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Mimì metallurgico ferito nell’onore

1972. Con questo successo di pubblico e critica comincia il fruttuoso sodalizio, che li porterà all’Oscar, tra la sceneggiatrice regista Lina Wertmüller e Giancarlo Giannini, insieme a Mariangela Melato.

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Maria Signorelli con i suoi burattini

Lina – all’anagrafe Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, romanissima, figlia di un potentino, con un cognome che le arriva da lontane radici aristocratiche elvetiche – viene dall’accademia teatrale del russo italianizzato Pietro Sharoff e poi, per alcuni anni, sarà animatrice e regista del teatro dei burattini di Maria Signorelli; un’impronta, questa dei burattini, che segnerà il suo stile sempre intriso di una visione grottesca della vita in cui i suoi personaggi si muovono, agiscono e parlano, come burattini: più maschere che personaggi realistici, più rappresentazione di un tipo in senso assoluto che tipi di complessa umanità. Farà anche teatro, radio e televisione dove debutterà nel 1964 come co-sceneggiatrice e regista di “Il giornalino di Gian Burrasca” con Rita Pavone, che fra l’altro lancerà la canzone “Viva la pappa col pomodoro” parole della Wertmüller e musica di Nino Rota.

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Nel cinema sarà aiuto di Federico Fellini (“La dolce vita” e “8 1/2”) e debutta come regista cinematografica nel 1963 con “I basilischi”, un ritratto di accidiosi giovani di provincia, molto ispirato a “I vitelloni” del maestro, che se non le vale l’attenzione del pubblico attira però l’interesse della critica: premiata al Festival di Locarno e poi anche a Taormina e Londra. Dirigerà di nuovo Rita Pavone in “Rita la zanzara” e “Non stuzzicate la zanzara” e poi lo spaghetti-western con Elsa Martinelli “Il mio corpo per un poker” nascondendosi sotto lo pseudonimo Nathan Witch. Nel 1972 la svolta con “Mimì metallurgico” che le frutta la nomination Palma d’Oro al Festival di Cannes e consacra Giannini e la Melato: David di Donatello a lui e David speciale a lei, Nastri d’Argento e Globo d’Oro a entrambi come rivelazioni, e Grolla d’Oro solo per lui.

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Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, Mimì e Fiore, con i coloratissimi maglioni che lei fa e vende. Nei titoli: i costumi della Sig.na Melato sono di Enrico Job. Che è scenografo e marito di Lina Wertmüller.

Il film inaugura la felicissima accoppiata Giannini-Melato benché il protagonista sia solo lui, che interpreta il catanese Carmelo Mardocheo, diviso fra tre donne: la moglie Rosalia, la concubina milanese Fiore e l’amante napoletana Amalia. la storia, una commedia grottesca in cui i personaggi sono, come detto, delle marionette, o delle macchiette cinematograficamente parlando, si regge tutta sull’espressività dello spezzino cresciuto napoletano Giancarlo Giannini.

Mimì Metallurgico | ciaksicilia
Giannini con Agostina Belli con una folta parrucca nera che la rende quasi irriconoscibile

La sceneggiatura, brillante, accattivante, parte da una Catania grottesca dove si parlano ben tre dialetti: quello autoctono dei caratteristi locali, quello stilizzato e teatrale del prim’attore Turi Ferro che mette a servizio la sua maschera per interpretare diversi ruoli di mafiosi, tutti imparentati fra loro, tutti riconoscibili da tre nei a triangolo sulla guancia destra, simboleggianti il triangolo della Sicilia: riuscito simbolo della tentacolare mafia che insegue dovunque il povero protagonista. Il terzo dialetto è quello che io, da catanese, chiamo sicilianese, un dialetto costruito al cinema da autori e attori che siciliani non sono, finto e inesistente, quanto urticante per le orecchie sicule doc.

MIMÌ METALLURGICO FERITO NELL'ONORE movie seduction scenes |  re-edit/rescore – serenagiannini
Giannini stretto fra le braccia di Elena Fiore

Purtroppo Giannini parla il catanese che gli è stato scritto come meglio può, e non è il solo dato che gli fa da spalla come amico comunista il torinese Luigi Diberti. Così sul piano linguistico la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti ed è evidente che Lina non si è preoccupata più di tanto della credibilità, del resto la sua è una commedia grottesca. La catanese moglie di Mimì si chiama Rosalia e tutti i catanesi sanno che nessuna catanese si chiama Rosalia, dato che Santa Rosalia è la protettrice di Palermo mentre la protettrice di Catania è Sant’Agata e a Catania ci sono (c’erano, a dire il vero) tante Agata. Mimì, ferito nell’onore, si preoccupa che possa passare per frocio e ricchione, termini romano e napoletano, ma tutti sanno che a Catania si dice puppu e jarrusu. E lo stesso Mimì, zittendo la napoletana Amalia si lascia scappare un napoletanissimo statte szitta! Per il resto il film è un intelligente affresco di fatti sociali dell’epoca, alcuni mai debellati: la mafia appunto, il voto di scambio, l’emigrazione interna di lavoratori da sud a nord, il caporalato, le manifestazioni e le contestazioni, il tutto filtrato attraverso il colorato caleidoscopio di Lina Wertmüller che si farà stile personale.

