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Comandante

Edoardo De Angelis è un regista napoletano, anzi un autore, da tenere d’occhio; e la napoletanità non è solo una nota biografica ma lo specifico della sua cinematografia. In una decina d’anni ha realizzato cinque film in una parabola crescente sia dal punto di vista dell’impatto su critica e pubblico che su quello prettamente stilistico. Si è diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia nel 2006 con il cortometraggio “Mistero e passione di Gino Pacino” dove racconta in napoletano stretto la storia surreale di un uomo che sogna di fare l’amore con Santa Lucia e che per il senso di colpa perde la vista: parabola tragica e grottesca; cortometraggio che va a finire in Serbia al “Küstendorf Film and Music Festival” dove, vincendo il premio della critica, incontra Emir Kusturica che lo supporterà nella realizzazione del primo lungometraggio, co-producendone nel 2011 l’opera prima “Mozzarella Stories”, Luca Zingaretti fra gli altri, una storia altrettanto grottesca e visionaria che continua a muoversi nell’ambiente partenopeo raccontando però una storia originalissima, che all’epoca pochi hanno visto ma che non passa inosservata alla critica; Francesco Alberoni scrisse sul “Corriere della Sera”: “Gli artisti spesso intuiscono il senso dei tempi. Lo ha fatto Edoardo De Angelis nel suo bellissimo e divertente film”. Un film che oggi varrebbe la pena recuperare.

Il talentuoso autore non perde tempo e con l’amico Pierpaolo Verga fonda la casa di produzioni “O’Groove” con la quale realizza nel 2014 il noir napoletano “Perez.”, Zingaretti protagonista, film col quale arrivano i primi riconoscimenti importanti: ai Nastri d’Argento viene candidato per il miglior soggetto e si aggiudica due premi, a Zingaretti va il Premio Hamilton Behind the Camera e a Simona Tabasco nel ruolo di sua figlia il Premio Guglielmo Biraghi; oltre al Globo d’Oro sempre al protagonista.

Nel 2016 dirige un episodio dei tre del collettivo “Vieni a vivere a Napoli” e l’intenso, tragico e doloroso, “Indivisibili”, che nella storia di due gemelle siamesi ritrova uno sprazzo di grottesco, ma ancora più amaro e feroce: le due gemelle si esibiscono come cantanti “fenomeno” nelle feste di paese, sfruttate dalla famiglia in un ambiente di squallida periferia partenopea, e arriva una caterva di altri riconoscimenti fra candidature, su cui sorvolo, e premi ricevuti: 6 David di Donatello, 6 Nastri d’Argento, 6 Ciak d’Oro, un Globo d’Oro, 4 premi minori al Festival di Venezia e altri 3 al Bari International Film Festival. Il 2018 è l’anno di un altro film di storie dolorose e di solitudini ancora ai margini del capoluogo campano, “Il vizio della speranza” e sono altri riconoscimenti fra cui finalmente quello al miglior regista, ma lontano, al Tokyo International Film Festival, che non è poco. Nel 2020 si dedica al teatro con una “Tosca” per il teatro San Carlo di Napoli, e la televisione realizzando per la Rai il primo di una trilogia delle commedie “in famiglia” di Eduardo De Filippo: “Natale in casa Cupiello” cui seguiranno “Non ti pago” e “Sabato, Domenica e Lunedì”. Il biennio 2021-22 lo dedica alla serie Netflix “La vita bugiarda degli adulti” dal romanzo di Elena Ferrante.

E si arriva a questo “Comandante” con un triplo salto mortale: è il primo film che De Angelis gira lontano da Napoli, è il primo film italiano moderno ambientato in un sottomarino (c’è un precedente del 1955 che diremo) ed è il suo primo con un budget da film internazionale: 14 milioni e mezzo di euro con il pieno sostegno della Marina Militare che ha aperto alla produzione i suoi archivi con i diari di bordo di Salvatore Todaro, il personaggio protagonista interpretato da Pierfrancesco Favino sempre più a suo agio nel riprodurre le cadenze e i dialetti dei personaggi biografici che sempre più spesso interpreta. Alla sua uscita nell’autunno 2023 il film ha incassato poco più di 3 milioni restando assai lontano dal suo costo ma c’è ancora da rifarsi con i diritti tv – al momento è su Paramount+ – con lo streaming, i DVD, il mercato estero su cui non è ancora uscito e il probabile ritorno di fiamma nel pubblico di casa nostra dopo gli eventuali auspicabili premi nostrani.

il vero Salvatore Todaro

Pur iscrivendosi di diritto nel genere bellico, e nel sottogenere sottomarini, il film è crepuscolare, intellettuale, poetico. De Angelis continua la sua ricerca sui personaggi a disagio nel loro contesto, e con lo scrittore Sandro Veronesi che debutta come sceneggiatore, scrive un film con dialoghi e monologhi che hanno una cadenza da tragedia classica dove al protagonista si contrappone un coro, con momenti surreali, come quando tutti, comandante in testa, marciano cantando e ritmando “Parlami d’amore Mariù” come dedica d’amore alle donne che avevano lasciato a casa, e dedicata dal compositore Nino Bixio alla propria moglie, su testo di Ennio Neri per il film “Gli uomini, che mascalzoni…” diretto da Mario Camerini nel 1932 e per la voce del 30enne Vittorio De Sica; la canzone ebbe così tanto successo da divenire per tutti gli italiani un inno all’amore che successivamente fu cantata dai più grandi, anche della lirica.

