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Il talento del calabrone – il cinema 2020-21 disperso nella pandemia

Nel 2020 i cinema hanno timidamente riaperto in estate per richiudere subito dopo. Nel 2021 si va al cinema col green pass ma le sale sono praticamente deserte: gli spettatori sono decimati dalla pandemia e non mancano solo quelli che non hanno il green pass; fra quelli che ce l’hanno non tutti ritengono opportuno, o necessario, tornare al cinema, e i pochi volenterosi spettatori rimasti sono ulteriormente scoraggiati dall’obbligo della mascherina FFP2. I film usciti in sala passano subito sulle piattaforme web e in tv.

Accantonando i film decisamente autorali – non si può vivere di soli autori – sembra che il cinema italiano stia tentando un rinnovamento, un riallineamento su stili e tematiche internazionali, riscoprendo al contempo i filoni della tradizione nostrana come i gloriosi poliziotteschi anni ’70 che sono tornati in forma di polizieschi noir arricchiti del sottogenere malavitoso generato dal fenomeno “Gomorra”; noir a volte notevoli ma più spesso solo espressione di evoluzione tecnologica ma non stilistica: un caso su tutti è “Calibro 9” che si propone come sequel di “Milano calibro 9”.

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Barbara Stanwyck

“Il talento del calabrone” ha il merito di esplorare in chiave tutta italiana quello che ormai negli USA è un vero e proprio genere inaugurato da “Il terrore corre sul filo” del 1948 con Barbara Stanwyck e Burt Lancaster regia di Anatole Litvak; genere di film dove il/la protagonista è al telefono tutto il tempo (o quasi) del film perché dall’altra parte del filo c’è un malintenzionato: il telefono come moderno mezzo di dialogo con uno sconosciuto – un’oscura paura nata con l’invenzione del telefono – che fa precipitare in situazioni pericolose e incontrollabili. Del 1960 è “Merletto di mezzanotte” di David Miller con Doris Day e Rex Harrison; “Quando chiama uno sconosciuto” del 1979 ha avuto un remake nel 2006; “Scream” di Wes Craven è del 1996 con Drew Barrymore; Colin Farrell nel suo primo ruolo da protagonista assoluto intrappolato in una cabina telefonica è “In linea con l’assassino” di Joel Schumacher, 2002; del 2004 è il notevole “Cellular” che si svolge anch’esso in tempo reale, con Kim Basinger diretta da David R. Ellis; Ryan Reynolds è protagonista del claustrofobico “Buried – Sepolto” del 2010 dove non c’è un pazzo di là dalla linea ma l’aiuto che spera di avere essendosi svegliato chiuso in una bara; nel 2013 Tom Hardy è protagonista di “Locke” altro film in tempo reale tutto girato all’interno dell’automobile da cui il personaggio parla al cellulare, regia di Steven Knight; con venature horror soprannaturali nel 2021 è uscito “Black Phone”.

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Anna Foglietta col regista Giacomo Cimini

Qui il film funziona, il suo meccanismo tiene inchiodati… se non fosse che gli autori della sceneggiatura, lo stesso regista Giacomo Cimini con Lorenzo Collalti anche ideatore del soggetto, a un certo punto, troppo appassionati del cinema d’azione hollywoodiano, dimenticano che il film è ambientato a Milano ed esagerano. La tensione narrativa, pur con degli inciampi che dirò, regge fino al finale ma lì, senza volere fare anticipazioni altrimenti dette americanamente spoiler, la sospensione dell’incredulità che si chiede a noi spettatori viene messa a dura prova. Credibilità messa a dura prova a cominciare dal personaggio del tenente colonnello dei carabinieri scritto, guardando al cinema internazionale, per una donna, ed esagerando nell’ispirazione: la signora, che era a un vernissage, viene chiamata sul luogo dell’azione (mentre i tenenti colonnelli donne, in Italia, ancora si occupano prevalentemente di temi sociali e non vanno in azione) ed essendo la tenente colonnello troppo elegantemente vestita, che fa? si toglie i tacchi e indossa un paio di scarponi come farebbe un’amabile un’eroina hollywoodiana; ma se in quei film siamo abituati a vedere donne che menano le mani e impugnano le armi ormai meglio e più dei maschi, e c’è da specificare che accade solo in film d’azione, nel nostro cinema, senza volere apparire sessista, questa cosa sfiora il ridicolo; soprattutto perché “Il talento del calabrone” è tutto impostato come un rigoroso film drammatico senza sbavature, ancorché thriller poliziesco col giovane Dj Steph intrappolato in diretta telefonica da un terrorista che, alla guida di un’autobomba a spasso per la città, ha già fatto saltare una non specificata torre in periferia e minaccia ulteriori tragiche rappresaglie: la tensione è sempre credibile come il procedere nel crescendo di colpi di scena – ma quando arriva la carabiniera dall’incazzatura facile che non esita a estrarre la pistola e a puntarla in faccia, come se fosse Lara Croft, tutto il plot fino a quel momento sapientemente costruito ha un arresto, per non dire che crolla.