DAVID COPPERFIELD sceneggiato RAI di grande successo del 1965
Giancarlo Giannini con Anna Maria Guarnieri in “David Copperfield”

Giancarlo Giannini aveva raggiunto la popolarità nel 1965 col televisivo “David Copperfield”, regia di Anton Giulio Majano che nel 1971 lo dirigerà di nuovo in “E le stelle stanno a guardare”. Il suo incontro con Lina W. è dovuto grazie ai due musicarelli con Rita Pavone la Zanzara, ma sul grande schermo si impone nel 1970 con “Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca)” di Ettore Scola, nel quale mette a punto il personaggio dell’operaio fulminato e instabile che tornerà a interpretare molte volte, soprattutto con Lina W.

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Mariangela Melato con Massimo Foschi in “Orlando Furioso” di Luca Ronconi

Mariangela Melato ha studiato pittura all’accademia di Brera e poi ha lavorato come vetrinista alla Rinascente per pagarsi le lezioni di recitazione. Raggiunge la fama interpretando Olimpia nel grandioso “Orlando Furioso” allestito da Luca Ronconi. Al cinema riceve la consacrazione con “La classe operaia va in paradiso” del 1971 col quale vince da protagonista il Nastro d’Argento e il David speciale cumulativo dei due film, La Classe Operaio e Mimì Metallurgico. Anche lei come Giannini avrà un successo internazionale e negli ultimi anni tornerà signora del teatro. Muore 71enne nel 2013 per un tumore al pancreas.

Agostina Belli con Alessandro Momo

Anche Agostina Belli aveva lavorato alla Rinascente di Milano, ma come segretaria negli uffici, e chissà se si erano mai incontrate con Mariangela Melato. Grazie alla sua indubbia bellezza ottiene delle particine nei musicarelli in voga all’epoca, e in alcuni polizieschi; ma il primo ruolo con cui riesce a farsi davvero notare è questo di Rosalia moglie di Mimì. Il ruolo migliore della sua carriera arriverà nel 1974 con “Profumo di donna” di Dino Risi, dove recita con Vittorio Gassman (che non le renderà facile l’impegno) e la giovane rivelazione Alessandro Momo che morì quasi 18enne in un incidente motociclistico alla fine delle riprese; per questa interpretazione verrà insignita del Globo d’Oro alla migliore attrice rivelazione, e in seguito riceverà molte proposte di cinema di qualità che declinerà tutte, preferendo una carriera più facile nella commedia all’italiana e nelle commedie sexy, forse consapevole dei suoi limiti: infatti la sua voce è stata sempre doppiata da altre attrici professioniste, pratica che all’epoca era ordinaria.

Mimì metallurgico ferito nell'onore | Giffetteria

La caratterista napoletana Elena Fiore, qui in un grottesco nudo sicuramente con controfigura, è la terza donna di Mimì, non desiderata ma voluta per ragioni d’onore. Lavorerà ancora con la regista e Giannini in “Film d’amore e d’anarchia” e “Pasqualino Settebellezze”. L’ultimo film in cui ha lavorato è “Il Marchese del Grillo” del 1981. Oggi è 92enne e non si hanno più sue notizie.

Tuccio Musumeci con Giancarlo Giannini

Anche Luigi Diberti, qui nel ruolo dell’amico Pippino, viene dal teatro e il suo primo ruolo importante è quello di Ruggero, ancora nell’ “Orlando Furioso” di Ronconi. Con ruoli da comprimario e caratterista avrà una lunga carriera equamente divisa fra teatro cinema e tv. L’altro amico di Mimì è l’integerrimo, in senso mafioso, Pasquale, interpretato dal caratterista etneo Tuccio Musumeci, oggi ottantenne primattore del teatro catanese. Un film importante questo Mimì, per la regista e per gli interpreti, e anche per la cinematografia italiana dove irromperà questo genere nuovo di commedia amara, venata di grottesco, e in cui non manca l’impegno sociale, che si pone a metà strada, e sempre in bilico, fra la commedia all’italiana e il cinema politico, in un’Italia vittima del terrorismo. Film di quello stesso anno sono “Il caso Mattei” di Francesco Rosi, “Il caso Pisciotta” di Eriprando Visconti e “Nel nome del padre” di Marco Bellocchio. Ma anche “Roma” di Fellini e poi tanti polizieschi e tutta una serie di Decameroni e di Canterbury e fimetti sexy al limite della pornografia. Erano anni di piombo e almeno al cinema ci si voleva divertire.