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I predatori – opera prima di Pietro Castellitto

Mi piace parlare di opere prime. Perché quando ritroviamo vecchi film di autori già affermati ne possiamo osservare i primi passi col senno di poi, in questo blog fra gli altri ci sono Bernardo Bertolucci, Clint Eastwood, Federico Fellini, Stanley Kubrick, Sergio Leone, Ettore Scola, Steven Spielberg; nel caso di attori famosi che passano alla regia è interessante vedere questo loro nuovo punto di vista, cosa li ispira, se si inserisce nel loro percorso di autocelebrazione anche come interpreti protagonisti o piuttosto non sia invece la necessità di esprimere la propria visione di cinema. Nel caso di opere prime assolute, invece, è intrigante cercare di intuire che regista sarà, o vuole essere, il/la debuttante, e cercare di immaginarne il percorso futuro.

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Giselda Volodi

Pietro Castellitto, come sappiamo, è doppiamente figlio d’arte, e se dal padre attore e regista Sergio ha imparato il cinema, dalla madre scrittrice e drammaturga Margaret Mazzantini (a sua volta figlia dello scrittore e storico del fascismo Carlo Mazzantini) sembra avere imparato la scrittura: in ogni caso si presenta già come una sintesi, e di successo, dei differenti talenti genitoriali, andando oltre gli specifici di entrambi; e non finisce qui perché Pietro è anche nipote d’arte (oltre che del nonno materno) da parte di zia, essendo sorella della mamma l’attrice Giselda (Mazzantini) in arte Volodi. Ha debuttato 13enne diretto dal padre nel film tratto dal romanzo della madre “Non ti muovere” e fra i successivi quattro film in altri due è stato diretto sempre da suo padre e sempre su sceneggiature della madre: una bottega a conduzione familiare che all’inizio non ha avuto il sostegno della critica tanto che il giovane Castellitto si è più volte definito in varie interviste un attore fallito. Ma il ragazzo ha fatto, come si dice, di necessità virtù, perché convinto di voler continuare nel mestiere del cineasta, al contrario degli altri suoi tre fratelli che non mostrano gli stessi interessi. Così, messa in pausa la recitazione, si è dedicato allo studio e alla scrittura per giungere a questo secondo fortunato momento della sua carriera: 30enne, come attore interpreta Francesco Totti nella miniserie Sky “Speravo de morì prima” e quasi in contemporanea realizza questo film con cui va oltre il padre e la madre, perché scrive dirige e interpreta con una sicurezza stilistica e interpretativa che finalmente gli dà credibilità in autonoma, disgiunta dalla famiglia; per la sceneggiatura vince a Venezia il Premio Orizzonti e a seguire il David di Donatello come regista esordiente.

Il film è un corale che si inserisce nel meglio della commedia italiana, senza mai scadere nel banale, nel volgare o nel già visto, pur restando in linea con illustri predecessori. Mette a confronto due tipiche famiglie romane: quella alto borghese dalle idee liberali e progressiste ma che mostra un gretto conservatorismo radicato nell’animo, un mondo cui ci si può ribellare solo idealmente solo rappando – e quella più rumorosa e generosa, più progressista e liberale nei fatti dove si permette al rampollo dodicenne di allenarsi al tiro di precisione con un fucile automatico; una tipica famiglia borgatara, di Ostia, laddove il borgo è anche notoriamente enclave di nazifascisti dai traffici naturalmente e necessariamente illeciti, perché dietro una legale armeria nascondono un traffico illegale di armi e una collusione con il crimine organizzato. Ma contrariamente a quanto ci si aspetta, e a quanto il nostro cinema ci ha abituato, le due realtà non collidono, non arrivano allo scontro, e il confronto che mette in scena Pietro Castellitto si svolge tutto sul piano morale, non a caso li chiama tutti predatori sin dal titolo, così come Victor Hugo intitolò “I miserabili” una storia che metteva a confronto le miserie fisiche e le miserie dell’animo.

I Predatori”, l'opera prima di Pietro Castellitto a Venezia 77 | RB Casting
La tavola dei borgatari: solare e colorata, all’aperto, iconica nella rappresentazione frontale e che si apre al nostro sguardo come ad eventuali nuovi arrivi
Cinema, Pietro Castellitto debutta alla regia con "I predatori" - Gazzetta  del Sud
La tavola degli intellettuali: al chiuso in un ristorante di lusso dai colori cupi, circolare e dunque autoconclusiva e chiusa all’esterno, ma che diventa anche palcoscenico di accesi scontri verbali per il pubblico intorno

La coralità e la diversità sociale fanno subito pensare a “Ferie d’agosto” di Paolo Virzì del già lontano 1996 – ma ancora vicino per le questioni che racconta, ancora irrisolte; e non è un caso se anche lì il capofamiglia dei borgatari fascistoidi è il titolare di un paio di armerie: la cronaca reale ispira la finzione. Ma “I predatori” richiama alla mente anche le coralità e i confronti intellettuali di diversi film di Ettore Scola e si inserisce di diritto nel filone della commedia italiana di taglio sociale, quella alta, che sa far pensare ma anche sorridere senza ricorrere alle facili scorciatoie di battute ad effetto, dove la comicità è fra le righe e assai corrosiva, e si sorride per la finezza con cui sono delineati personaggi e situazioni, personaggi e situazioni complessi che si offrono a differenti letture stratificate.

Il film si apre con una serie di inquadrature che piano piano ci introduce allo spazio in cui vedremo agire la varia umanità e nell’antefatto riconosciamo subito il predatore dichiarato, quello che si ammanta del fumo di una sigaretta elettronica, che lo nasconde e in cui sparisce, il truffatore che con modi garbati e affettuosi raggira l’anziana e poi sparisce per tutto il film, lasciando il campo agli altri predatori, quelli non immediatamente riconoscibili, che scopriamo un po’ alla volta senza capire cosa li lega, qual è il nesso della storia, che come in un thriller pacato si scopre un po’ alla volta e che dalla frammentarietà del puzzle iniziale si apre a scene drammaticamente complesse, molto parlate, girate in uniche sequenze di taglio teatrale grazie alla bravura degli interpreti, che anche quando si esprimono in romanesco non biascicano e sono comprensibili. Fra essi l’autore si ritaglia il personaggio di un nerd, che in americano è molto più sintetico e molto più significante del nostro secchione sfigato, un appassionato di Nietzsche con seri problemi comportamentali, che già di suo meriterebbe un premio all’interpretazione. Per il resto non fa sconti a nessuno: racconta i retroscena e il sottobosco in cui si muove il nazifascismo romano con sede a Ostia, ma è impietoso anche col mondo benestante e intellettuale da cui realmente proviene e nel cui racconto si colloca: autocelebrativi e immorali, con un significativo e divertente spaccato sul mondo del cinema nella figura della madre regista. Pietro Castellitto chiude almeno due cerchi: nel film il predatore truffatore che apre il film torna nel finale a sorriderci col suo fascino poco rassicurante, e nel suo percorso artistico e professionale chiude il cerchio dell’apprendistato fatto all’ombra della famiglia e si consacra in proprio autore di talento.

I predatori - Film (2020) - MYmovies.it