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Melodrammore – opera prima di Maurizio Costanzo

Melodrammore (1978) - IMDb

E’ il 1978 e da almeno un decennio Maurizio Costanzo – giornalista, conduttore e autore radio-tv – scrive anche per il cinema, niente di indimenticabile per carità, ma dignitose partecipazioni a più mani, registrando la frequentazione più assidua con Pupi Avanti con “Bordella” e altri sei titoli fra cinema e tv, mentre all’apice partecipa alla scrittura di “Una giornata particolare” di Ettore Scola del 1977 e l’anno dopo finalmente decide di darsi alla regia: la sua unica regia dato che a tutt’oggi, è 83enne, non ne ha firmate altre e quasi certamente non lo farà. Unica, perché a dire il vero, davvero infelice.

Le intenzioni erano buone ma erano tante, forse troppe, e alla fine confuse e bislacche. Come ci avvisano i titoli di testa il film nasce da un’idea del press-agent – e creatore di molte carriere cinematografiche per le quali ha inventato numerosi scandali da copertina – l’ineffabile Enrico Lucherini: si sa che se il personaggio è famoso e giornalisticamente potente i tributi vanno pagati e anche le sole idee messe in risalto; di fatto Lucherini poi è accreditato fra i soggettisti; a scrivere la sceneggiatura ci pensano il regista Maurizio Costanzo e il protagonista Enrico Montesano che, a vedere il film, si è certamente occupato delle improvvisazioni.

Un film più unico che raro per la struttura che vede due film in uno e la cui genesi possiamo immaginare in una chiacchierata fra appassionati di cinema, il cinema in bianco e nero del buon tempo andato, appassionati di cinema che sono anche degli umoristi buontemponi, i quali partendo dai melodrammi sentimentali anni ’50 – detti dal pubblico strappalacrime e dalla critica colta neorealismo d’appendice anche se non c’è nulla di realistico mentre è, sì, tutta narrazione d’appendice – partendo da quei melodrammi, il nostro immaginario cenacolo di scrittori dalla penna brillante e corrosiva, pensa di celebrarli e farne al contempo una parodia: ma celebrazione e parodia sono un connubio quanto mai velleitario da tenere insieme se non si ha il genio di un Mel Brooks.

Immaginano quindi nell’antefatto che un attore, Enrico Montesano, dovendo interpretare un film strappalacrime ambientato negli anni ’50 – non dice però che sarà una parodia – invita sul set un divo simbolo di quel cinema, Amedeo Nazzari, al quale chiedere consigli, del tutto inascoltati come vedremo, sullo stile interpretativo. E’ solo un espediente per farci vedere quasi per intero il film in questione, “Appassionatamente” diretto da Giacomo Gentilomo nel 1954. Inopinatamente Enrico Montesano interrompe e commenta per sintetizzare la trama, rivolgendosi in camera e a noi pubblico con battute da avanspettacolo che infrangono la quarta parete derogando al rigore narrativo, semmai ce ne fosse stato uno, battute banali e fastidiose laddove “Appassionatamente” ci stava davvero appassionando.

Appassionatamente

Tratto dal dramma teatrale “La Dame de Saint-Tropez” di Auguste Anicet-Bourgeois e Adolphe d’Ennery, nella trama si ispira a “Il padrone delle ferriere” classico romanzo d’appendice di Eugene Ohnet dal quale sono stati tratti tre film, l’ultimo dei quali sarà l’italiano diretto da Anton Giulio Majano nel 1959. Ne sono protagonisti Amedeo Nazzari, appunto, e la francese Myriam Bru.

Lei, Miriam Bru, all’anagrafe Myriam Rosita Bruh, è una francese subito adottata dal cinema italiano grazie ai produttori Carlo Ponti e Dino De Laurentiis che hanno l’occhio attento per le belle ragazze, e italianizzata Bru gira una quindicina di film, fino a quando su un set incontra il suo futuro marito, il tedesco Horst Buchholz che le chiede di dedicarsi esclusivamente alla famiglia, così la Bru, che non ha mai imparato a recitare in italiano e sarà sempre doppiata, gira il suo ultimo film nel 1958, l’interessante “Nella città l’inferno” di Renato Castellani con Giulietta Masina e Anna Magnani, e poi va a fare la madre di famiglia.

