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Doctor Sleep – il sequel di Shining

Stephen King's Doctor Sleep disponibile in Home Video e digitale |  Spettacolo.eu

In “Shining” Jack Torrance è morto assiderato nel gelido finale creato da Stanley Kubrick a dispetto del finale fuoco e fiamme immaginato da Stephen King nel suo romanzo, che nel 2014 pubblica il seguito a quasi quarant’anni di distanza. Ed è immediatamente chiaro il nomignolo con cui verrà chiamato l’ex bambino Danny Torrance oggi Dan e adulto assai problematico: se a cinque anni i genitori lo chiamavano affettuosamente Doc che sta per doctor (una cosa che gli americani fanno abitualmente, chiamare doc o man o missy i loro bambini come noi diciamo giovanotto o signorinella) oggi Doc si completa come Doctor Sleep, Dottor Sonno, perché il nostro accompagna amorevolmente nella loro morte naturale i vecchi dell’ospizio in cui è inserviente, togliendo loro la paura del trapasso, raccontando che è un sonno da cui si sveglieranno in un’altra esistenza. Tutto molto new age spirit, se non sapessimo che Dan ha la luccicanza e vede i morti come noi vediamo gli amici al bar. È improbabile che lo scrittore abbia immaginato quarant’anni fa questo sviluppo, dunque chapeu per l’inventiva con cui parte da un nomignolo dell’infanzia in una nuova identità per l’adulto. Che però è una cosa abbastanza fine a se stessa all’interno del nuovo racconto horror, una nota di colore per aiutare a definire il nuovo personaggio che contiene in sé il bambino ancora traumatizzato dalla terribile esperienza, e che annega, come retoricamente si dice in questi casi, i suoi antichi tormenti nell’alcol.

Rebecca Ferguson as Rose the Hat | Rebecca ferguson, Doctor sleep, Ferguson

Il film si apre con un antefatto che ci presenta la nuova bella affascinante cattiva, Rose Cilindro (Rose the Hat), che è a capo di una piccola setta autodefinita Vero Nodo con i quali Stephen King inventa i vampiri del terzo millennio: non succhiano il sangue ma quello che loro chiamano vapore, che è insieme respiro ed energia vitale, tanto più succulento e nutriente quanto più la vittima è terrorizzata e soffre: davvero perversi questi nuovi vampiri succhiavapore.

Chiuso l’antefatto siamo di nuovo nel 1980 e nell’Overlook Hotel dove il piccolo Danny percorre ancora col suo triciclo i lunghi corridoi del labirintico albergo speculare al labirinto di siepi che c’è lì fuori, e che sappiamo sarà teatro dell’esperienza più terrorizzante del piccino: rincorso nella neve dal padre armato di enorme ascia. E nei flashback che seguiranno ritroveremo tutti gli altri luoghi simbolo dell’hotel maledetto insieme a tutti i suoi abitanti, ancora vivi o già morti: le gemelline, la vecchia signora nel bagno della camera 327, il precedente guardiano che sterminò la famiglia e lo stesso Jack Torrance, ma andiamo con ordine. Anzi no, perché non sono qui per raccontare la trama.

Doctor Sleep e Shining, fotogrammi delle scene a confronto
1980 e 2019: il set è stato conservato e riutilizzato

Il film è scritto diretto e montato da Mike Flanagan, uno da sempre appassionato di horror che si forma come regista di genere, e in quel genere è ben quotato avendo firmato buoni film senza mai però arrivare al capolavoro. E serve a Stephen King un prodotto che gli rende giustizia, senza gli azzardi e i voli pindarici dell’inarrivabile Stanley Kubrick; fantasmi e atmosfere sono quelle care allo scrittore e la composizione del film è paradossalmente rassicurante nel trattare il genere horror: fa addirittura uso e abuso del suono del batticuore, che abbiamo già sentito in centinaia di film e telefilm, per accompagnare le scene più pulp, e questo è rassicurante perché sappiamo che genere di film stiamo vedendo, cosa non immediatamente comprensibile con i capolavori di Kubrick. Rende giustizia a Stephen King anche riscrivendo il finale, perché nel romanzo “Shining” accadeva che l’albergo andasse in fiamme per lo scoppio della caldaia mentre Kubrick lo mantiene integro spostando il finale tragico nel ghiaccio; dunque nella narrativa di King l’albergo non c’è più, irrimediabilmente distrutto; ma cinematograficamente è ancora esistente e Flanagan ne tiene giustamente conto rendendo a Cesare quel che è di Cesare e a King ciò che era di King: fa scoppiare la caldaio e l’Overlook Hotel va finalmente a fuoco. Meglio tardi che mai.

