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I mostri oggi

1962, Dino Risi dirige Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi nel film a episodi “I mostri”: è l’inizio del boom economico, è l’inizio della commedia all’italiana, è un film da salvare fra i 100 migliori. 1977, Risi torna a dirigere Gassman e Tognazzi in “I nuovi mostri” e alla regia si aggiungono Mario Monicelli e Ettore Scola, mentre nel cast entrano Alberto Sordi e Ornella Muti: siamo negli anni di piombo e i mostri si fanno anche più sanguinari, e il film concorre agli Oscar. 2009, nessuno dei registi e dei protagonisti originali è più fra noi – c’è solo la 68enne Ornella Muti che però non conta dato che era solo una bella presenza. I due film ogni tanto tornano in tv e si sono radicati nel nostro immaginario collettivo: nessuno più pensava a un altro seguito. Ma non si può stare mai tranquilli: il cinepanettonaro Enrico Oldoini aveva un’alta opinione di sé.

Enrico Oldoini con Terence Hill sul set di “Don Matteo”

Diplomatosi attore all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica fu poi soggettista e sceneggiatore collaborando con molti bei nomi: Marco Ferreri, Pasquale Festa Campanile, Alberto Lattuada, Nanni Loy, Lina Wertmüller… ma deve essersi sentito più in sintonia con Sergio e Bruno Corbucci di cui ha seguito le orme sfornando film di cassetta. Passato al piccolo schermo lì ha avuto il merito di ideare il personaggio e la serie di “Don Matteo”, uno dei pochi format non traslati da adattamenti esteri. Questo suo “I mostri oggi” è la sua ultima regia cinematografica. È morto 77enne nel 2022 per una sclerosi laterale amiotrofica che l’aveva colpito cinque anni prima.

Questo suo ultimo film è nelle intenzioni (anche) un sincero omaggio, e partendo da un suo soggetto coinvolge nella sceneggiatura i figli d’arte Silvia Scola e Giacomo Scarpelli; assicuratosi l’eredità dei nomi coinvolge nel pacchetto l’amico sceneggiatore di genere Franco Ferrini, e Marco Tiberi già sceneggiatore nella squadra di “Don Matteo”: non esattamente il meglio delle penne cinematografiche in circolazione. Alla produzione tornano Pio Angeletti e Adriano De Micheli con la loro Dean Film insieme a Maurizio Totti (nessuna parentela col pupone Francesco Totti) della Colorado Film fondata insieme a Gabriele Salvatores e Diego Abatantuono (che dunque ha avuto il privilegio della prima scelta sui ruoli) e alla Mari Film di Massimo Boldi che però si tiene fuori dal cast. Vedo adesso per la prima volta questo film di 14 anni fa perché sin dallo stile del manifesto puzzava già di cinepanettone: tutti insieme i bei volti della commedia all’italiana più o meno intelligente o più o meno scollacciata, niente a che vedere coi manifesti dei mostri originali di cui pretende di essere sia omaggio che seguito. D’altro canto ogni film coi propri mostri è specchio del suo tempo: negli anni ’60 gli italiani scoprivano di non essere brave persone e nei ’70 ebbero la conferma di essere pessimi; cosa resta da scoprire agli italiani del nuovo millennio?

Ferro 6

C’è di nuovo che il film si apre con una carrellata su alcuni dei personaggi che vedremo e gli episodi si raccordano l’un l’altro senza più la distinzione netta dei cartelli coi titoli: narrazione più fluida e moderna. Nel primo episodio facciamo la conoscenza di alcuni personaggi del jet-set capitolino in un golf-club fra cui spiccano il Diego di Diego Abantantuono che fa il piacione con la bella di turno, la spagnola Pilar Abella, praticamente rifacendo sé stesso; e c’è il sofisticato Gino di Giorgio Panariello che davvero si sforza, sostenuto anche dal trucco, di creare uno di quei mostri che sappiamo: meno originale perché in pratica li abbiamo già visti tutti e meno originale perché le stesse maschere del pur volenteroso Panariello le abbiamo già viste tutte in tv. Sul green una sciroccata Angela Finocchiaro, che rifà anche lei una delle sue solite maschere da “La TV delle ragazze” di Rai 3 1988-89; non accreditato il suo istruttore dal volto rotondo incorniciato da folta chioma che nasconde Marco D’Amore, futura star del televisivo “Gomorra”, Sky 2014-2021. I mostri sono ancora i ricchi che parlano con la erre moscia: tutto qui?

