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Casino Royale – la prima volta di Daniel Craig

2006. “Casino Royale” di Ian Fleming diventa film per la terza volta, ma dopo il telefilm del 1954 e la parodia del 1967, è la prima volta come film ufficiale della serie creata dal produttore Albert Broccoli che, passato intanto a miglior vita, lascia l’impresa in eredità alla figlia Barbara; è anche il 21° film (ma il totale a tutt’oggi è 26) della serie, e il primo con Daniel Craig, dato che gli attori invecchiano ma la serie no. Verrebbe da dire che 007 sia la saga più longeva del cinema ma non è così, è solo quinta; in testa rimane il detective cinese Charlie Chan creato dallo scrittore Earl Derr Biggers, 47 film che restano fuori dalla nostra memoria perché vanno dal 1926 al 1949; segue Tarzan con 45 film, personaggio di  Edgar Rice Burroughs, sullo schermo dal 1918, ma di cui non percepiamo il record perché le produzioni sono rallentate negli ultimi 30 anni e l’ultimo film è del 2016; al terzo posto si piazza, inaspettatamente, la bambola Barbie della Mattel, i cui lungometraggi animati sono iniziati come un prodotto collaterale di franchising ma il successo fra le bambine è stato tale che dal 2001 al 2017 sono stati prodotti 37 film; al quarto posto un’altra serie d’antan, 28 film dal 1938 al 1950 tratti dalle serie a fumetti di Blondie (e Dagoberto) in live action.

Dopo 20 film con 5 diversi interpreti, essendo “Casino Royale” il primo romanzo della serie, la produzione immagina un ritorno alle origini, o come si dice oggi, fa un “reboot”, e questo 007 è fresco di nomina come agente doppio zero e il film inizia con uno sfavillante bianco e nero. Rispetto ai precedenti 007 questo del riavvio è necessariamente più inesperto e vulnerabile ma impara presto a sopravvivere e a confrontarsi al tavolo da gioco col pericolosissimo Le Chiffre, che nel romanzo era un tenutario di bordelli e oggi diventa un riciclatore di denaro sporco, sempre col vizio del gioco nel quale impegna capitali non suoi; uno pseudo banchiere che dal piccoletto e pingue Peter Lorre è passato per il gigantesco e grosso Orson Welles, e qui è l’atletico danese Mads Mikkelsen che sappiamo che è il cattivo perché ha una cicatrice nell’occhio sinistro che lo fa lacrimare sangue; il danese è al suo secondo ruolo in un film internazionale dopo essere stato Tristano in “King Arthur” nel 2004.

Dopo l’inizio in bianco e nero a Praga il film si movimenta a colori in giro per il mondo: Kenya, Madagascar, Bahamas, Montenegro, dove 007 fa danni a non finire in inseguimenti da parkour senza tralasciare i mezzi meccanici, superando ostacoli d’ogni genere con le abilità di un quasi super uomo, dalla forza di gravità al veleno, passando per scazzottate degne di film di genere.

Al centro del film torna, come è giusto che sia, il duello di abilità al tavolo da gioco, dove il novello 007 è sostenuto dalla spia Vesper Lynd che ispira all’agente segreto il cocktail Vesper Martini: tre parti di gin, una di vodka, mezza di vermouth Lillet Blanc (che nel film è il Kina Lillet non più in produzione), una fetta lunga e sottile di buccia di limone e, come dice Bond, shakerato non mescolato. La fredda e calma tensione che la scena crea è un balsamico e intelligente diversivo in un film per tre quarti scoppiettante, dove addirittura vediamo crollare nell’acqua un antico palazzo veneziano: abbiamo già visto al cinema saltare per aria i più iconici siti e costruzioni, dalla Casa Bianca al Vaticano, ma veder crollare un vecchio anonimo nobile palazzo è un’emozione nuova, soprattutto per lo spettatore medio americano che viene nel vecchio continente proprio perché vecchio: un crollo straziante, quasi da lacrime agli occhi. Un altro aiuto 007 lo trova in René Mathis, agente dei servizi francesi che si rivelerà, ma forse no, chissà, un altro doppiogiochista… ma un altro, rispetto a chi?

