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Come eravamo – rivisto in tv

1973. Il film è il “come eravamo” di una coppia dalla fine degli anni ’30 ai primi anni ’60 che è anche il “come eravamo” del popolo americano, con al centro la caccia alle streghe del maccartismo degli anni ’50, una vergogna della loro storia che gli americani hanno raccontato in decine e decine di film ma che rimane aliena alla nostra cultura europea. Ancora oggi, negli Stati Uniti, dichiararsi comunisti è un problema, si viene guardati con sospetto o si glissa con una risata, perché il comunismo è sinonimo di Russia ed è quindi cattivo, perché l’America è un Paese senza mezze misure. Ma soprattutto è un Paese che sente ancora sotto la pelle quella perversa quanto inutile persecuzione messa su dal senatore Joseph McCarthy per scovare le spie comuniste, che c’erano, per carità, e che non si annidavano solo nei covi malfamati dei neri che non avevano nulla da perdere (ma non ci sono neri in questo film), o degli ebrei filo-sovietici perché anti-nazisti (in uno sterile ancorché coltivato dualismo), ma i comunisti c’erano anche nei salotti buoni dell’upper class wasp, dei bianchi benestanti e colti, quelli che facevano cultura e tendenza, pericolosi sovversivi che detenevano ruoli di potere nel mondo della comunicazione e dello spettacolo; il bel mondo di Hollywood fu scosso dal maccartismo, venivano incentivate ed estorte confessioni e delazioni a catena, e molte carriere furono stroncate insieme a tante vite, perché tanti furono i suicidi.

La sceneggiatura è dell’ebreo Arthur Laurents, già autore del libretto di “West Side Story” e finito anche lui fra le maglie del maccartismo; non stupisce quindi che con questo film voglia togliersi qualche sassolino dalla scarpa.

Il film gira intorno a questo. Sin dai tempi del college lei è un’ebrea attivista che cerca di aprire le menti dei suoi compagni sul pericolo della guerra imminente di Hitler e Mussolini (che nell’originale era il Franco della Spagna ma che nel doppiaggio italiano è diventato il nostro dittatore); lui è il classico bello del ballo, aitante sportivo e pure intelligente, dato che scrive meglio di lei e diventerà pure uno scrittore di successo, dopo aver fatto il suo dovere nelle forze armate. Una storia d’amore nel contesto di una Storia più grande: un sottogenere delle love story con cui Redford, sempre in collaborazione col regista Sydney Pollack, ha creato un proprio trittico, con “La mia Africa” nel 1985 con Meryl Streep e “Havana” nel 1990 con la svedese bergmaniana Lena Olin lanciata nel cinema internazionale due anni prima con “L’insostenibile leggerezza dell’essere”. E si sa che le love story piacciono sempre: è di tre anni prima la “Love Story” per eccellenza, quella che ha fatto piangere il mondo intero e che darà vita a un altro sottogenere, quello in cui lei o lui sono malati o menomati o morituri o moribondi.

Dispiace dirlo, oggi il film è datato. Si guarda con piacere, c’è la bellezza solare di Robert Redford coi suoi bei capelli biondi decolorati, che con questo film e il contemporaneo “La stangata” in coppia con Paul Newman verrà consacrato star; Barbra Streisand, invece, è già una star cantantattrice di successo: premio Oscar al suo debutto col musicale “Funny Girl” nel 1968, ex aequo con Katharine Hepburn premiata per “Il Leone d’Inverno” – e ricordiamo che l’anziana diva era stata premiata anche l’anno prima per “Indovina chi viene a cena?”