Unico grande amore

La forzatura è che i due che si incontrano per caso si chiamano Romeo e Giulietta, ma vabbè: genialità e originalità non abitano questo film. Lei è disabile, lui la corteggia, la mette su una giostra e le ruba la carrozzella per accedere gratis allo stadio nel settore riservato ai disabili, per poi saltare in piedi al gol d’a Roma. Il mostro suburbano c’è, nipote di quello che interpretò Gassman in “Che vitaccia!” nel 1962. Aderenti i due protagonisti, Mauro Meconi e Susy Laude, che sono interpreti generici senza maschera grottesca perché ormai la mostruosità è interiorizzata e metabolizzata. Sarebbe stato più divertente e meno ordinario se nei due ruoli ci fossero stati due nomi di prima grandezza a misurarsi con l’ordinarietà.

Il malconcio

La premessa è arguta: partendo dall’episodio “Pronto soccorso” del 1977 con Sordi unico monologante, indaga sul pirata della strada – figura peraltro accennata da Gassman in “La strada è di tutti” nel 1962 – mostrandoci il ritrattino grottesco di un mostro che al volante sniffa cocaina e fa scommesse al telefono, nell’esecuzione di Diego Abatantuono che non è Gassman né Tognazzi né Sordi. L’altra buona trovata è l’aver dato un carattere e una maschera alla vittima del pirata, che con Sordi era un attore generico perché Sordi non dava spazio a nessuno, e qui c’è invece Giorgio Panariello che fa tutte le facce possibili per prendersi il suo spazio. Terza buona trovata è che non avendo più un Alberto Sordi la figura del soccorritore si sdoppia in una coppia con problemi di coppia, Claudio Bisio e Sabrina Ferilli, e qui casca l’asino perché la sceneggiatura si fa più che banale, servita da una recitazione più che ordinaria. L’ultima buona trovata è il malconcio che si va a cercare da sé un pronto soccorso, sfuggendo alla litigiosa coppia che fa pace pomiciando sul cofano dell’auto, con l’improvvido Bisio che davvero fa guizzare la lingua sulle labbra della collega – scherzo da guitto che avrebbe dovuto essere cestinato al montaggio, ma non in un film e in una compagine che esalta – non il sopra – ma il fuori le righe. Soggetto con buone trovate però mal sviluppate in scrittura.

Il vecchio e il cane

Veloce e riuscito episodio sui mostri contemporanei che si apre con un tizio che abbandona il cane per strada. Si ferma un’altra auto con famigliola in partenza per le vacanze estive: genitori con due ragazzi più nonno e cane. Si discute sull’abbandono degli animali e sul costo della vita, poi il capofamiglia invita il vecchio padre a far scendere il cane per i bisogni – e sgomma via abbandonandoli entrambi. Giorgio Panariello al naturale con la sua parlata toscana, così come l’anziano Sergio Forconi che interpreta suo padre; la milanese Angela Finocchiaro si adegua e parla anche lei toscano. Finora l’unico episodio pienamente riuscito.

Padri e figli

Abatantuono e Panariello duettano nella riscrittura di “Come un padre” del 1962 con Ugo Tognazzi e Lando Buzzanca, e l’aggiornamento sta nel fatto che il questuante non è un ansioso uomo tradito ma un meditabondo padre che ha scoperto l’omosessualità del figlio, di cui il professore è l’insegnante; avendo rassicurato il padre, l’anziano docente torna a letto dove ad attenderlo c’è il ragazzo, e il rimando all’altro episodio c’è tutto. La trasposizione con le tematiche del nuovo millennio funziona, quello che non funziona è sempre la sciatteria della sceneggiatura che non sa rinunciare a battute banali, però con Panariello sempre un passo avanti rispetto al bolso Abatantuono. Ma non finisce qui e l’episodio continua con uno sviluppo tutto originale: con l’invito a pranzo che nel ’62 chiudeva l’episodio mentre qui apre un nuovo arguto scenario in cui il padre spinge al confronto con rottura fra il figlio e il professore. Panariello con la sua toscanità pervade l’intero episodio che come nel precedente prevede una moglie conterranea, qui l’imitatrice umbra Emanuela Aureli, mentre il figlio è il debuttante Rocco Giusti con quest’unico film nel curriculum visto che essendo già star di “CentoVetrine” resta a fare la star nelle soap tv. Secondo episodio promosso.