Coraggiosi momenti surreali, nel film, e grotteschi persino, che si integrano perfettamente nella narrazione riuscendo a coinvolgere ed emozionare, perché il linguaggio alto e ricercato, poetico, da tragedia classica appunto, si sporca dei tanti dialetti che il sommergibile contiene nella sua varia umanità, così sintetizzato dal personaggio del comandante: “Questa è l’Italia unita. Arriva qui un livornese, un siciliano… sono più che stranieri, sono abitanti di due pianeti diversi, e lontani per lingua, cultura, temperamento… eppure proprio il crogiolo di tutti i dialetti, i piccoli manufatti e le grandi opere dell’ingegno, e le ottuse credenze pagane, la rivoluzione egualitaria del cristianesimo e le vecchie reliquie – si sono fusi… è il nostro tesoro. Proprio questo bordello, meraviglioso, e putrido, è l’Italia”: è un’altissima scrittura cinematografica che riesce a mettere insieme ispirazione letteraria e lingua parlata, con monologhi che potrebbero anche diventare repertorio da provino per attori e attrici – perché in un film necessariamente tutto al maschile non mancano le figure femminili: le brevi scene come cartoline ricordo della moglie del comandante, interpretata da Silvia D’Amico, e il monologo della donna che sul pontile guarda partire i marinai, monologo che è valso alla sua interprete Cecilia Bertozzi il Premio David Rivelazioni – Italian Rising Stars, un monologo recitato con voce fuori campo, come un pensiero, e che comincia: “Questo vento, io lo so dove li soffia tutti questi ragazzi, li soffia a morire…” giusto per dare qui il sapore del lirismo della scrittura di De Angelis e Veronesi, che dopo aver concluso il film hanno novellizzato la sceneggiatura per Bompiani.

Immagino che per questa sua scrittura che guarda dentro i cuori e le menti piuttosto che mostrare muscoli, il film potrà piacere più in Europa, e in Giappone dove l’autore è già stato premiato, che in quegli Stati Uniti che tanti film hanno dedicato ai sottomarini. Detto questo il film non manca di pathos e di tensione narrativa in un equilibrio assolutamente magistrale che esplora il limite fra la cieca obbedienza militaresca e la lungimirante pietas umana, con i tanti momenti riflessivi che si alternano a quelli d’azione e tensione: un gran film che secondo me non è stato compreso a fondo. Era in concorso al Festival di Venezia, anche come film d’apertura sostituendo il già programmato “Challengers” – il film americano di Luca Guadagnino la cui uscita è stata posticipata dalla Metro-Goldwyn-Mayer a causa dello sciopero degli attori – ma lì non ha ricevuto nessun premio, neanche minore; ricordiamo che il Leone d’Oro è andato a “Povere Creature” di Yorgos Lanthimos, mentre due Leoni d’Argento sono andati al giapponese Ryūsuke Hamaguchi per “Il male non esiste” e al nostro Matteo Garrone per “Io capitano” che si è aggiudicato anche il Premio Marcello Mastroianni per il debuttante senegalese Seydou Sarr, film che è anche candidato negli Stati Uniti come miglior straniero al Golden Globe e all’Oscar. Film che non ho ancora avuto l’opportunità di vedere. In ogni caso, da quello che leggo, troppa roba con cui confrontarsi, ma io resto un fan di questo film al quale auspico di rivalersi nei prossimi premi nazionali.

Il regista col protagonista

Riguardo ad alcune critiche sul web ne trovo un paio a firma femminile che ideologicamente, e per partito preso, accusano il film d’essere “testosteronico” e ironizzano sulle poche figure femminile come “prefiche”, senza minimamente aver compreso il film sul piano artistico e cinematografico: l’ideologia acceca ed è sciocco volere immaginare, e fin anche pretendere, figure femminili più importanti in una storia che non ne contiene: è come quel politically correct che pretende di rivedere storie e personaggi che appartengono a un’epoca in cui il politically correct non esisteva.

