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Pompei

Con la regia di Paul W. H. Anderson è arrivato l’ennesimo film su Pompei che stavolta al catastrofico sposa il 3D ma va benissimo anche in 2D: per chi ama il genere è sicuramente un grande spettacolo. Ovviamente la storia è solo un pretesto e mette in campo tutte le maschere necessarie: i buoni sono buoni con la B maiuscola e i cattivi sono cattivi con la C molto minuscola. C’è l’eroismo, l’amore, la lotta di classe, la lotta fisica, gli intrighi politici, l’azione, gli inseguimenti fra cavalli e quadrighe – il tutto ben shakerato ma senza badare troppo alle sottigliezze narrative perché lo spettacolo vero è il Vesuvio che esplode, momento che tutti attendiamo, come attendevamo a suo tempo l’affondamento del Titanic (ma lì James Cameron se la prese molto più comoda…) e il disastro vale il costo del biglietto.

D’altro canto si può dire che il protagonista, quel Kit Harington che arriva dritto dritto dal sontuoso “Trono di Spade” televisivo, è anche qui come lì un eroe con la faccia da bravo ragazzo che se anche mena botte da orbi, nelle vesti di uno schiavo fatto gladiatore (e se ti ricorda l’altro successo tv “Spartacus” sei sulla buona strada) resta sempre con la sua espressione da bravo ragazzo che capita nei kolossal come per caso.

L’antagonista è invece un cattivissimo Kiefer Sutherland che dopo il decennale successo planetario del thriller poliziesco “24”, anch’esso televisione di gran classe, in tv ci ha riprovato col fanta-filosofico “Touch” chiuso però dopo due stagioni; dunque il nostro ex eroe è in cerca di congrua ricollocazione e riciclarsi al cinema come cattivo di lusso mi sembra una buona strada: d’altronde non ha debuttato, da ragazzo, come carogna nel bellissimo “Stand By Me”? Ma Kiefer, al contrario di suo padre Donald Sutherland, non è un grande attore e qui indossando costumi d’epoca si atteggia e gigioneggia (e anche, malgrado lui, finocchieggia) con gesti ampi e recitazione enfatica, credendosi forse un redivivo Laurence Olivier: mai morte sul grande schermo fu più meritata.

Altro volto noto è Carrie-Anne Moss che quando la vedi elegantemente incedere nel suo peplo di sobria matrona di provincia ti dici: Oddio, questa dove l’ho vista? Ebbene, l’hai vista qualche anno e qualche ruga fa come algida e acrobatica protagonista femminile della trilogia “Matrix”: qui ritorna in un kolossal ma nelle vesti, ormai, di trepida mamma della bambolina protagonista Emily Browning sulla quale posso solo dire: certe labbra può permettersele solo Angelina. Per finire vale la pena ricordare il gigantesco attore nero Adewale Akinnuoye-Agbaje che si è fatto conoscere e apprezzare prima nella serie carceraria tv “Oz” e poi nel fanta-polpettone-fregatura “Lost” e fra cinema e tv si è ritagliato un ruolo di gran caratterista, versatile e sensibile a dispetto del suo fisicaccio: qui è il gladiatore antagonista che poi inevitalmente diventa amico del protagonista buono con la faccia del bravo ragazzo (e se ti ricorda ancora “Spartacus” sei sempre su quella stessa buona strada) e gli resterà al fianco, nell’arena e nel disastro piroplastico, fino alla fine. Avvertenza: non dimenticare il popcorn, va giù che è una meraviglia.