Vesper porta questo nome inusuale perché (come da romanzo) è nata in una sera tempestosa, vesperum in latino, ed è interpretata dalla francese Eva Green che ha debuttato nel molto discusso per le sue scene esplicite “The Dreamers” di Bernardo Bertolucci del 2003 e che dopo questo film si ritaglierà un’interessante carriera di dark woman nel cinema internazionale. René Mathis è interpretato da Giancarlo Giannini, che tornerà nel successivo “Quantum of Solace”. In questo film la presenza italiana è in percentuale sostanziosa perché l’Italia figura fra i paesi produttori, così all’inizio 007 ha a che fare, anche a letto, con Caterina Murino nel ruolo che una volta era “la pupa del gangster” e oggi è una tormentata donna intrappolata in un ruolo-ménage; segue Claudio Santamaria nel ruolo muto di un terrorista che però ingaggia un lungo inseguimento, prima a piedi e poi su ruote, con 007, fino alla scazzottata finale; al tavolo da gioco si riconosce Urbano Barberini in una figurazione di lusso.

Da non dimenticare “M” che sin dal debutto del precedente Bond, Pierce Brosnan, è diventata un’iconica impenetrabile figura femminile, adeguando il personaggio della serie alla parità di genere, interpretata da un’ineffabile Judy Dench. Completano il cast il britannicissimo Tobias Menzies come braccio destro di “M”, Jeffrey Wright che è un agente CIA, Isaach De Bankolé come trafficante d’armi, Ivana Miličević come bionda pericolosa al servizio di Le Chiffre. Dirige Martin Campbell al suo secondo 007 dopo “Goldeneye”, considerato un maestro degli action movie per la pulizia e il geometrismo delle sue scene d’azione e che filma, finalmente, un “Casino Royale” degno di Ian Fleming, benché la storia sia per necessità assai più moderna che nel romanzo.

Ricordiamo che Daniel Craig all’epoca di questo suo debutto come 007 era già un attore con un curriculum di tutto rispetto e ruoli importanti in film importanti ma mai, ancora, come protagonista assoluto. Ai provini per il nuovo James Bond batte colleghi del calibro di Colin Farrell, Hugh Jackman, Ewan McGregor e Clive Owen, e durante la lavorazione dei suoi cinque 007 continua a essere sullo schermo in svariate e diversificate produzioni. “No Time to Die” sarà il suo ultimo film di questa serie, la cui uscita è rimandata causa pandemia, e già ci si chiede chi sarà il prossimo 007: si fanno i nomi di Tom Hiddleston, noto come Loki il fratello cattivo di Thor; Richard Madden che è stato Robb Stark in “Il Trono di Spade”; Sam Heughan star di un’altra serie tv in costume, “Outlander”, o Aidan Turner star della serie, sempre storica, “Poldark”; si parla anche di Tom Hardy, ma il suo spirito indipendente sembra renderlo poco adatto a una seppur breve serialità; un altro nome è Henry Cavill, ma essendo già stato Superman sembra già bruciato; Ma potrebbe anche essere tempo di uno 007 nero con Idris Elba, attore di lungo corso e sicuro talento. Si apre il tavolo delle scommesse al Casino Royale!

“300 l’alba di un impero” – ma la vera battaglia è fra estrogeni e testosterone

Capitolo secondo del “300” sulla battaglia delle Termopili dove gli eroici Greci furono sconfitti dai Persiani di Serse. “300” fu a suo tempo un meritato successo per avere inaugurato un nuovo linguaggio cinematografico dal punto di vista visivo, avvicinando l’immagine filmica alla graphic novel, con i fotogrammi trattati in modo da diventare assai simili al tratto disegnato. Ma non era solo vuoto effetto visivo, c’era il ritmo, la storia abbastanza fedele alla Storia, e un glamour visivo che disegnava gli eroi Greci con corpi seminudi scolpiti e i Persiani come diavoli nerovestiti guidati da un cattivissimo Serse la cui invenzione visiva, trucco e costume, rimane per me una delle cose in assoluto migliore del film: una sorta di macho-trans fashion-sadomaso tutto muscoli e catene dorate.

Il merito di questo secondo capitolo è quello di non essere un semplice sequel, o un prequel, ma una side-novel, un racconto in parallelo dei fatti che precedettero la battaglia delle Termopili e di quello che accadde subito dopo. Lo scenario cambia e dalla battaglia di terra fra le gole delle Termopili qui abbiamo grandiose scene di battaglie navali tutte costruite al computer ma assolutamente spettacolari: sono i cartoni animati per noi adulti.