il Cappellini originale

Gran lavoro per lo scenografo Carmine Guarino, concittadino e collaboratore di De Angelis fin dal di lui debutto. Ha ricreato una copia a grandezza naturale del sommergibile Comandante Cappellini il cui nome completo era “Comandante Cappellini – Aquila III – U. IT. 24 – I. 503”. Tranne qualche rara immagine dello scafo non esistono fotografie dell’interno, che è stato costruito nel parco divertimenti Cinecittà World utilizzando come materiale di partenza la replica di un U-Boot costruita per il film statunitense del 2000 “U-571” diretto da Jonathan Mostow, mentre lo scafo esterno è stato costruito col supporto della Marina Militare e di Fincantieri nel bacino navale dell’Arsenale Militare di Taranto, nel cui mare ha poi navigato come una scatola vuota per le riprese esterne. Le riprese subacquee si sono svolte nel Mare del Nord al largo del Belgio da cui provengono alcuni dei personaggi e degli interpreti del film. Mentre gli effetti visivi, che hanno preso il 10% del budget, sono stati curati dall’americano Kevin Tod Haug, fedele collaboratore di David Fincher: un titolo su tutti “Fight Club”, 1999. La curiosità è che il Cappellini è comparso, sempre in copia più o meno conforme, nel 1954 nel film “La grande speranza” di Duilio Coletti; nel film tv anglo-tedesco “L’affondamento del Laconia”, un transatlantico inglese convertito al trasporto di truppe e prigionieri che fu affondato dai tedeschi nel 1942, con il Cappellini che fra altri soccorse i naufraghi; c’è poi un altro film tv del 2022 giapponese “Sensuikan Cappellini-go no boken” che però parte da un aneddoto per raccontare una storia di fantasia. E anche il film di De Angelis, come tanti altri film storici, è incorso in qualche errore o anacronismo: viene usato l’Inno dei Sommergibilisti che però fu creato un anno dopo la vicenda narrata.

Per comporre il cast l’autore partenopeo affida ai suoi fedeli i ruoli principali: il napoletano Massimiliano Rossi, fin qui sentito recitare solo in napoletano più o meno stretto, e col regista fin da “Mozzarella Stories”, è il comandante in seconda e intimo amico del protagonista col quale comunica – primizia assoluta – in dialetto veneto; e ricordiamo che il comandante Todaro era per nascita messinese ma trasferito a Chioggia con la famiglia allo scoppio della Prima Guerra Mondiale; Gianluca Di Gennaro, nipote del cantante Nunzio Gallo, che ha cominciato a recitare da bambino vent’anni fa, qui alla sua prima collaborazione con De Angelis nel ruolo del marinaio Vincenzo Stumpo che dà la vita per salvare l’intero equipaggio, con un altro bellissimo monologo interiore mentre sott’acqua disincaglia il sommergibile da una mina inesplosa: “Andate voi, andate… tanto io sono morto… e che me ne fotte a me?” si conclude il suo monologo. A un altro giovane napoletano, Giuseppe Brunetti, va il ruolo del cuoco di bordo Gigino il Magnifico, già con De Angelis nel televisivo Rai “Natale in casa Cupiello” e anche nella serie Netflix “La vita bugiarda degli adulti”, della cui scrittrice Elena Ferrante è stato anche nel cast della terza stagione della serie Rai “L’amica geniale” creata da Saverio Costanzo. I naufraghi belgi che il Comandante accoglie nel sommergibile sono interpretati da Johannes Wirix, che avendo studiato recitazione presso l’Accademia Silvio D’amico a Roma nell’ambito del Progetto Erasmus, recita anche in italiano e nel film fa da traduttore; Johan Heldenbergh interpreta il suo capitano e Lucas Tavernier è il marinaio belga infame, per usare un termine partenopeo.

Completano il cast Arturo Muselli, noto al pubblico televisivo per il suo ruolo nella serie Sky “Gomorra”; l’ex bambino Giorgio Cantarini che a 5 anni ha esordito come figlio di Roberto Benigni nel film premio Oscar “La vita è bella” aggiudicandosi come primo italiano, e come più giovane, il premio Young Artist Award scherzosamente detto Kiddie Oscar, e che tre anni dopo fu anche in un altro film da Oscar come figlio di Russell Crowe in “Il Gladiatore” di Ridley Scott, e oggi ventenne sta cercando una nuova collocazione artistica; per la rappresentanza siciliana c’è Giuseppe Lo Piccolo che abbiamo visto nell’opera prima di Giuseppe Fiorello “Stranizza d’amuri”. In un cameo l’87enne Paolo Bonacelli.

“Comandante”, titolo assoluto impegnativo ed esplicativo, è anche titolo di altri due film: il documentario del 2003 di Oliver Stone su Fidel Castro, e con l’articolo il fu un film con Totò del 1963. Questo di Edoardo De Angelis, oltre che a mio avviso bello, è anche importante in quanto film bellico biografico, e anche necessario, per conservare la memoria della storia e dei fatti, complessi e schizofrenici, che ci hanno condotto fin qui, a oggi. Dove noi siamo culturalmente più schizofrenici che complessi.