La testa a posto

Dalla toscanità alla napoletanità. Anna Foglietta ha lasciato il lavoro per amore del fidanzato musulmano Alì, interpretato dal tunisino Mohamed Zouaoui, qui al suo secondo film in un carriera che lo porterà a vincere il Globo d’Oro nel 2011 (Golden Globe italiano dalla stampa estera) al miglior attore rivelazione per “I fiori di Kirkuk” dell’iraniano Fariborz Kamkari. Senza più gli introiti del suo lavoro la ragazza non potrà più aiutare la famiglia in ristrettezze economiche, col capofamiglia Carlo Buccirosso che qui non fa rimpiangere i mostri d’antan, la cabarettista Rosalia Porcaro come madre e l’ottantunenne Enzo Cannavale come nonno, qui al suo ultimo film. Ma l’aver lasciato il lavoro non basta e il fidanzato musulmano rompe con la ragazza, che dunque può riprendere il suo lavoro di prostituta per aiutare la famiglia, col padre che esulta perché la figlia ha rimesso la testa a posto. Paola Lavini come amica e collega della protagonista. Un altro episodio completamente riuscito se non fosse per le solite sciatterie nella scrittura più da serie tv che da cinema di serie A.

La fine del mondo

La fine del mondo è il buco nell’ozono che porta un caldo innaturale (e in questi giorni tutti ne abbiamo esperienza) ma sulla spiaggia sono tutti inconsapevoli e contenti – non abbastanza mostri dentro, però: sono caratteri banali. Veloce episodio corale dove ci sono tutti quelli visti fin qui: Anna Foglietta, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Giorgio Panariello, Susy Laude e Mauro Meconi di nuovo in coppia, Diego Abantatuono che si auto-cita rifacendo il suo terrunciello, maschera con la quale fece ben 17 film in 3 anni, Angela Finocchiaro e Claudio Bisio. Nella foto di gruppo manca l’intervistatore tv, attore non accreditato che risponde al nome di Antonio Friello.

Povero Ghigo

Entra in scena la scuola milanese. Abatantuono duetta con Bisio, poi si aggiunge Ugo Conti. Ex attori cabaret i due vanno al funerale del compagno di scena Ghigo, ma il primo che nel frattempo è divenuto un divo di fiction tv dirotta il secondo verso un altro funerale dove fa l’ospite a pagamento. All’inizio dell’episodio altri due comici milanesi, Enzo Polidoro e Stefano Vogogna, come funzionari televisivi. Luciano Manzalini, in solitaria dal duo Gemelli Ruggeri, è il prete officiante. Altro degno episodio di mostri da nuovo millennio.

Razza superiore

Episodio che graffia più in profondità mettendo in scena gli argomenti sensibili del razzismo e del classismo. La vecchia nobildonna nostalgica del regime fascista e amica di gioventù di Edda Mussolini, la primogenita del Duce, costretta in carrozzella si fa accompagnare dal badante immigrato il quale, non appena la vecchia si addormenta, la traveste da mendicante e la lascia all’ingresso di una chiesa dove i parrocchiani in uscita le lasceranno molti oboli. Una trentina di euro che il badante si dividerà col maggiordomo perché la nobildonna sono anni che non paga gli stipendi. Protagonista la vera nobildonna Valeria De Franciscis che dopo una figurazione nel 2000 in “Estate romana” di Matteo Garrone debutta 93enne da protagonista in “Pranzo di Ferragosto” dell’altrettanto debuttante alla regia Gianni Di Gregorio; riprenderà il suo ruolo di vecchia madre nel 2011 in “Gianni e le donne” sempre di Di Gregorio per andarsene 99enne nel 2014. Il badante Tushar, attore non professionista ma efficace, si esibisce col suo vero nome.

Euro più, euro meno

La coppia di camerieri di un grande albergo romano, lui in sala lei alle camere, a fine giornata torna a casa sognando un futuro radioso nel presente ad ostacoli fra buffi e cravattari. A far coppia con la Ferilli la new entry nel cast del film Neri Marcorè. Dopo una velocissima carrellata dei soliti ricchi al buffet in albergo (già visti nel golf club del primo episodio) e un gratuito riferimento a Lilli Gruber“a roscia che sta de sguincio” – resta da chiedersi: dove sono i mostri? questi sono solo du’ poveri disgraziati, per dirla col loro gergo romanesco, che lecitamente sognano un futuro migliore, euro più euro meno. Episodio assolutamente inconcludente.

Fanciulle in fiore

Le tre fanciulle ironicamente in fiore sono tre borgatare romane calate in centro a far danno, sono dunque i mostri di questo brutto episodio scritto malissimo. Le tre fanciulle vogliono fare shopping ma non ci hanno gli euri, sempre al plurale in tutto il film quando sarebbe bastato una sola volta scegliendo di caratterizzare con questo idiotismo uno solo dei tanti personaggi. Le tre prendono di mira un Panariello ancora una volta formato famiglia, per circuirlo, scattargli delle foto e ricattarlo perché minorenni. I mostri ci sono e sono attuali ma sono scritti male perché svelando le intenzioni delle tre sin dall’inizio non lasciano nulla allo spettatore, né sorpresa né suspense, e il racconto si svolge tutto sulle smorfie dell’attore agganciato nella sala cinematografica dove ha portato la famiglia; a peggiorare l’intera struttura ci sono le risate del pubblico aggiunte in post-produzione, che dovrebbero essere rivolte al film sullo schermo ma sono sfacciatamente sincronizzate con le smorfie del disgraziato proprio come se l’episodio cinematografico non fosse altro che uno sketch tv, che sembra essere l’unico riferimento di regista e autori. Buggerato e derubato Panariello torna a sedere in sala e piangendo davanti al film comico dice alla moglie: “Piango dal ridere!”: battutona profonda che fa traboccare il vaso del brutto. Le tre adolescenti sono come da foto da sinistra a destra: Veronica Corsi, Cristel Checca e Chiara Gensini che è quella che si dà da fare in sala; la barese Elena Cantarone nel ruolo della moglie.