Immediatamente salta subito agli occhi che visivamente questo film è più morbido del primo, meno graphic, e poi la sceneggiatura che si prende molte – forse necessarie? – libertà rispetto alla Storia: una produzione di questo tipo costa parecchio e non può deludere il botteghino. Il primo film fu stupidamente accusato di fascismo – mentre al contrario era il fascismo a ispirarsi a un certo tipo di eroi del passato – e fu anche accusato di machismo perché praticamente non c’era una figura femminile in tutto il film: ma era la storia di una battaglia fra Spartani e Persiani nel 480 avanti Cristo e necessariamente non potevano esserci donne nella storia, se non brevemente nei talami nuziali… Preso atto di queste critiche, che per me rimangono pretestuose, si è confezionato questo secondo film immettendo una massiccia dose di estrogeni in una storia altrimenti tutta testosterone, e inventando di sana pianta un personaggio assolutamente improbabile come Artemisia: per il nome si sono probabilmente ispirati al promontorio Artemisio presso il quale si svolse la battaglia di Salamina; un’Artemisia addirittura comandante di tutta la flotta navale di Serse, in un’epoca e in una regione geografica dove la donna non aveva nessun valore sociale né ruolo pubblico, e ricordo che la Siria di allora è l’Iran di oggi e non è che le cose siano cambiate molto…

Dunque come spettatore devo mettere a disposizione del film la mia credulità di bambino se voglio godere lo spettacolo: lo facciamo più spesso di quanto pensiamo… Altra favola che ci viene qui raccontata è come l’insignificante figlio di re Dario diviene il terribile Serse che abbiamo già conosciuto nel primo film: attraverso un bagno mistico in un lago magico, in cui si immerge brutto anatroccolo e rinasce dorata icona tutta catene e piercing con le sopracciglia disegnate ad ali di gabbiano come troppi giovanotti che seguono il terribile trend. Ok, stavolta dunque c’è dichiaratamente un po’ di favola. Altro importante personaggio femminile è Gorgo, la moglie del re spartano Leonida, l’eroe delle Termopili. Immagino che qui i produttori si siano trovati con l’impossibilità di scritturare per un cameo il Leonida del primo “300”, Gerard Butler, che nel frattempo è diventato una star e costa sicuramente troppo. Così hanno fatto quello che si fa in questi casi, ci si inventa un altro personaggio come sostituto altrettanto credibile e più a buon mercato, così sarà Gorgo ad accogliere Temistocle recatosi a Sparta per chiedere l’aiuto di Leonida, e nel finale la regina in cerca di vendetta si unisce eroicamente nella battaglia di Salamina: a tutti quelli e quelle che hanno criticato l’eccessivo machismo di “300” ora chiedo: quanto c’è di femminile in queste donne forzosamente forti, troppo moderne, ancorché affascinanti, ma alla fin fine mascolinizzate?

Il Leonida originale di Gerard Butler lo vediamo passare brevemente sullo schermo in una sequenza “di repertorio” con accanto Michael Fassbender che nel frattempo è diventato anche lui una star, a dirci quanto successo abbiano avuto gli interpreti del primo film. Che è quello che sicuramente si augurano quelli di quest’altro: Temistocle è l’australiano Sullivan Stapleton, già eroe televisivo nell’inglese “Strike Back” serie action-fanta-thriller dove il nostro è l’affasciante canaglia che si porta a letto tutte le donne che gli capitano e tiro, e qui non si discosta molto dal personaggio tv dato che anche qui gli trovano il modo di farlo esibire in un divertente e violento amplesso con la cattivissima Artemisia interpretato da una Eva Green che sembra spiazzata e forse non all’altezza di questo personaggio così sopra le righe per cattiveria e sensualità, talmente eccessivo da risultare al limite del comico. Serse è sempre il brasiliano Rodrigo Santoro che pur interpretando un personaggio grottesco e surreale non mette mai in difficolta la mia credulità infantile. Lena Headley è la regina Gorgo e anche lei viene dalla televisione di lusso e successo dove è la perfida e incestuosa regina del “Trono di Spade”, a confermare l’andamento secondo cui star cinematografiche passano alla tv da cui provengono nuove star cinematografiche…

Un solo dubbio: possibile che con tutto quel po’ po’ di effetti speciali a disposizione si siano dimenticati di uniformare gli scuri occhi dell’Artemisia adolescente agli occhi chiari di quella adulta?