Per il resto, ritmo e spettacolarità sono garantiti, anche se a mio avviso si perde l’essenza del primo romanzo che metteva al centro del racconto un nucleo familiare isolato in un luogo sperduto: un dramma da camera moltiplicato in infinite camere e corridoi interni ed esterni. Restano funzionali i richiami al 1980 dove ritroviamo il piccolo Danny e sua madre Wendy oggi interpretata da Alex Essoe, giovane e bella attrice canadese che avendo lavorato spesso col suo mentore Mike Flanagan ha nel curriculum solo horror; anche se imbruttita resta molto più bella di Shelley Duvall, anche lei inarrivabile col suo volto cavallino e i dentoni e gli occhi a palla. Torna anche il primo amico di luccicanza di Danny, il cuoco nero oggi interpretato da Carl Lumbly.

Henry Thomas, l’ex bambino protagonista di “E.T. l’extra-terrestre” per interpretare Jack Torrance indossa un trucco che non rende onore né a lui né a Jack Nicholson a cui si pretende di farlo somigliare (ma si vede che si è divertito ed è probabilmente il suo ruolo più significativo da quando è adulto); mi chiedo se non sarebbe stato meglio, dato che la tecnologia lo consente, riavere l’attore originale ringiovanito con il photoshop cinematografico, e come me se lo sono chiesto in tanti, al punto che il regista ha dovuto spiegare: “La cosa da tenere in considerazione per quel ruolo è che le regole dell’Overlook impongono che le persone abbiano la stessa età di quando sono morte lì dentro. Così avevamo solo due possibilità: la prima era ricreare un Jack in digitale, anche con l’aiuto di Jack Nicholson. Ma io non sono un fan delle tecniche di ringiovanimento in CGI. Anche se la tecnologia migliora di continuo, mi fa uscire dalla storia. Passo il mio tempo ad analizzare la tecnologia invece di concentrarmi sulla storia. Non volevo che questo accadesse nel mio film. Il secondo problema riguarda il fatto che Jack Nicholson è molto felice di fare il pensionato e non ha nessuna intenzione di tornare a recitare. Credo che la scena di Jack sia una delle più grandi sorprese del film e sia anche la scena più controversa. Me lo aspettavo, ma è anche la ragione per cui volevo fare il film”. Apprendiamo così che l’ormai 85enne Nicholson non tornerà sui set: il suo ultimo film è la poco vista commedia del 2010 “Come lo sai” diretta dal suo amico James L. Brooks che gli aveva fatto avere un Oscar nel 1984 con “Voglia di tenerezza”.

12 cose da sapere e Easter Egg di Doctor Sleep di Mike Flanagan - Il  Cineocchio
Il Vero Nodo dei succhiavapore

Nella nuova storia con nuovi personaggi l’adulto Dan Torrance è un banale alcolista che si redime diventando un banale buono senza alcun fascino, come ne abbiamo visti a migliaia, e anche il necessario apporto di una star come Ewan McGregor non basta a infondergli fascino narrativo. Quel fascino che invece hanno sempre i cattivi e qui primeggia la conturbante Rosa Cilindro di Rebecca Ferguson, personaggio talmente riuscito che dispiace vederla morire tra atroci contorcimenti infernali, ma non è detto perché abbiamo imparato che l’industria cinematografica fa resuscitare qualsiasi cosa prometta meraviglie al botteghino. La ventenne Emily Alyn Lind, figlia d’arte e già attrice bambina, è la cattiva di nuova generazione succhiavapore, ma anche lei soccombe esalando vapori malefici. La quindicenne Kyliegh Curran è qui al suo secondo film e al primo ruolo da coprotagonista: è Abra (da Abracadabra, ma come ti viene in mente, Stephen King? a tutto c’è un limite!) l’adolescente con una potente luccicanza che aiuterà Dan a sconfiggere i nuovi vampiri. Altro fondamentale sostegno al protagonista è dato dall’amico con flebile luccicanza interpretato da Cliff Curtis, mentre nel ruolo del dottore che guida il gruppo di sostegno c’è il l’attore cine-tv sempre in importanti ruoli di sostegno Bruce Greenwood; Zahn McClarnon, mezzo pellerossa e mezzo irlandese, è il cattivissimo braccio destro di Rose, mentre il gigante (2 metri e 13) Carel Struycken, noto per essere stato il maggiordomo nel dittico “La Famiglia Addams” è l’anziano del gruppo dei succhiavapore. Il 13enne già super premiato Jacob Tremblay, che passa dai protagonisti ai generici, qui è il ragazzino che dalla squadra giovanile di baseball va a finire sotto le mortali grinfie di Rose Cilindro; e per finire ritroviamo Danny Lloyd, l’ex bambino protagonista di “Shining” come coach della squadra di baseball, un ruolo davvero insignificante per una partecipazione che avrebbe meritato un cameo, dove per cameo si intende un ruolo piccolo ma significativo: nei titoli di coda non è neanche accreditato col suo nome ma solo come spettatore, e questa potrebbe essere un’orgogliosa scelta del professore di scienze tornato occasionalmente, ma inutilmente, sul set.