Terapia d’urto e L’insano gesto

A seguire due episodi che si intrecciano. Abatantuono come alto prelato in limousine con autista si dimostra banalmente poco caritatevole con un ragazzo africano che vorrebbe lavare il parabrezza. Poi passiamo nello studio dell’analista Finocchiaro in seduta con l’assistito Bisio, e si vede che i due amici milanesi si divertono a duettare – senza però divertire noi spettatori: la terapia d’urto consisterebbe in un grottesco e mal riuscito capovolgimento della deontologica professionale, che non è arriva ad essere un paradosso da mostro del terzo millennio ma ancora una volta solo trita comicità televisiva; sia come sia l’analista induce il paziente depresso al suicidio confermando il “buon” esito della seduta alla di lui moglie: c’è molto materiale per mettere in scena dei veri mostri ma gli sceneggiatori sono troppo presi dai loro moduli televisivi e dall’incapacità di graffiare. Si passa dunque all’insano gesto: il povero Bisio guarda il Tevere da un ponte mentre il prelato nega l’elemosina a un altro questuante, un attimo prima di accorgersi che un ragazzo sta per buttarsi nel fiume e lo “salva”, solo che il ragazzo voleva buttarsi in soccorso all’altro che si era già buttato: un pasticcio senza capo né coda, e senza morale. Nel ruolo del giovane impossibilitato salvatore Rodolfo Castagna non accreditato.

La seconda casa

Con Buccirosso si va a Napoli. Fornito di parrucchino col ciuffo che non sa trattenersi dallo scostare graziosamente dalla fronte, manca solo il mignolo alzato, fa costruire la seconda casa, ovvero un bunker segreto, sotto la villa che abita. Indi accompagna in una visita guidata lo zio latitante e i suoi due complici che abiteranno il bunker, rivelando di avere ucciso e interrato il progettista e gli operai che vi hanno lavorato, perché restasse davvero segreto. Il mostro c’è, ma l’episodio è facile e scontato: nessuno si aspetta che un camorrista non lo sia. I veri mostri sono quelli che sorprendono. Nel ruolo della moglie l’attrice teatrale Antonella Morea, nipote di Renato Carosone.

Cuore di mamma

Episodio da protagonista assoluta per la Ferilli in un episodio che è figlio di “Sequestro di persona” del 1977: lì a Vittorio Gassman avevano rapito la moglie, qui Sabrina si è persa la figlia in un supermercato; a entrambi viene data l’opportunità di una diretta televisiva per fare un appello, che si trasforma in manipolazione del mezzo pubblico. Come già detto altrove l’idea non è male ma è realizzata malissimo. La bella mamma è in cerca di attenzioni, e non c’è niente di male, mette gli occhi su un giovanotto che però è accompagnato dal suo fidanzato e lì, mentre la donna cambia espressione e parte la musica smaccatamente retorica e triste, in questo tripudio di banalità anche il fidanzato gay è eccessivamente effeminato come se non fosse bastato il bacio fra i due uomini a rendere il contesto. Di fatto la donna ha perso di vista la bambina. Anche nel cambio di prospettiva della protagonista non c’è progressione drammatica perché sceneggiatori e regista non sanno cosa sia la drammaturgia, e la donna passa da disperata a imbonitrice televisiva in un paio di fotogrammi. Di questa scrittura carentissima ne fa le spese Sabrina Ferilli che altrove e diretta da altri registi è anche brava. Massimo Giletti rifà sé stesso come intervistatore Rai.