Discutibile anche la regia del pur valido Sydney Pollack. All’inizio esponente della “Nuova Hollywood” e del cinema indipendente anni ’60 che ha cominciato a esplorare nuove tematiche, come il disagio giovanile (Taxy Driver, Cinque Pezzi Facili), la condizione sociale della donna e la sessualità femminile (Una Moglie, Una Donna Tutta Sola), la riflessione revisionista sulle minoranze etniche (Soldato Blu, Piccolo Grande Uomo) e sulla guerra (Tornando a Casa, Il Cacciatore, Comma 22). Sydney Pollack, già regista dei bellissimi “Non si uccidono così anche i cavalli?” e “Corvo Rosso non avrai il mio scalpo”, scivola verso film più commerciali e passando per l’ancora impegnato “I tre giorni del condor” arriva a “Tootsie”, 1982, e ancor peggio all’inutile remake di “Sabrina” nel 1995. Con questo “Come eravamo” fa una commedia drammatica vecchio stile, anni ’50, come se il decennio precedente con tutte le sue rivoluzioni narrative e stilistiche fosse passato invano. Barbra Streisand si mette a letto col maquillage perfetto, per dirne una, ed entrambi i protagonisti, che interpretano i loro personaggi in un arco di un trentennio, non cambiano in nulla: sono fuori luogo sui banchi del college, lui ha 37 anni e lei ne ha 31, e anche quando dovrebbero essere cinquantenni mostrano sempre quella stessa età (solo lei, vezzosamente, cambia le pettinature): non è soltanto archeologia dell’immagine cinematografica o delle tecniche di make-up, ma propriamente archeologia narrativa, come se lei fosse ancora una Barbara Stanwyck e lui un Gary Cooper. Detto questo, il film alla sua uscita fu un grande successo, a lei valse un David di Donatello in Italia e un’altra candidatura agli Oscar che però andarono solo alla colonna sonora e alla canzone “The way we were”, cantata da Barbra, di Marvin Hamlisch.

Vale la pena ricordare che mentre questo film nei primi anni ’70 rifletteva sul maccartismo dei loro anni ’50, da noi negli stessi anni ci fu una vera guerra civile, con attentati e omicidi, sia di stampo fascista che comunista, i cosiddetti “anni di piombo”, dal titolo del film del 1981 di Margarethe Von Trotta sull’estremizzazione del pensiero politico nella sua Germania; e mentre il Regno Unito faceva i conti coi terroristi dell’Ira e la Spagna coi terroristi baschi, Da noi tra il 1968 e il 1974 furono compiuti 140 attentati, e oggi 9 maggio 2020, giornata dedicata alla Memoria delle Vittime del Terrorismo, fra i più cruenti possiamo ricordare:

  • 12 dicembre 1969: strage di piazza Fontana a Milano (17 morti e 88 feriti)
  • 22 luglio 1970: strage di Gioia Tauro (6 morti e 66 feriti)
  • 31 maggio 1972: strage di Peteano a Gorizia (3 morti e 2 feriti)
  • 17 maggio 1973: strage della Questura di Milano (4 morti e 52 feriti)
  • 28 maggio 1974: strage di piazza della Loggia a Brescia (8 morti e 102 feriti)
  • 4 agosto 1974: strage dell’Italicus (treno espresso Roma-Brennero, 12 morti e 105 feriti)
  • 2 agosto 1980: strage della stazione di Bologna (85 morti e 200 feriti).
  • Senza dimenticare il 16 marzo 1978 quando furono uccisi 2 carabinieri e 3 poliziotti della scorta del giurista Aldo Moro che fu ucciso 55 giorni dopo.

Quindi per noi spettatori italiani con le città presidiate dall’esercito, quel film al cinema non era altro che una favoletta romantica, con una bella canzone e una coppia di attori glamour. E oggi in tv rimane la stessa favoletta che ha perso anche lo smalto del suo bel tempo che fu.

Ma per chiudere in leggerezza ricordiamo alcuni film italiani di quel 1973:

  • “Amarcord” di Federico Fellini
  • “Il delitto Matteotti” di Florestano Vancini
  • “Film d’amore e d’anarchia” di Lina Wertmüller
  • “Paolo il caldo” di Marco Vicario
  • “Giordano Bruno” di Giuliano Montaldo
  • “Lucky Luciano” di Francesco Rosi
  • “La grande abbuffata” di Marco Ferreri
  • “Ludwig” di Luchino Visconti
  • “Polvere di stelle” di Alberto Sordi

Ma anche:

  • “Sessomatto” di Dino Risi
  • “L’ultima neve di primavera” di Raimondo del Balzo
  • “Piedone lo sbirro” di Steno
  • “Malizia” di Salvatore Samperi
  • “Giovannona Coscialunga disonorata con onore” di Sergio Martino
  • “Bella, ricca, lieve difetto fisico cerca anima gemella” di Nando Cicero
  • “Elena sì… ma di Troia” di Alfonso Brescia
  • “Quant’è bella la Bernarda, tutta nera, tutta calda” di Lucio Dandolo

Solo per dovere di cronaca!