“Doctor Sleep” ha deluso i fan americani e ha incassato solo 14 milioni di dollari a fronte dei 50 spesi e ne è stata rilasciata la classica director’s cut con materiale inedito per incentivare gli ultimi indecisi. Stephen King lo difende come una sua propria creatura ma il fatto è che scrivere un romanzo di successo – benché relativo come per questo sequel – sia una cosa completamente differente dal produrre capolavori cinematografici, e non a caso fra i suoi romanzi diventati film restano nelle classifiche principali solo la Carrie di Brian De Palma e lo Shining di Stanley Kubrick. Tutto il resto è roba che fa mucchio sugli scaffali. Qui non bastano i riferimenti al film di Kubrick per farne un vero sequel: sarebbero stati necessari uno sforzo stilistico che, al di là delle capacità in campo, avrebbe dovuto perlomeno tentare di inseguire l’irraggiungibile originale non solo coi riferimenti ma con un vero impianto stilistico. Detto questo il film è gradevole e non è così orribile come gli americani scrivono sul web, ha il ritmo e la spettacolarità necessari a farne un ottimo film di genere. Ma di genere, appunto. Come nel caso di “Blade Runner 2049”: se il film originale è diventato un cult lasciatelo in pace, lasciateci in pace.

Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn

Questo è uno di quei casi in cui davvero posso dire: io l’avevo detto. Anzi scritto, parlando di “Suicide Squad”: “Però il personaggio più riuscito è Harley Quinn, spalla del Joker nei fumetti qui promossa a super protagonista: bella, sexy, ironica, simpatica e psicopatica è un mix perfetto che tiene testa a tutti i personaggi ed è la vera anima del film, dato che gli altri della squadra non sono così sexy e ironici e psicopatici come dovrebbero essere. Data la riuscita del personaggio, scrittura più interpretazione, non mi stupirei se ai piani alti stessero già pensando di promuoverla protagonista di uno spin-off .” Detto, fatto.

GiovedìFilm: Birds of Prey (e la Fantasmagorica Rinascita di Harley Quinn)  (2020)

Incassato il Critics’ Choise Awards per la sua fantasmagorica Harley Quinn, Margot Robbie non è stata con le mani in mano e dal 2016, anno di uscita di “Suicide Squad” ha fatto otto film in quattro anni, fra cui “Tonya” sulla vicenda della pattinatrice su ghiaccio Tonya Harding coinvolta nell’aggressione a una sua rivale sportiva, un personaggio complesso e sgradevole che le valse la candidatura all’Oscar. E’ stata poi la Regina Elisabetta I in “Maria Regina di Scozia” dove si è imposta sulla collega Saoirse Ronan nel ruolo del titolo, con candidature ad altri premi (BAFTA, Screen Actors Guild Awards, AACTA, Satellite Awards, mentre la Ronan, seppur bravissima, è andata a bocca asciutta. Ed ha interpretato Sharon Tate nella rivisitazione del dramma in cui la moglie di Roman Polanski fu assassinata, nell’imperfetto – per me – “C’era una volta a… Hollywood” di Quentin Tarantino.

Ma poi questo film tutto suo nell’universo DC Comics tanto atteso – ha disatteso le aspettative: il personaggio che funzionava nel giocattolo corale qui non funziona più. L’esplosione di colorata fantasmagoria e il mix perfetto della bella sexy ironica simpatica e psicopatica, dilatati in un film intero mostrano la corda, come si dice: si diceva dei tappeti e dei tessuti pregiati come il broccato o il velluto che invecchiati e lisi mostravano la trama dell’incordatura. E’ come se il film mostrasse le rotelle di un marchingegno inceppato.

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La bella psicopatica parla al pubblico, si sbaglia, torna indietro, e invece di divertire ci confonde e diventa fastidiosa. Le scene di lotta acrobatica, figlie del glorioso kung-fu di Bruce Lee, sono sfacciatamente delle coreografie messe lì perché devono stare lì, e come lo straparlare della protagonista diventano ridondanti. L’antagonista Black Mask è interpretato da un Ewan McGregor che sembra più annoiato di me, mentre fa meglio il suo braccio destro in odor di relazione omo, Chris Messina come Victor Szasz.