Accogliamoli

E per finire in bellezza, si fa per dire, un episodio dedicato agli immigrati. Nel peggio del peggio di una Napoli-Milano, Buccirosso e Abatantuono duettano con battutacce da barzellette trite e ritrite che neanche da cabaret, ormai, forse solo da villaggi vacanza. I due sono due mostri reali, quelli che sfruttano gli immigrati affittando abitazioni super affollate a prezzi esorbitanti, ne sono piene le cronache. Solo che la materia è trattata con grandissima superficialità e quello che avrebbe potuto essere grottesco si fa grossolanamente surreale, alla continua ricerca di effetti per i due protagonisti. Diego Abantuono continua a rifare il suo terrunciello mentre Carlo Buccirosso non può far altro che indossare la parrucca di Pappagone, la maschera televisiva creata da Peppino De Filippo nell’ormai lontanissimo 1966, personaggio di grandissimo successo che dall’anno successivo divenne anche fumetto. In conclusione “I mostri oggi” sono solo quelli che hanno realizzato il film.

Tornando ai mostri di oggi, ovvero di 14 anni fa, il film è nel complesso un clamoroso pasticcio. Non manca qualche episodio riuscito ma, come si dice, una rondine non fa primavera. Alla sua uscita fu massacrato dalla critica quasi all’unanimità ma ebbe successo al botteghino presso il cosiddetto pubblico di bocca buona. La debolezza del film è proprio strutturale: dovrebbe toccare argomenti per i quali ci si indigna e si tiene lontano da temi sensibili come la politica, la religione, il giornalismo e la televisione che anzi omaggia: i mostri sono cinematograficamente altrove anche se non direttamente citati: “Ferie d’agosto” e il più recente e meno riuscito “Siccità” di Paolo Virzì, ma anche l’Oscar “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino che ha saputo indagare su altri mostri moderni, così come pure Matteo Garrone la cui filmografia sembra interamente dedicata ai mostri troppo umani.

Col dovuto senso critico è un film in ogni caso da vedere per metterlo a confronto coi film del 1962 e 1977 coi quali ha cercato un confronto: se invece di intitolarsi ai mostri si fosse intitolato altrimenti oggi non sarei qui a parlarne. I titoli degli episodi li apprendiamo solo in coda, quando ormai stiamo lasciando la sala, se al cinema, o cambiando canale se in tv. I numeri: Diego Abantantuono, che onestamente è il peggio, la fa da padrone apparendo in 8 episodi che potrebbero essere 7 se si considera che come prelato compare in due; segue Giorgio Panariello che con le sue maschere alternatamente riuscite compare in 6; a quota 4 si piazzano a pari merito Carlo Buccirosso che è il più incisivo del terzetto, Claudio Bisio e Angela Finocchiaro che arrancano; 3 episodi per Sabrina Ferilli protagonista solo in uno è sempre troppo simpatica sopra le righe; due per Anna Foglietta e la coppia filmica Mauro Meconi e Susy Laude; un solo episodio per Neri Marcorè arrivato alla ribalta come imitatore concorrente di “La corrida” condotta da Corrado su Canale 5, vincendo nel 1988; in seguito partecipa anche a “Stasera mi butto”, Rai 2, arrivando in finale e da lì in poi la carriera televisiva è tutta in ascesa, studiando da professionista per prepararsi al doppiaggio, al cinema e al teatro; benché da più di un decennio anche protagonista al cinema, per quando in film secondari, qui con un solo episodio non merita neanche il nome in locandina. Su tutto il resto stendiamo veli pietosi.

I nuovi mostri – con gli episodi censurati dalla Rai qui recuperati

1977. Sono passati quindici anni dall’originale e molta acqua è passata sotto i ponti: sono finiti i tempi spensierati del boom economico sull’onda del quale cinematograficamente si è passati dal neorealismo del dopoguerra alla spensieratezza della commedia all’italiana che nei suoi esempi migliori era anche critica sociale con venature di un umorismo graffiante che non risparmiava niente e nessuno. Il 1977 è nel mezzo di un decennio nero di terrorismo, nazionale e internazionale, una narrativa che drammaticamente entra anche in questo film in cui i toni grotteschi e graffianti si fanno ancora più incisivi, e anche violenti come la società che li esprime.

