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Before We Go, opera prima di Chris Evans

Capitan America è un tenerone dal cuore di panna. Chris Evans è diventato davvero famoso con il personaggio della Marvel ma prima era stato la Torcia Umana nei “Fantastici 4” del 2005 e il sequel del 2007. In mezzo c’è qualche altro film dove non viene ricordato per le sue doti interpretative ma per il fisico e il faccino, e nel 2011 inizia la sua avventura cinematografica come “Captain America”, sempre della Marvel, il cui contratto prevede dei sequel e la partecipazione al corale “The Avengers” dell’anno dopo e ulteriori sequel.

Nel 2014 si toglie lo sfizio di fare il regista e sceglie questa commedia romantica che si svolge in tempo reale, secondo il filone “tutto in una notte” lanciato dall’omonimo genialoide film di John Landis del 1984. Ma mentre in quel film, dopo che lui incontra lei, si scatena un intrigo internazionale, qui, dopo che lui incontra lei, si scatenano chiacchiere e battibecchi – scritte addirittura da ben quattro sceneggiatori – in cui non succede davvero nulla. Vabbè, è un film di dialoghi, grandi sceneggiatori e registi e attori hanno costruito la loro carriera su questi film, ma qui ci sono solo baruffe che a metà film, a voler essere generosi sui tempi, stancano: il ritmo si mantiene sempre sul tono brillante e gli approfondimenti intimistici restano in superficie inanellando banalità da rotocalco femminile: non sia mai che l’introspezione vada in profondità e diventi un film drammatico!

Capitan America dirige un film in cui la regia non si nota. In certi casi è un bene quando non si vuole cannibalizzare un’eccellente sceneggiatura, ma qui ha solo il sapore del compitino ben fatto e nulla più. Come protagonista femminile sceglie l’altrettanto carina e bravina Alice Eve, star in ascesa e non ancora così nota da rubargli la scena, perché sia chiaro che la star è lui.

Il film è prima stato presentato in un paio di festival dove è stato ignorato e poi è uscito, negli States, prima in tv per poi fare una rapida corsa nelle sale in un ultimo tentativo di dare un senso alla produzione; mentre in Italia è uscito direttamente in tv, per cui il trailer disponibile è solo quello in lingua originale sottotitolato. E’ però evidente che questo “Before We Go” sia anche costato abbastanza poco e che non pretendeva di sbancare al botteghino, e in fondo rimane un compitino col quale Chris Evans sta dicendo al suo pubblico e ai produttori che lui è pronto per una carriera da romanticone, deve solo trovare sceneggiature migliori. E magari recitare dimenticando di avere un bel faccino.

Cena con Delitto – Knives Out


Nulla unisce una famiglia come un omicidio, recita il claim, e le cene sono il luogo ideale per i delitti cinematografici. Ma il titolo italiano, benché funzionale e assertivo, è fuorviante, perché rimanda a “Invito a cena con delitto” scritto nel 1976 dal commediografo Neil Simon, e fa immediatamente pensare a un remake. Ma questo è un progetto originale, originalissimo, e il titolo “Knives out” è traducibile come “Fuori i coltelli” o “Coltelli alla mano” per dire dell’atmosfera che si respira in famiglia, oltre a indicare una bizzarra scultura fatta di coltelli che campeggia nel maniero dove avviene il fattaccio. Anche nel suo ritratto, il patriarca, tiene in mano un coltello, a indicare la sua proficua professione di scrittore di romanzi gialli: quindi, chi più, meglio di lui, è in grado di imbastire in due minuti una trama gialla che mette in scena la sua stessa morte? e qui mi fermo perché sono a rischio spoiler, anticipazione.

L’autore, Rian Johnson, deve essersi divertito molto a scrivere e dirigere il film, e ci consegna un giallo che di diritto si inserisce nel filone del giallo deduttivo alla Agatha Christie, quello dove un investigatore segue tracce indizi e trame di un ristretto gruppo di persone per scoprire, fra loro, il colpevole del delitto. E Rian Johnson dichiara apertamente le sue ispirazioni: Agatha Christie, appunto, con “Delitto sotto il sole” “Assassinio allo specchio” “Assassinio sul Nilo” “Assassinio sull’Orient Express” ma anche “Signori, il delitto è servito” ispirato al gioco da tavolo Cluedo che qui viene citato, insieme al già citato “Invito a cena con delitto”. I suoi “Coltelli” sono già in testa nella classifica degli incassi e presto sentiremo parlare di premi.

Certo ispirato al personaggio del belga Hercule Poirot, anche qui l’investigatore ha un nome francofono, Benoît Blanc, interpretato dal quasi ex 007 Daniel Craig: il prossimo film sull’agente speciale al servizio di Sua Maestà la Regina, il suo quinto, il 25° della serie, sarà il suo ultimo, e chissà che questo Benoît Blanc non sia l’ispirazione per una nuova serie gialla: i produttori tendono a serializzare i successi commerciali.