Il cattivone Roman Sionis che poi indossa la maschera nera è il tipico boss che gestisce un locale dove ci sono i suoi uccellini, come li chiama lui, le belle ragazze che animano le serate. Ma una di queste, la cantante, è Black Canary, l’unica nel film ad avere un superpotere: una voce che atterra gli avversari. Per il resto fa a botte come tutti, anzi: tutte. Eh sì, perché il film è dichiaratamente un manifesto femminista e attorno all’antieroina si raccolgono, insieme a Black Canary, la Cacciatrice, la poliziotta Renee Montoya già debitamente bullizzata da superiori e colleghi, e la giovanissima sbandata Cassandra Cain, tutti personaggi apparsi nei fumetti DC Comics e che qui sono insieme per la prima volta in un allegro e manesco gruppo di donne che da uccellini si trasformano in uccelli predatori, birds of prey, un pacchetto pronto per diventare protagonista del prossimo spin-off.

In 'Birds of Prey,' the ladies are flying together: Harley Quinn is back  with a group of badass women to save the day
Renee Montoya, la Cacciatrice, Harley Quinn, Cassandra Cain e Black Canary

Spiace dirlo, il pacchetto femminista non funziona. E non perché sia femminista ma perché si è messa troppa carne al fuoco e, restando nell’ambito dei modi di dire, il troppo storpia. E’ zuccheroso fino alla nausea, è politicamente scorretto fino alla noia, è caotico fino a perdere il controllo del caos controllato che il giocattolone dovrebbe essere. Resta sempre godibile, come nella costola da cui è stato generato, la coloratissima parte visiva: costumi, scene, luci, effetti.

Margot Robbie si impegna anche nella produzione su una sceneggiatura di Christina Hodson e Cathy Yan alla regia, prima donna cinese (naturalizzata americana va sa sé) alla regia di un film di supereroi, che è anche il suo secondo lungometraggio dopo il debutto con “Dead Pigs” un film drammatico ambientato a Shangai che dimostra il talento eclettico della regista, che qui firma un lavoro confuso perché è confuso a monte il progetto. Jurnee Smollett-Bell è Black Canary, Mary Elizabeth Winstead è la Cacciatrice, Ella Jay Basco è Cassandra Cain, mentre nei panni della detective Renee Montoya ritroviamo in un ruolo appetitoso la Rosie Perez che nel già lontano 1994 è stata candidata all’Oscar per “Fearless – Senza Paura” di Peter Weir.

Joker e Harley Quinn saranno protagonisti di un film dedicato a loro

In questo fantasmagorico racconto sconclusionato c’è un grande assente: l’ex fidanzato di Harley Quinn, il Joker dai capelli verde smeraldo di Jared Leto che in “Suicide Squad” davvero non ho amato. A parte il mio giudizio su quel Joker c’è che l’attore, che ricordiamo premio Oscar per “Dallas Buyers Club”, è in rotta con la Warner Bros perché si è sentito tradito quando la casa produttrice di “Suicide Squad” ha avviato il progetto del “Joker” con Joaquin Phoenix il cui successo è stato clamoroso. Così Jared Leto ha rifiutato anche di essere nel cast del sequel “The Suicide Squad” programmato nelle sale USA, pandemia permettendo, per il prossimo agosto, in contemporanea streaming su HBO Max. Tornerà però, senza capelli verdi e tatuaggi in faccia e dunque un look rinnovato, e incupito, in un altro progetto frutto di controversie legali: “Zach Snyder’s Justice League”, in pratica il director’s cut del film del 2017 che fu un insuccesso a causa di una serie di eventi sfavorevoli che portarono all’avvicendamento del regista Zach Snyder con Joss Whedon. Rimasto l’amaro in bocca a Snyder e ai tanti suoi fan e sostenitori, anche fra i membri della troupe e della produzione, alla fine Warner Bros consentì il director’s cut per il quale il regista ha anche ricevuto del soldi per girare nuove scene; fra queste c’è l’inserimento del Joker di Jared Leto, assente nella precedente versione del film, e che segna il ritorno dell’attore col suo travagliato e controverso personaggio. Dunque è tutto bene quel che finisce bene? Staremo a vedere.

Jared Leto: il Joker imita Gesù Cristo nell'immagine della Justice League
Il nuovo Joker di Jared Leto che imita il Cristo in “Zach Snyder’s Justice League”