Gli episodi che prima erano 20 qui sono 14 e a Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi si aggiunge un Alberto Sordi in gran spolvero, di suo già campione di maschere grottesche dell’italiano medio, con l’aggiunta della stella in ascesa Ornella Muti che aveva debuttato solo sette anni prima con “La moglie più bella” di Damiano Damiani. Un’altra novità è che in alcuni episodi i quattro nomi dei titoli di testa cedono il passo ad altri validi interpreti che a loro volta diventano protagonisti. Tognazzi e Gassman recitano insieme in un solo episodio. Degli sceneggiatori originali rimane Ruggero Maccari che scrive il film con Age & Scarpelli e Bernardino Zapponi; mentre Ettore Scola che lì era sceneggiatore qui è regista e insieme a Mario Monicelli si aggiunge a Dino Risi che fu regista unico del primo film. Suo figlio Claudio Risi è l’aiuto regista. Armando Trovajoli che qui è Trovaioli torna a firmare la colonna sonora. Dei tre registi, all’uscita del film non si sapeva chi avesse diretto cosa perché di comune accordo avevano deciso di non firmare i loro episodi, e pare che i tre si siano impegnati a sostenere con i loro guadagni l’amico sceneggiatore Ugo Guerra gravemente malato e da diversi anni paralizzato, che sarebbe morto cinque anni dopo. Oggi siamo in grado di abbinare i registi agli episodi. Alla produzione Pio Angeletti e Adriano De Micheli della Dean Film prendono il posto di Mario Cecchi Gori. Come film straniero fu candidato all’Oscar nel 1979 ma quell’anno vinse il francese “Preparate i fazzoletti” di Bertrand Blier. Fu anche candidato ai David di Donatello ma vinse solo l’Alloro d’Oro alla miglior sceneggiatura al Festival di Taormina.

La versione presente su YouTube è quella ridotta negli anni Ottanta per la Rai in cui vengono tagliati cinque dei quattordici episodi rimescolando l’ordine di quelli rimasti. In questa censura sono saltati quelli meno edificanti ritenuti non adatti alle famiglie, ovvero: “Il sospetto”“Sequestro di persona cara”, “Mammina e mammone”“Cittadino esemplare” e “Pornodiva”; questi ultimi tre però sono stati reintegrati in una versione trasmessa su Rai Movie a partire dal 2014, però con l’amputazione del finale di “Pornodiva” che, come vedremo, cambia completamente il senso del racconto.

Tantum Ergo di Dino Risi

Gassman è un cardinale che causa guasto alla sua auto si ferma in una chiesa di periferia dove è in corso un acceso dibattito di borgatari guidato dal prete Luigi Diberti. Il cardinale improvvisa un sermone che acquieta gli animi, dimostrando al prete-operaio che faticosamente guidava da pari a pari il dibattito, che la retorica e l’eloquenza con l’aggiunta degli effetti speciali di sempre – luci, campane e musica d’organo – sono la vera via del Signore. Paolo Baroni efficacissima spalla in una regia molto arguta è il pretino che come da tradizione, vedi “La giornata dell’onorevole” in “I mostri”, è sempre omosessuale.

Auto stop di Mario Monicelli

Oggi lo scriviamo in un’unica parola ma all’epoca erano ancora due parole staccate. Partendo dal dettaglio del magnete sul cruscotto “vai piano e pensa a noi” con foto dei familiari, scopriamo che alla guida dell’auto Eros Pagni (raffinato interprete teatrale che al cinema è un caratterista di lusso) va oltre un autostoppista commentando “Sì, col cazzo!” per poi fermarsi immediatamente quando sul ciglio della strada gli compare la “gnocca” Ornella Muti che carica in macchina facendo sparire il magnete, e ovviamente mettendo in campo tutti i luoghi comuni dell’automobilista con fantasie erotiche, e tutti noi spettatori conosciamo i luoghi comuni sulla pericolosità degli autostoppisti ma anche degli automobilisti…

Con i saluti degli amici di Dino Risi

Segue uno dei due soli episodi non ambientati nell’area romana: breve come uno sketch televisivo. In un paesino dell’entroterra siciliano, un notabile mafioso passeggia per le vie assolate accompagnato dal suono del sempre classico marranzano, finché viene steso a colpi di lupara da due ragazzotti in vespa “Con i saluti degli amici”, ed è comune fra i siciliani il detto “Amici, e guàrdati!”. Battuta folgorante finale del mafioso morente interpretato dal romano Gianfranco Barra unico protagonista.

Hostaria! di Ettore Scola

Col punto esclamativo che subito mette in evidenza la tipicità dell’osteria della tradizione romana. Gassman e Tognazzi, l’uno cameriere l’altro cuoco, nel loro unico incontro del film fanno dell’osteria il loro personale ring con divertimento reciproco: sono quella che oggi diremmo una coppia di fatto, litigiosa e di mezza età, che con i tempi e i modi e la musichetta delle comiche d’antan si tirano addosso di tutto distruggendo la cucina salvo poi fare pace con un bacetto. I borghesissimi commensali apprezzano le vivande che dopo la lite contengono di tutto. E non è chiaro se i mostri sono la litigiosa coppia o i commensali, che di passaggio citano e omaggiano Indro Montanelli come caro amico: messaggio ambiguamente trasversale al giornalista.

