, coinvolto anche nella produzione, all’inizio avrebbe dovuto essere lo psicopatico, ma oltre a essere stato il Capitano Achab in “Moby Dick” aveva interpretato altri cattivi e temeva che il pubblico lo identificasse troppo con questi personaggi oscuri, così scelse di fare il buono – nuocendo però sia al film che a se stesso: il personaggio dell’avvocato Sam Bowden risulta più sfuocato rispetto al fascino che suscita il personaggi perverso, e la sua recitazione misurata e aderente al carattere ne fa un pavido meno simpatico del malvivente Max Cady; per non dire che Peck era anche più alto e muscoloso di Mitchum e che durante la lotta nella palude gli diede un pugno vero che l’altro risentì per giorni. Uno squilibrio fisico che si ripeterà anche nel remake del 1991 di Martin Scorsese.

Uno statuario Robert Mitchum in spiaggia, all’incirca 25enne

Robert Mitchum, definito dalla critica “l’anima dei film noir” interpretò spesso ruoli di criminali sempre affascinando pubblico e critica e per lui interpretare il freddo calcolatore e assai pericoloso Max Cady fu quasi una passeggiata, oltre che un ritorno alle origini: il film fu girato a Savannah, città nella quale in gioventù era stato spedito ai lavori forzati perché arrestato per vagabondaggio. Era il periodo che seguiva la Grande Depressione di fine anni ’20, e Mitchum era uno di quei ventenni che giravano il Paese in cerca di un futuro qualsiasi. Di suo ci metteva un carattere turbolento e insofferente alle regole, che lo aveva fatto andare molto male a scuola e che gli aveva procurato non pochi guai fra birichinate infantili che da adulto diventeranno risse. Farà il pugile professionista e la sua faccia ne resterà segnata per il futuro successo cinematografico. Ma è stato anche minatore, sterratore, scaricatore di porto. Fu la sorella, cameriera di giorno e attrice di sera, che lo coinvolse in una cooperativa teatrale per la quale lavorò sia come macchinista che come attore all’occorrenza; ma svelò un talento segreto scrivendo poesie e brevi commedie per la sorella, che diventeranno canzoni e testi radiofonici. Mettendo su famiglia si trovò un lavoro stabile come macchinista presso l’industria spaziale Lockheed Corporation ma a causa dell’impiego troppo “normale” cominciò a soffrire di un grave esaurimento nervoso che gli causò un pericoloso calo della vista. Così cercò lavoro nell’industria cinematografica, era disponibile a fare qualsiasi cosa, dal macchinista alla comparsa, e invece fu assunto alla Paramount come attore, e con quella faccia proprio nella parte del cattivo per una serie di film western di serie B che furono il suo trampolino di lancio. Il suo Max Cady ha il fascino perverso del cattivo in abiti buoni e maniere cortesi, uno stalker che non oltrepassa mai i limiti legali e che invece spinge l’avversario a perdere il controllo.

La finezza di questo personaggio, nel quale Mitchum non credeva ma che ha saputo rendere con grande misura, è dovuto alla censura che impose tagli e revisioni alla sceneggiatura. Nel romanzo si dice chiaramente che Max Cady è uno stupratore e, cosa ancora più scandalosa, era un militare, che scoperto dal superiore in grado Sam Bowden venne denunciato alla corte marziale e condannato a otto anni di prigione. Per la morale vigente all’epoca non si poteva parlare di un militare stupratore e così il tizio divenne un qualsiasi malvivente civile, non più stupratore ma solo aggressore, e chi vuol capire capisca. La violenza del cattivo diventa quindi solo psicologica, freddo calcolo, una narrativa in linea con la morale americana ma non ancora con la nostra, dato che il film venne prima respinto dalla nostra censura come contrario al buon costume, e in seguito approvato con il massimo divieto, quello ai minori di anni 18 “data l’atmosfera generale di tensione sessuale.”

Il regista di genere, J. Lee Thompson, forte del successo dell’anno prima “I cannoni di Navarone” dove diresse fra gli altri anche Gregory Peck, fu dal divo chiamato a dirigere questo neo-noir per il quale il regista, ammiratore di Hitchcock, si ispirò al maestro per creare le sue atmosfere in bianco e nero con tagli angolari e soggettive ardite, dando il meglio nel corpo a corpo dei due protagonisti nelle acque della palude.

Come moglie della vittima e vittima lei stessa, Polly Bergen nel ruolo più significativo di una carriera iniziata come cantante e poi come attrice brillante in ruoli di supporto in tante commedie e molta tv. Attrice bambina nelle pubblicità, anche la quattordicenne Lori Martin è qui nel suo ruolo più significativo ed ebbe una carriera discontinua a causa della schizofrenia bipolare di cui soffriva, malessere a cui mise fine suicidandosi con un colpo di pistola a 63 anni; nel film è molto convincente anche se oggi, a decenni di distanza, il suo look di adolescente coi capelli cotonati e sempre in piega appare ridicolo, su un corpo assai minuto e davvero piccolo di statura.

Barrie Chase - Rotten Tomatoes

La ballerina e coreografa Barrie Chase che negli anni ’50-60 ballò in una trentina di film musicali, fra i quali “Bianco Natale”, e che fu partner di Fred Astaire in un premiato show tv, qui interpreta il ruolo drammatico della prostituta che subisce la violenza di Max Cady, talmente traumatizzata da voler cambiare città piuttosto che sporgere denuncia e temere ritorsioni: un personaggio che nel remake prenderà un diverso interessante sviluppo.

Martin Balsam è l’ispettore di polizia e Telly Savalas, che dieci anni dopo sarà in tv il tenente Kojak, è l’investigatore privato dopo essere stato preso in considerazione anche come Max Cady, ruolo per il quale si era fatto avanti anche Rod Steiger che però, avendo saputo che girava il nome di Mitchum, si fece da parte. Robert Mitchum con Gregory Peck e Martin Balsam torneranno nel remake di Martin Scorsese, il nostro prossimo appuntamento.

Il promontorio della paura (1962) – Nonsolocinema