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Lorenzo Richelmy

Anna Foglietta, chiamata a ricoprire il ridicolo infelice ruolo, fa del suo meglio ma il talento non basta a supplire l’insipienza degli sceneggiatori che delineano un personaggio davvero imbarazzante. Le fa da spalla come capitano dei carabinieri assolutamente in linea con la divisa che indossa, David Coco. Il Dj è interpretato dall’ex attore bambino Lorenzo Richelmy, figlio di attori teatrali e lui stesso interprete teatrale fin dall’infanzia; dodicenne debutta al cinema e poi recita in tivù in “I liceali”; da lì mette in pausa una facile carriera televisiva per iscriversi al Centro Sperimentale di Cinematografia come attore più giovane mai ammesso. Si rimette sul mercato scegliendo con attenzione ruoli e opportunità e anche se al momento non è un volto noto al grande pubblico è sicuramente un giovane attore da tenere in considerazione e in questo film, non facile perché è praticamente sempre seduto alla consolle, tiene il personaggio e ne sviluppa le prospettive con grande adesione. Gli fa da contraltare, alla linea telefonica e sullo schermo, quel vecchio volpone che è Sergio Castellitto, anche lui in un ruolo non facile tutto interpretato all’interno di un’automobile – non lo vedremo mai a figura intera se non nei suoi ricordi – che risolve il suo personaggio con grande pathos, grazie alla sceneggiatura costruita per lui dagli autori – qui sì – davvero sempre sul pezzo.

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Sergio Castellitto

Il film, immiserito anziché arricchito dagli eccessi già detti, è però un prodotto assai ben fatto che veicola temi socialmente importanti, come il bullismo, intelligentemente innestati in un film dichiaratamente di genere, che però guarda troppo ad altri generi perdendo qua e là la bussola. Completano il cast Gianluca Gobbi come regista della trasmissione radiofonica e Cristina Marino come assistente-amica speciale del Dj alla quale l’ineffabile coppia degli sceneggiatori aggiunge una ulteriore rivelazione post-finale, della serie: finché la brace arde mettiamo altra carne al fuoco, senza mai considerare che siamo già sazi.

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Le curiosità del film sono che è ambientato negli studi milanesi di Radio 105 che mette al servizio del film nome e logo, ma non gli studi reali dato che tutta la scenografia è stata ricostruita a Roma con dei fondali che mostrano la Milano notturna, e il gioco dei fondali che rivelano ciò che realmente non c’è viene ripreso nel finale… che però non devo svelare. Per chi non sapesse qual è il talento del calabrone lascio la visione del film che vale una serata in tivù.

Del regista va detto che da ragazzo era appassionato di fumetti ma poi va in America a studiare cinema alla New York Film Academy; dirige videoclip e pubblicità e si trasferisce poi a Londra, dove tuttora risiede, per continuare a studiare il cinema alla London Film School. Il suo primo lungometraggio è una rivisitazione di Cappuccetto Rosso scritta e girata in inglese, “Red Riding Hood” del 2003, e 17 anni dopo – anni passati dietro alla realizzazione del superbo cortometraggio fantasy “The Nostalgist”, spesi prima nella raccolta fondi e poi nella minuziosa distribuzione in vari festival dove ha raccolto diversi premi. Cimini torna in Italia per scrivere e dirigere questo suo secondo lungometraggio che non ha avuto la buona sorte di uscire nelle sale, neanche per poco: la prima uscita era stata fissata per il marzo 2020, poi rimandata al novembre dello stesso anno e infine venduto direttamente ad Amazon Prime Video.

In chiusura possiamo ascoltare i brani di musica classica che il terrorista chiede di ascoltare in radio, e anche questo nel racconto filmico ha un suo perché.