Lui, nato Amedeo Carlo Leone Buffa, in arte prende il cognome materno facendosi omonimo del nonno che fu presidente della Corte d’Appello. Scopre la passione per il palcoscenico presso i salesiani, dove studia; grazie anche alla sua prestanza fisica viene notato da Elsa Merlini che lo fa debuttare al cinema, ma il film non ebbe successo, e di nuovo un’altra prima donna si accorge del suo potenziale: è la giovane emergente Anna Magnani che lo segnala al marito Goffredo Alessandrini per il suo prossimo film, film che la giornalista Guglielmina Setti su “Il Lavoro” del 1936 recensisce così: “Cavalleria si regge sull’interpretazione, singolarmente efficace e ben affiatata nell’insieme, sulla bella fotografia, su quello stile pacato e simpatico che è caratteristico di Goffredo Alessandrini. Amedeo Nazzari, questo eccellente interprete, rivelatosi in un brutto film, Ginevra degli Almieri, si afferma con questa sua seconda fatica cinematografica come il più interessante dei nostri primi attori dello schermo.”

Amedeo Nazzari • Altezza (altura), Peso, Misure, Età, Biografia, Wiki

E da lì in poi Amedeo Nazzari sarà un divo che attraverserà i periodi dell’avventuroso e romantico anteguerra, dei telefoni bianchi di regime, e del dopoguerra dove insieme a film colti e impegnati riprende il fortunato filone dei melodrammi, mentre si affacciano all’orizzonte volti nuovi come quello di Vittorio Gassman. Nel 1957 interpreta se stesso, come in questo “Melodrammore” ma con differente spirito ed esito, nel felliniano “Le notti di Cabiria” dove fa autoironia presentandosi come un attore in declino, e la verità è purtroppo dietro l’angolo, come diceva Maurizio Costanzo nel suo show tv: prima Alberto Lattuada gira un remake di “La figlia del Capitano” diretto da Mario Camerini nel 1947, e gli era stato promesso che avrebbe ripreso il suo ruolo da protagonista, ma poi la parte va all’americano Van Heflin; in seguito gli viene proposto il ruolo del Principe di Salina nel “Gattopardo” di Luchino Visconti ma il ruolo andrà a Burt Lancaster per ottenere dei finanziamenti americani; da Hollywood gli arriva la proposta di un film con Marilyn Monroe e stavolta sarà lui a rifiutare, primo perché non si ritiene all’altezza di recitare in inglese, e poi perché si sarebbe sentito ridicolo nelle scene di canto e ballo dato che il film era il musicale “Facciamo l’amore” che poi Marilyn girò con Yves Montand facendo davvero l’amore fuori dal set. Con gli anni ’60 in Italia si apre la stagione della commedia all’italiana e salvo sporadiche partecipazioni Nazzari rifiuta i copioni, che mancano di buon gusto, e per il rispetto che deve a se stesso e al suo pubblico. Chapeau! E’ stato uno dei pochi divi della sua epoca a recitare con la sua vera voce, profonda e potente, benché non esente da difetti di dizione: famoso il suo “Chi non beve peste lo colga!” da “La cena delle beffe” del 1939 dove pronuncia colga con la o chiusa anziché aperta come vuole la corretta dizione, frase che ironicamente rifà nel carosello dell’amaro Biancosarti. Morirà l’anno dopo essersi messo in gioco in questo film, 72enne, e nell’antefatto dove chiacchiera con Enrico Montesano è assai evidente che, un po’ divertito e un po’ sconcertato dal comico che non comprende appieno, si stia chiedendo: Che ci faccio qui?

Nelle sequenze di “Appassionatamente” è riconoscibile Andrea Checchi, volto noto anche per gli sceneggiati Rai, il quale, rivisto oggi, se ne apprezza la recitazione asciutta e moderna, già oltre lo stile manierato e pomposo di tutti gli altri interpreti in linea con lo stile dell’epoca. Altre interpreti di “Appassionatamente” erano la bionda Vera Carmi qui con capigliatura nera per indurirla nel ruolo della cattiva, e l’altra bionda qui ossigenata per renderla più briosa Isa Barzizza.

