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Ad Astra, per aspera

Il titolo latino la dice lunga sulle velleità autoriali del film: per l’americano medio il latino è come per noi l’egiziano coi geroglifici, ma per fortuna sul cartellone campeggia Brad Pitt in tuta spaziale. La frase latina completa è “per aspera ad astra”, sino alle stelle attraverso le asperità: e ci sta tutta, perché il film è questo, un viaggio fra le stelle attraverso grandi problemi da risolvere. Una storia di formazione. Ma anche, soprattutto, una storia padre-figlio. Un figlio cresciuto nel mito dell’eroico padre scomparso trent’anni prima, ma poi i fatti raccontano che il padre non è l’eroe creduto e infine, nell’incontro-confronto, scopriremo che i fatti non sono quelli narrati e creduti, ma quelli che il vecchio sperduto deve ancora raccontare. Storie che emozionano ma anche storie già raccontate. Una storia che avrebbe potuto essere collocata nel medioevo vichingo, o fra i viaggiatori alla scoperta delle Americhe, dell’Africa, dell’emisfero australe; potrebbe anche ambientarsi durante la Seconda Guerra Mondiale dove un militare resta sperduto e isolato su un atollo del Pacifico a combattere la sua guerra personale in un mondo che è andato oltre…

James Gray, sceneggiatore e regista, ambienta questa storia fra le stelle. In un futuro non specificato la Terra ha già colonizzato la Luna e Marte per andare oltre, verso Nettuno, il pianeta più lontano dal Sole, quello dove si è perso il Padre con tutta la sua spedizione esplorativa e da dove, adesso, arrivano potenti scariche elettromagnetiche che a lungo andare distruggeranno la Terra e le sue colonie con tutti gli esseri umani. Qui comincia l’avventura del Figlio.

Lo spazio, scelto come scenario della storia già nota, a parte un paio di necessarie scene adrenaliniche, scorre piatto senza raccontarci nulla di nuovo sul genere film spaziali. Tutto già visto, aleggia addirittura una sensazione di vecchiume: i terrestri del futuro stanno ancora cercando altre forme di vita nell’universo, mentre il cinema ce ne ha già raccontate di ogni genere; senza parlare dei programmi scientifici tv che affermano la realtà di basi aliene nel sottosuolo di Antartide e nel sottomare dell’Oceano Pacifico, di autopsie su cadaveri alieni, di incontri ravvicinati di qualsiasi tipo, di alieni che sono fra noi… insomma, il cinema e la realtà sono molto oltre questo racconto.

Resta l’eccellente interpretazione di un Brad Pitt (in contemporanea al cinema in “C’era una volta.,. Hollywood”) che qui, fattosi anche produttore, attraversa praticamente da solo lo spazio stellare e lo spazio del film dove affronta con grande intensità tutte le asperità e tutti i monologhi che sono la parte preponderante della scrittura del film. Ricordiamo che il monologo, nato a teatro, è un espediente retorico per dare modo a un personaggio di raccontarsi e di raccontare in mancanza di un secondo soggetto con cui dialogare. Nessuno nella vita reale monologa, qualche imprecazione, certo, magari qualche considerazione davanti lo specchio o qualche confidenza fatta all’animale da compagnia, ma mai monologhi letterari e poetici e intensi come “Vengo spinto sempre più lontano dal sole verso di te!”… Anche i poveri fuori di testa che parlano da soli per strada sanno essere più discreti.

La prima parte del film è accesa dalla presenza dal grande vecchio Donald Sutherland al quale bastano poche occhiate delle sue per dare un senso a quel segmento di storia. Nell’ultima parte del film finalmente troviamo, insieme al Figlio, il grande Padre, finora intravisto nei ricordi e nei filmati: un Tommy Lee Jones intensissimo e secondo me anche da Oscar: in una sequenza troppo breve racconta la sua storia anche solo con gli occhi perché James Gray non gli ha scritto niente di più. Personalmente avrei gradito un incontro fra Padre e Figlio di più grande respiro, magari con un po’ di retorica, certo, ma sicuramente più conforme alle mie aspettative di spettatore che per due ore si è sorbito i monologhi di Brad e poi non mi danno neanche il piacere di un bel dialogo-incontro-scontro un po’ più intenso e meno frettoloso.

Altri interpreti sparsi e spersi nel film sono: Liv Tyler come moglie sfranta dall’assenza di un marito sempre in missioni monologanti; Ruth Negga come marziana DOP, nata sul pianeta rosso da colonizzatori terrestri; John Finn, LisaGay Hamilton e John Ortiz come militari d’alto rango che mandano il nostro fra le stelle; Greg Bryk e Loren Dean come compagni di viaggio. Film pretenzioso nella scrittura ma deludente nei fatti, per quanto non brutto e molto ben fatto. Per i fan di Brad Pitt ma non per quelli di fantascienza.