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La Comune – un luogo comune

Il regista danese Thomas Vinterberg è interessante e la sua filmografia lo dimostra. Si è fatto conoscere dalle grandi platee con “Festen” dove una famiglia riunita alla festa di compleanno del capostipite finisce col massacrarsi all’esplodere di rancori e rivelazioni. Più recentemente si è fatto apprezzare con “Il Sospetto” che racconta le vicissitudini di un maestro che viene ingiustamente accusato di essere pedofilo: è stato candidato all’Oscar e il protagonista Mads Mikkelsen ha vinto come migliore attore a Cannes. Qui vince a Berlino la migliore attrice Trine Dyrholm che nel film fa coppia con Ulrich Thomsen, altro volto noto del cinema danese, e col quale apre questa comune nella grande casa che lui ha avuto in eredità. Qui comincia e finisce il film, nel quale non succede nulla o quello che succede è facilmente intuibile, e quindi non sorprende e non racconta nulla che valga la pena di essere raccontato su questa realtà, la comune: i personaggi sono ben raccontati e gli interpreti tutti al meglio ma le dinamiche interne al gruppo sono quelle già vista, o già vissute. Peraltro il film è ambientato negli anni ’70 e se non fosse per un veloce riferimento alla guerra in Vietnam potrebbe essere collocato in qualsiasi decennio passato: non ci racconta gli anni Settanta né ci racconta qualcosa che da allora in poi è cambiato nella società o nelle coscienze individuali: è un film fine a se stesso che ha la sua ragione di esistere nella memoria sentimentale del regista che dai 9 ai 17 anni ha vissuto in una comune e ben conosce le dinamiche intime del contesto. Il suo sguardo sui personaggio e sulla storia è traslato nello sguardo limpido e profondamente bello della protagonista quattordicenne figlia della coppia, interpretata con leggera intensità da Martha Sophie Wallstrom Hansen ed è evidente che il regista sta facendo i conti col suo passato, confezionando però un film di scarso interesse: non brutto ma neanche necessario.