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The Nest (Il Nido) – opera prima di Roberto De Feo

Il lancio del film è “horror di atmosfera”, ma che significa? In effetti c’è una costante atmosfera da film horror che inquieta e al contempo spiazza, per la mancanza di musica ansiogena, di maniglie che ruotano lentamente, di mostri che sbucano dal buio, di crocifissi attaccati al muro, insomma di tutto quell’armamentario tipico del film horror. Quello cui assistiamo è più vicino a un dramma famigliare, per quanto fuori dagli schemi, dove ciò che conta sono le cose non dette e i misteri che si accumulano.

Il Nido è una villa in cui una piccola comunità vive isolata dal mondo seguendo regole e divieti che sembrano farne una setta, ma una setta il cui scopo rimane però misterioso, anch’esso. La gestisce con ferreo rigore una padrona di casa dopo che nell’antefatto abbiamo appreso che suo marito è morto in un incidente automobilistico, proprio nel tentativo di abbandonare la villa, portando con sé il figlio piccolo. Nel presente narrativo Samuel è un preadolescente costretto su sedia a rotelle proprio a causa di quell’incidente e viene cresciuto da sua madre, e da precettori servitori e medico al servizio, come prossimo capo di quella piccola comunità, educato all’apprendimento della gestione della proprietà e delle sue risorse. Ma è sempre più chiaro che non tutto è come sembra: la madre, distaccata intransigente e iperprotettiva, in privato soffre e si mortifica; il medico giornalmente somministra una necessaria ancorché misteriosa cura al ragazzo, ma in me spettatore si insinua il dubbio che più che una vera cura sia piuttosto un farmaco che costringe il ragazzo all’immobilità, e allora mi chiedo: perché? perché una donna che sembra amare così tanto il suo unico figlio, vuole mantenerlo inabile, oltreché all’oscuro sul mondo di fuori e sulla reale natura di quella comunità? qual è il male che possiede la donna?

Il regista debuttante ci conduce con mano sicura negli spazi di questa villa, che grazie alla scenografia di Francesca Bocca (“La Terza Madre” di Dario Argento) e alla fotografia di Emanuele Pasquet, insieme alla regia attentissima al dettaglio, sembra contenere e quasi avvolgere i suoi abitanti, sia proteggendoli che intrappolandoli, una villa che diventa un’altra inquietante interprete protagonista.

Roberto De Feo sa quel che fa. Sin da ragazzo è appassionato del genere horror e lo conosce talmente bene da averne un sua personale visione: rispettando e anche omaggiando il lavoro dei capostipiti Dario Argento, Lamberto Bava, Lucio Fulci, prende però le distanze dagli ulteriori tentativi di cinema horror all’italiana, intrisi di tutti quei luoghi comuni del genere che non ne hanno decretato il successo al botteghino. Il suo horror di atmosfera sin dal titolo in inglese guarda al mercato internazionale e l’atmosfera claustrofobica della sua villa è la stessa del pluripremiato “The Others” di Alejandro Amenábar, anche lui come il nostro, autore di soggetto e sceneggiatura, e pare che De Feo abbia segnato il punto: il suo film è stato venduto in Francia, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Russia, Giappone, Polonia e Taiwan: nessun paese di lingua inglese, e perché? perché l’americana Gotham Group – che fra altri ha prodotto “The Spiderwick Chronicles” e la trilogia di “Maze Runner” – ha già acquistato i diritti per un remake.

Mette insieme un cast assai interessante. La tormentata nonché tormentatrice madre è la televisiva Francesca Cavallin, eccellente interprete di un ruolo non facile, e dalla serialità tv viene anche Maurizio Lombardi che interpreta il medico di famiglia, un po’ medico di campagna e un po’ Joseph Mengele; il ragazzo protagonista è l’italo-canadese Justin Korovkin, 12enne perfettamente in ruolo, che possiamo vedere anche in “Favolacce” dei Fratelli D’Innocenzo, e che qui suona bene anche il pianoforte, in un corredo musicale che con “La gazza ladra” di Rossini omaggia “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick.

Nel cast l’adolescente Ginevra Francesconi che fa scoprire al ragazzo il mondo di fuori; il veterano del doppiaggio Carlo Valli qui dà il volto a un sofferente anziano che viene da fuori e che, portatore di una piaga nera, viene ucciso, e non sarà l’unico morto di morte violenta nell’accogliente villa in cui il talento dell’esordiente regista ci intrappola facendoci quasi dimenticare che oltre il ben protetto cancello della villa c’è un fuori da cui è giunta in casa un’oscura piaga: è lì il vero horror, nel finale a sorpresa che ribalta i punti di vista come accadeva venti anni fa nel bellissimo “The Others”. Se riuscirà a non ripetersi e a serializzare Roberto De Feo ha un brillante futuro.