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Noi donne siamo fatte così

1971. Un titolo che è di per sé un manifesto, una dichiarazione di status e di intenti, ma che fallisce entrambi i punti perché in una buona metà degli episodi non è protagonista la donna con il suo sbandierato modo di essere bensì la situazione del racconto, a volte sviluppata in una vera e propria trama ma per lo più sono episodi che rimangono situazioni senza sviluppo narrativo, sketch, scenette da varietà televisivo, barzellette. E la donna è solo il mezzo espressivo. E’ un peccato perché l’occasione era ghiotta: Monica Vitti protagonista assoluta di uno di quei film a episodi tanto in voga all’epoca, che nel 1963 avevano avuto come protagonista femminile Sofia Loren in “Ieri, oggi, domani” diretta da Vittorio De Sica e accompagnata passo passo dal coprotagonista Marcello Mastroianni. Qui dirige Dino Risi e non c’è spazio per coprotagonisti maschili, e dove il ruolo di comprimario in pochi casi si fa importante viene affidato a differenti attori, che in ordine di apparizione sono: Enrico Maria Salerno, Carlo Giuffrè, Ettore Manni.

Donna oggetto con Enrico Maria Salerno in “Zoe – Romantica”

12 episodi per 112 minuti di film, in media 9,33, con episodi più lunghi e complessi, veri cortometraggi, e altri davvero veloci come siparietti, il primo dei quali in apertura del film è anche muto, che offrono a Monica Vitti l’occasione di cimentarsi in 12 ritratti diversi in cui recita credibilmente con diverse cadenze regionali e interpreta anche un’americana, una tedesca e una hostess poliglotta. Gli episodi vengono introdotti da un cartello che li intitola col nome della donna protagonista e solo nei titoli di coda si apprende che ogni episodio aveva un titolo proprio, che come si vuole in narrativa introduce allo spirito del racconto più del semplice laconico nome femminile.

Siciliana vittima-carnefice in “Alberta – Il mondo cammina” con Carlo Giuffré

Da “Noi donne siamo fatte così” ci si aspetta un film che nei suoi episodi racconti la donna nei suoi molteplici e complessi aspetti, anche pre rivoluzione settantottina, anche nel tono grottesco che si è scelto e nel quale la protagonista è notoriamente a suo agio. In realtà sono donne che più che raccontare come sono fatte, dunque dal loro punto di vista, raccontano storie totalmente maschili in cui la donna, per lo più, rimane la costola di un Adamo che si avvia in quegli anni settanta a essere seriamente messo discussione, e dunque il film è già vecchio e fuori fuoco già alla sua uscita nelle sale.

Ancora donna oggetto in “Teresa – Schiava d’amore” con Ettore Manni

Unici riferimenti alla realtà del tempo: una veloce battuta sul divorzio, legalizzato in Italia l’anno prima, ed evidentemente non ancora metabolizzato dagli autori tanto da spingerli a scriverci sopra un intero episodio; lo sciopero delle lavoratrici di un biscottificio; la guerra del Vietnam; la citazione del programma radiofonico “Chiamate Roma 3131” qui adattato in “Chiamate Roma 2121”, un episodio che pericolosamente fa l’apologia dello stupro. C’è poi il ritratto di una coppia iper moderna della Roma bene, come si dirà all’epoca in seguito al successo del film di critica sociale “Roma bene” di Carlo Lizzani, di quello stesso anno; coppia aperta che vanta libere frequentazioni erotiche extra coniugali ma che alla fine danno sfogo alla loro intima natura di siciliani, ovviamente gelosi come la narrativa pretende, e si uccidono a vicenda. In questo episodio la Vitti fa di nuovo la coppia siciliana creata con Carlo Giuffré che l’aveva disonorata in “La ragazza con la pistola” diretto da Mario Monicelli tre anni prima, grande successo che in qualche modo ridisegnò la sua immagine presso il pubblico, dopo che era stata per il compagno di vita Michelangelo Antonioni musa della tetralogia detta dell’incomunicabilità. Il resto sono ritratti di donne senza tempo occasionalmente inserite in un luogo specifico per darle la possibilità di sfoggiare calate dialettali diverse, compreso il napoletano dell’episodio “Annunziata” ovvero “Mamma” in cui è madre di 22 figli e orecchia l’episodio “Adelina” di “Ieri, oggi, domani” ispirato a un reale fatto di cronaca.

Dirige Dino Risi, maestro della commedia con le unghie affilate che ha già firmato capolavori come “Il sorpasso” e fra i film a episodi “I mostri”; ma qui il suo sguardo cinico e tagliente non basta a dare spessore a una serie di barzellette. Un film ancora gradevole per la presenza di Monica Vitti e che, dati i numerosi anche brevi episodi, si può vedere a tempo perso, magari facendo zapping quando nel canale in visione c’è la pubblicità. Nel complesso uno di quei film a episodi troppo legati alla fantasia maschile e maschilista degli autori – Age e Scarpelli, lo stesso Dino Risi, Ettore Scola, Rodolfo Sonego, Luciano Vincenzoni, Giuseppe Catalano, più un anonimo che firma “Eliana – La guerra del Vietnam” che potrebbe celare la stessa Monica Vitti, corrispondente di guerra italiana gravemente mutilata, nell’ospedale da campo in Vietnam, che al presidente americano in visita rivolge un fulminante “…li mortacci tua!”. Il film fu praticamente ignorato nelle sale, mentre la critica salva il mestiere della Vitti e non infierisce sul prodotto. Monica Vitti si rifarà inanellando tre successi: “La Tosca” diretta da Luigi Magni, “Teresa la ladra” diretta dal suo compagno Carlo Di Palma e “Polvere di stelle” di e con Alberto Sordi.

Una giovanissima Ileana Rigano, accreditata come Riganò, nel ruolo muto ma essenziale della graziosa camerierina della coppia siciliana Vitti-Giuffré