Pronto soccorso di Mario Monicelli

Un affettatissimo Alberto Sordi, come Principe Giovan Maria Catalan Belmonte è un esponente della nobiltà nera romana, quella papalina sempre nostalgica del Papa-Re, lascia un’amica al Jackie O’, esclusivo locale romano che a partire dagli anni ’70 ereditò quello che restava della dolce vita romana dei tardi anni ’50. Con la sua Rolls Royce bianca (la Land Rover la prende solo per le uscite sportive) deve raggiungere la residenza della Principessa Aldobrandi dove fra nobili si discuterà lo scisma del Cardinale Marcel Lefebvre. Sordi si esibisce in un monologo un po’ troppo lungo e un po’ troppo indugiando, a mio avviso, su alcune volgarità che pur caratteristiche del “nobile” personaggio non necessitavano di sottolineature. Raccoglie la vittima di un incidente stradale e tenta inutilmente di portarlo in tre ospedali che per un motivo o un altro rifiutano l’urgente ricovero: questa è un’altra delle mostruosità sociali. Alla fine lo abbandona lì dove l’aveva trovato, sotto il monumento a Mazzini che lui crede Mussolini. Luciano Bonanni interpreta l’uomo ferito mentre l’amica di passaggio all’inizio altri non è che la ballerina del ventre Aïché Nana che sul finire degli anni ’50 si era resa famosa per uno spogliarello al ristorante Rugantino, immortalata dal fotografo Tazio Secchiaroli. In coda il titolo “Pronto soccorso” diventa inglese: “First Aid” e vai a capire perché.

L’uccellino della Val Padana di Ettore Scola

Questo è il secondo episodio non ambientato a Roma. La moda dell’epoca nominava le cantanti in un bestiario tutto italiano: Mina era la Tigre di Cremona, Iva Zanicchi era l’Aquila di Ligonchio e Orietta Berti che aveva addirittura due nomignoli – l’Usignolo di Cavriago e la Capinera dell’Emilia – qui diventa Fiorella l’Uccellino della Val Padana gestita dal totalizzante marito-impresario Tognazzi che nel privato se la deve vedere con le tante bambole che invadono la loro camera da letto, autocitazione per la Berti che è realmente collezionista di bambole. La poverina incorre in un problema alle corde vocali e il solerte marito le procura un incidente domestico dopo la quale potrà esibirla come caso umano su una sedia a rotelle. Molto brava lei che da cantante professionista si mette in gioco e nel finale stona con grande maestria.

Come un regina di Ettore Scola

Sordi asciuga i toni e condivide lo schermo con una dolce vecchina che interpreta la madre. Che lui, all’insaputa di lei, sta portando in in ospizio. L’interpretazione più convincente dell’attore è tutta negli sguardi che spaziano dall’apprensione all’esasperazione, dall’amore alla malsopportazione e al senso di colpa. Per Sordi è un bagno di verità: è noto che fosse morbosamente legato alla madre e ancora si racconta di quando, alla morte di lei, per vent’quattr’ore si chiuse in camera col cadavere rifiutandosi anche di aprire agli impiegati delle pompe funebri. La vecchina è l’attrice di un solo film Emilia Fabi. “Trattatela come una regina!” è l’invocazione finale del figlio mentre va via. Come una regina in esilio, dolorosa condizione di molti nostri vecchi che non hanno più spazio nella frenetica quotidianità che ci stritola.

Senza parole di Dino Risi

Il breve incontro d’amore fra una hostess poliglotta e un affascinante mediorientale che non parla nessuna delle lingue che lei conosce – e qui tocca dire che la Muti non parlava bene nemmeno l’italiano dato che per tutto l’arco crescente della sua carriera è stata sempre doppiata. Nel romantico episodio senza parole la musica è padrona con due successi dell’epoca: “Ti amo” di Umberto Tozzi e “All by myself” nella versione originale di Eric Carmen. Episodio volutamente zuccheroso dove non tutto è come sembra. Con il greco Yorgo Voyagis inspiegabilmente col trattino nei titoli, Yorgo-Voyagis, volto nuovo sugli schermi italiani come Giuseppe nel televisivo “Gesù di Nazareth” di Franco Zeffirelli, in onda quello stesso 1977.

L’elogio funebre di Ettore Scola

Il funerale comincia con l’accompagnamento di una musichetta sgangherata di una piccola banda che dà subito il tono all’episodio. Fra i quattro che portano a spalla la bara ecco Alberto Sordi. Si seppellisce un comico d’avanspettacolo e i convenuti sono il variopinto bestiario di amici e colleghi. Sordi, come storica spalla del vecchio comico Formichella, comincia l’elogio funebre che presto si trasforma in rievocazione di gloriose scenette e sagaci battute: il funerale diventa un’allegra rivisitazione della rivista d’antan in cui Sordi stesso mosse i primi passi, e alle lacrime si sostituiscono risate canti e applausi con tanto di passerella finale attorno alla fossa e sipario calato dai muratori retrostanti che calano una rete di protezione. Nel sentire comune di quell’Italietta democristiana forse questi teatranti erano dei mostri ma è evidente che a un attore comico quel funerale sarebbe piaciuto assai. Per non dire che oggi è ormai prassi comune, questa sì tristemente comune, l’abitudine di applaudire ai funerali, gesto privo di senso traslato dalla gente di spettacolo che di quegli applausi era vissuta, tanto che alcuni preti cominciano ad avvertire che gli applausi non sono consentiti. Per l’intero film questo episodio è un delizioso e degno finale. E poi con una ricerca mirata ho trovato i singoli episodi tagliati dalla Rai.