Melodrammore

Conclusa la visione di “Appassionatamente” comincia il secondo film con nuovi titoli di testa. Protagonista assoluto è Enrico Montesano che costruisce il suo personaggio come una delle sue macchiette: l’imbranato con voce nasale che è sopportabile nel breve tempo di una scenetta televisiva ma che infastidisce in un film intero. Ed è subito evidente che la buona intenzione della parodia sull’amato film strappalacrime precipita nello sgradevole sberleffo. La comicità è quella della commedia all’italiana già degenerata da quella più sincera degli anni ’60, e fatta di trite gag da avanspettacolo. Enrico Montesano, romaneggia da buon romano della Garbatella, e pur sbagliando tutto è assai sicuro di sé, ha dalla sua il pedigree, essendo l’ultimo di una famiglia di teatranti: il trisnonno Nicola era un attore comico, il bisnonno creò insieme al fratello una compagnia di operette, il nonno Enrico fu direttore d’orchestra e la nonna Bianca Castagnetta era un’attrice. Dunque per il giovane Enrico i giochi erano fatti, la recitazione e la comicità ce li aveva nel DNA. Dal teatro passa negli spettacoli di varietà in tv, come comico e imitatore, e i primi ruoli da protagonista al cinema li ottiene insieme all’altro grande imitatore, Alighiero Noschese, e si impone come simpaticone romanaccio che non disdegna le commedie scollacciate tanto in voga all’epoca: in sintesi è il volto becero di una cinematografia che in quegli anni esprime i talenti di Gassman, Manfredi, Mastroianni, Sordi, Tognazzi.

Il progetto di Maurizio Costanzo e compagni di gioco è un prodotto nazional-popolare che però scontenta tutti: i cineasti colti, o comunque quelli che hanno memoria del glorioso cinema anni ’50, si sentono traditi e presi in giro, gli altri, quelli di bocca buona che sono corsi in massa a vedere Montesano nei film a episodi scollacciati “40 gradi all’ombra del lenzuolo” e “Spogliamoci così senza pudor…”, sono rimasti delusi perché in “Melodrammore” non c’è traccia di volgarità, vivaddio, né di ammiccamenti erotici. Dunque il film non è piaciuto a nessuno, men che meno alla critica, e rimane un’intuizione bislacca che solo un lucido processo di intelligente scrittura avrebbe potuto dargli forma e senso.

Luciana Turina

Oggetto dell’appassionato amore, non ricambiato va da sé, del macchiettistico protagonista, è una macchiettistica contessina cicciona interpretata dall’americana Fran Fullenwider già nel cast, con un piccolo ruolo, di “The Rocky Horror Picture Show”; affidatasi a un’agenzia per modelle e attrici dal fisico abbondante approda in Italia quando cercavano una protagonista cicciona per “Una sera c’incontrammo” di Piero Schivazappa con Johnny Dorelli, e poi sarà scritturata per “Melodrammore” come unica straniera in un cast nazional-popolare di tutto rispetto ma, ahimè, nessuna utilità; e considerando che nel film recitano la Regina (questo il nome proprio del personaggio) e il Reuccio della canzonetta italiana, Nilla Pizzi e Claudio Villa, restando nell’ambito musicarello non posso fare a meno di considerare che in quegli anni avevamo in Italia, per la stessa stazza, la cantante Luciana Turina detta “la Fitzgerald italiana” per la sua voce calda e potente, già anche attrice in tanti film, e resterà senza risposta la mia domanda: Perché Fran Fullenwider e non Luciana Turina? Nilla Pizzi, bontà sua, interpreta la cameriera nella casa della Contessa di Belluogo con la quale, la classe non è acqua, gareggia in signorilità, e fa strano vederla apparecchiare; Claudio Villa è molto credibile come commerciante di salumi arricchito che per l’invadente figlia Priscilla sogna un matrimonio con blasone. Priscilla è Genny Tamburi, attrice di film sexy e noir nonché showgirl in tv, morta prematuramente a 53 anni di cancro. La Contessa madre è Liana Trouché, moglie di Aldo Giuffrè, anch’essa morta prematuramente in un incidente automobilistico a 43 anni. Completano il cast altri tre caratteristi di lusso: Mino Bellei, Vincenzo Crocitti e Stefania Spugnini. Un insieme di assoluta qualità se non fosse che la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti ed Enrico Montesano porta quell’acqua solo al suo mulino.

Oggi, 76enne, ha necessariamente diradato la sua presenza al cinema mentre la commedia all’italiana si è rivestita ma anche incattivita, e la sua ultima partecipazione è in “Vivere” del 2019 di Francesca Archibugi. Attendiamo anche per lui, dopo quella di Renato Pozzetto in “Lei mi parla ancora” la santificazione ad attore di culto per i comici giunti alla terza età, dato che da noi un’aureola non la si nega a nessuno.

Sia “Appassionatamente” che “Melodrammore” sono interamente visibili su YouTube.