Qui l’investigatore è un consulente del tenente Elliot, Lakeith Stanfield, che insieme all’agente Wagner, Noah Segan, si presenta al castello per indagare sulla morte, apparentemente suicidio, dello scrittore Harlan Thrombey, che aveva riunito per il suo 85° compleanno la sua disfunzionale (e come potrebbe essere altrimenti) famiglia. Il patriarca è interpretato dal 90enne Christopher Plummer, patriara del cinema inglese; e nella famiglia delittuosa ritroviamo due vecchie glorie del cinema anni ’80: Jamie Lee Curtis, nella vita figlia di Tony Curtis e Janet Leigh, e nel film figlia del vecchio scrittore, e Don Johnson come suo marito, attore di B movies e soprattutto marito di Melanie Griffith: in seguito alla separazione si perde fra alcol droga e problemi finanziari; qui li ritroviamo naturalmente invecchiati, senza aiutini estetici, e in gran forma a capeggiare questo cast di gran classe. La coppia ha un figlio bello e antipatico interpretato da Chris Evans, qui nel suo primo ruolo negativo dopo essere stato (quasi) sempre il super eroe Capitan America. L’altro figlio dello scrittore, il suo editore frustrato e depresso, è interpretato da Michael Shannon, che con la spigolosa moglie Riki Lindhome sfoggia un figlio adolescente precoce nazista, Jaeden Martell. C’è poi la vedova di un terzo figlio, interpretata da Toni Collette con vaporoso opportunismo, e sua figlia Katherine Langford impegnata in corsi di studio tanto costosi quanto altrettanto vaporosi. Il centro nodale del racconto giallo è, insieme al vecchio scrittore morto la sera del suo compleanno, la sua fedele affezionata e onesta infermiera-amica, Ana de Armas che, involontaria testimone della morte del vecchio, e non posso aggiungere altro, diventa l’occhio del ciclone che investe l’intera famiglia. Completano il cast Edi Patterson come segretria e grandi vegliardi caratteristi come Frank Oz, il notaio, M. Emmet Walsh, il guardiano del maniero, e K Callan come vecchissima (nessuno sa la sua età) madre del defunto: quasi un soprammobile che nessuno considera ma che ovviamente sarà determinante per la soluzione dell’intrigo.

Intrigo eccellente: a metà film sappiamo già tutto sulla morte del patriarca ma il giallo si sposta su un altro piano: come farà l’investigatore a scoprire l’inganno e, soprattutto, chi lo ha assunto ancora prima che il fattaccio accadesse? I colpi di scena si susseguono e spostano sempre altrove il punto focale dell’intrigo in questo film che, a mio avviso, è uno dei migliori gialli degli ultimi decenni.

Deadpool 2, un irriverente di successo

“Deadpool 2” continua il successo del 2016 con protagonista un supereroe chiacchierone sporco e sporcaccione, che dice sempre cazzo, fuck nell’originale, in tutte le più fantasiose declinazioni; ma la più immaginifica è in bocca al cattivo: “Ti sciolgo e ti trasformo in un piercing per il mio cazzo!” (cock nell’originale). Brillantemente interpretato da Ryan Reynolds, che qui mette mano anche alla sceneggiatura, Deadpool è divertente proprio perché è irriverente verso tutti e tutto, infrangendo la quarta parete,  rivolgendosi non solo al pubblico ma anche commentando lo stesso film e criticando la sceneggiatura in un cortocircuito fra personaggio creato e momento creativo che potrebbe risultare un pasticcio ma che invece è brillantemente risolto. Qualcosa sfugge alla comprensione, data l’elevata presenza di riferimenti, sempre irrituali, ad altri film e personaggi della Mattel, alla cultura pop americana, allo star-system e addirittura alla stessa carriera di Ryan Reynolds: in uno dei finali multipli tipici della saga, per correggere gli errori temporali il personaggio uccide l’attore nel momento in cui decise nel 2011 di interpretare il “Green Lantern” della concorrente DC Comics e che fu un fiasco. Considerata la divertita ed esibita scurrilità il film ha come target dichiarato gli adolescenti e non è quindi un caso se un adolescente sovrappeso e frustrato è il coprotagonista Russell “Firefist” interpretato da Julian Dennison. Del primo film ritroviamo la fidanzata – Morena Baccarin, l’amico coglione – T.J. Miller, la vecchia amica cieca – Leslie Uggams, e Testata Mutante che è Brianna Hildebrand, oltre a Colosso che è solo visual effect, cui si aggiungono un energico Cable che non ha superpoteri ma solo supertecnologia dato che viene dal futuro,  interpretato da un divertito Josh Brolin;  c’è poi Domino che è Zazie Beetz e Eddie Marsan nel ruolo del cattivo preside, torturatore di poveri fanciulli coi superpoteri, trasfigurazione di quegli integralisti religiosi che vorrebbero debellare qualsiasi diversità sessuale e identitaria nel mondo reale. E non a caso Testata Mutante qui ha una fidanzata – interpretata da Karan Soni – e Deadpool, come stagista degli X-Men si rivolge a loro con un politicamente corretto X-People, non prima di aver provato a fondare una propria squadra come X-Force dato che X-Men gli sembra sessuofobo. E per finire le curiosità: Ryan Reynolds nell’originale dà la voce a Fenomeno creato in CGI e ci sono rapidissimi cammei di Hugh Jackman, James McAvoy, Evan Peters, Nicholas Hoult e Tye Sheridan come X-Men; Matt Damon e Alan Tudyk compaiono come due contadini e Brad Pitt è lo Svanitore della X-Force creata da Deadpool e subito risibilmente annientata da un vento troppo impetuoso. Se non si è allergici alle parolacce e si ha molto senso dell’umorismo il film è assai divertente e promette sequel a iosa.