Mammina e mammone di Dino Risi

La giornata di due eccentrici barboni in un episodio davvero inconsistente che probabilmente avrà avuto un senso per i suoi creatori se ispirato a personaggi reali: la morale è che fra i barboni che si aggirano nelle nostre città ci sono anche nobili decaduti e personalità esemplari. Con Tognazzi che come dolce bambinone si accompagna all’ottantenne Nerina Montagnani, una caratterista che dopo aver lavorato come cameriera per tutta la vita ha esordito a settant’anni costruendosi una carriera di tutto rispetto.

Cittadino esemplare di Ettore Scola

Il mostro siamo noi. Gassman rientrando a casa dal lavoro assiste all’aggressione e all’accoltellamento di un uomo. Come nulla fosse raggiunge la famiglia per cena e si rilassa davanti a un programma Rai: ovvio che la Rai lo abbia tagliato. Dal programma sentiamo la voce di Pippo Franco nel varietà “Bambole, non c’è una lira” diretto da Antonello Falqui.

Il sospetto di Ettore Scola

Episodio decisamente politico, dunque indigesto alla finta ecumenica mamma Rai. Gassman commissario di polizia dall’accento napoletano fa una paternale a un gruppo di giovani sovversivi arrestati, e dal mucchio gli arriva una pernacchia. Fatta da un brigadiere infiltrato per meglio mimetizzarsi. Con Francesco Crescimone da Caltagirone che sarà anche sceneggiatore e regista.

Sequestro di persona cara di Ettore Scola

Cinema che racconta la televisione-verità: diretta televisiva dal salotto di un uomo distrutto dal dolore al quale hanno rapito la moglie e che si rivolge ai sequestratori implorando almeno una telefonata per averne notizie. Andata via la troupe televisiva l’uomo mostra che aveva tagliato il filo del telefono. Altro episodio scomodo da mostrare in tv perché un mostro si fa gioco della tv. Oltre che dell’opinione pubblica.

Pornodiva di Dino Risi

In effetti l’episodio, senza voler svelare nulla a chi non l’avesse ancora visto, è davvero forte, non per il contenuto ma per il concetto che veicola. Eros Pagni è di nuovo protagonista con la procace moglie interpretata da Fiona Florence che all’anagrafe è Luisa Alcini, una coppia di burini che prima di firmare il contratto che prevede scene di nudo e di sesso con una scimmia vogliono capire i dettagli e alzare il compenso. Nel ruolo dell’anziano produttore il caratterista settantenne Vittorio Zarfati che con Risi aveva debuttato l’anno prima, e che aveva una tragica storia alle spalle: di religione ebraica sfuggì al rastrellamento nazi-fascista dell’ottobre 1943 perché si trovava poco fuori Roma e perse la moglie e tre figli deportati e soppressi a Auschwitz-Birkenau. come figlia della coppia di burini la decenne Simona Patitucci che da adulta farà poco cinema ma tanto teatro musicale e molto doppiaggio.

E per finire un po’ di numeri. Nella versione integrale di 14 episodi Ugo Tognazzi è presente in 3, Vittorio Gassman in 5, insieme solo in uno; 3 per Alberto Sordi, 2 per Ornella Muti e 2 anche per Eros Pagni che di fatto si colloca fra i protagonisti. Nella versione ridotta Tognazzi perde un episodio e Gassman addirittura 3 restando entrambi a pari merito con 2 episodi, cedendo il passo a Sordi che li porta avanti tutti e tre mentre Pagni ne perde uno dei due. Come anticipato Rai Movie ha trasmesso una versione allungata ma continuano a mancare “Sequestro di persona cara” e “Il sospetto” entrambi con Gassman. L’ultima volta in cui il film è stato trasmesso in televisione è stato nell’agosto 2022 su Rai 3. Anche nelle versioni home prima in VHS e poi in DVD c’è la versione ridotta a 9 episodi, la stessa disponibile attualmente su Netflix: non credo che si tratti più di censura per argomenti ritenuti scabrosi o antisociali ma sono incuria da pigrizia intellettuale e commerciale.