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Tulipani: love, honour and a bicycle

Visto al Film Fest Gold Elephant World 2019 dove era in concorso e dove ha vinto come Miglior Film Europeo è davvero una piacevolissima sorpresa, diretto dall’olandese Mike van Diem già premio Oscar con “Character” come Miglior Film in lingua straniera nel già lontano 1997. Quel film non è mai stato distribuito in Italia e quindi non conoscevo neanche il regista che qui trova coproduttori italiani per una storia che parte dall’Olanda per approdare nella Puglia degli anni ’80. Una storia bizzarra con toni da commedia grottesca che, grazie a una felicissima scrittura, si incastrano felicemente in un contesto da favola per adulti dove non manca nulla, dal sogno come spinta di vita alla beffa finale al cattivo di turno, passando per un’indagine su un omicidio che forse omicidio non è.

Ksenia Solo arriva dal Canada in Puglia per spargere le ceneri della madre che di quella terra era originaria e qui comincia l’avventura, il racconto nel racconto, che partendo dalla sua disavventura recente nella quale si è letteralmente bruciata le chiappe, scopriamo tutto il mondo che c’era e che c’è: il suo padre sconosciuto, Gijs Naber, che scappando dalla sua terra alluvionata in Olanda si mette in bicicletta e in soli 5 giorni – ma la memoria che racconta reinventa, e questo è un altro punto forte dell’intelligente sceneggiatura – raggiunge la Puglia dove il caso gli fa scegliere la terra dove piantare i bulbi di tulipano che si è portato dietro. Da qui prende l’avvio una serie di eventi perfettamente incastrati in cui dei personaggi ben disegnati animano felicemente la trama di un allegro thriller che non perde mai un colpo narrativo e giunge alla conclusione in cui tutto torna, adeguata alla bella favola che è.

Felicissimo anche il cast diretto con mano sicura dal regista olandese in un film in cui si parla, oltre all’olandese, l’inglese e l’italiano, con ampie porzioni di pugliese. Come punto centrale dell’intricata vicenda primeggia una Lidia Vitale mai abbastanza valutata dal nostro cinema, vista di recente del cast della serie comedy Sky “Romolo+Giuly” e qui davvero al meglio della sua espressività artistica. Michele Venitucci, altro nome da tenere in considerazione e con un curriculum di tutto rispetto, è suo figlio Vito interpretato da bambino da Gianni Pezzolla. Il più noto Giorgio Pasotti in libera uscita dal Mulino Bianco, nei panni di un fabbro amico dell’olandese è qui forse al suo primo ruolo non borghese e se la cava egregiamente benché come fabbro che batte sull’incudine avrei visto meglio un fisico più massiccio. Donatella Finocchiaro è sua moglie, in un ruolo un po’ in ombra ma decisivo ai fini del racconto. Anneke Sluiters è il grande amore dell’olandese e Totò Onnis, pugliese doc, ha qui la sua bella occasione come mafioso in completo bianco e panama, un po’ macchietta, come è dovuto in una favola, ma abbastanza minaccioso da essere sempre credibile come l’intero cast, in una recitazione che armoniosamente passa dal naturalismo al grottesco grazie a una sceneggiatura di ferro e una regia superba. Chiude il cast Giancarlo Giannini in uno di questi suoi ruoli da terza età dove si diverte a tratteggiare dei cameo che con la sua interpretazione acquistano un altro status.

E’ prevista l’uscita estiva dato che quest’anno il cinema è “aperto per ferie” e raccomando assolutamente la visione di questo film intelligente e leggero ma con tanti significati nascosti.