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Il Tuttofare, commedia all’italiana 2.0

Sono sincero: le commedie italiane me le lascio da vedere in tv perché spesso, a mio avviso, non valgono il prezzo del biglietto e perché altrettanto spesso sono commedie “giovanilistiche” in cui i giovani e anche meno giovani autori non raccontano altro che tutto ciò che accade intorno al loro ombelico senza neanche il coraggio eversivo di scendere più giù verso le parti intime da fare un film da scandalo: circoscrivono e circoncidono le loro crisi esistenziali, le crisi sentimentali, le crisi professionali – spesso prendendosi troppo sul serio o senza essere affatto seri: in poche parole, mancando di spessore narrativo e maturità stilistica. Salvo poi sorprendermi qualche volta, in tv, nel vedere un film di cui mi dico che, però, avrei potuto vederlo al cinema. Come nel caso di “Smetto quando voglio” opera prima che il salernitano Sydney Sibilia dirige e scrive col suo amico Valerio Attanasio che qui, oltre che scriversi il film tutto da solo, fa il salto e se lo dirige pure: stessa qualità stilistica che merita attenzione. E siamo sempre nello stesso ambito dei laureati in cerca di occupazione: speriamo che non diventi un filone.

Sarò sincero per la seconda volta: sono andato a vedere il film attirato solo dall’interpretazione di Sergio Castellitto che dal trailer prometteva, e mantiene, un’interpretazione che io già candido ai David di Donatello – nulla sapendo dell’autore. Il film è molto ben scritto: partendo dalla piaga sociale dei trentenni laureati sfruttati e schiavizzati dalla precedente generazione di ex sessantottini che sono divenuti il peggior incubo dei loro stessi sogni di gioventù, non ne fa pedissequa denuncia ma fertile terreno sul quale innestare la sua storia, forse personale, sicuramente generazionale, senza però darci la sensazione di guardarsi l’ombelico, appunto, ma  preoccupandosi anzi di confezionare un prodotto assai gradevole, dal ritmo sicuro, e che offre a Castellitto un personaggio nel quale calarsi con gran divertimento e, davvero, giganteggiare: un principe del foro truffaldino degno erede della galleria dei personaggi cinici e divertenti che ci ha lasciato Alberto Sordi, uno di quei “mostri” della “commedia all’italiana” che degli anni ’60 e ’70 dello scorso secolo arriva in questo nuovo millennio. E se Sydney Sibilia e Valerio Attanasio saranno gli eredi dei vari Steno, Scola, Monicelli, Comencini e via discorrendo, non possiamo saperlo, perché essendo contemporanei possiamo solo registrare il presente. Che lascia ben sperare, però.

Dell’altro protagonista, il vero protagonista, il tuttofare interpretato da Guglielmo Poggi (già nel cast di “Smetto quando voglio”) leggo in giro che non regge il confronto con Castellitto… è vero, ma è altrettanto vero che a volerlo confrontare coi tanti suoi coetanei che affollano il piccolo schermo delle “fiscion” italiane, ne esce a testa alta, come attore credibile che sa quello che dice, e che pensa quello che gli esce dalla bocca – a differenza dei tanti di cui dico che, recitando in presa diretta, sembrano addirittura doppiati distrattamente e maldestramente. Il suo personaggio ha il “torto” di essere quello attorno al quale la vicenda e con la sua giovane età manca esattamente del “peso specifico” del primattore: se mai lo è, o lo sarà, anche questo è tutto da vedere.

Da registrare la gradevolissima presenza di Elena Sofia Ricci dalle occhiate traverse, ripescata dalle troppe “fiscion” sospiranti e che dà una sferzata di energia al personaggio della moglie “iena” del grand’avvocato, e di Tonino Taiuti come ex sessantottino fallimentare e padre del giovane praticante. Completano il cast dei comprimari Clara Alonso e Marcela Serli come amante argentina e di lei madre. Da segnalare Alberto Di Stasio nel fugace ruolo di un ginecologo “amico”, altro degno erede della commedia all’taliana, e come divertenti mafiosi Domenico Centamore e il mio collega Mimmo Mignemi che è sempre piacevole rivedere e apprezzare sul grande schermo.

In definitiva: siamo nella “commedia all’italiana” del nuovo millennio? ce lo diranno i posteri, intanto prendiamoci quello che c’è.