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Il successo – fratello minore di Il Sorpasso

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Dopo il clamoroso successo di “Il sorpasso” il produttore Mario Cecchi Gori avrebbe voluto un sequel ma i protagonisti erano morti e allora mise su quest’altro progetto tirando fuori dal cassetto fra le centinaia di sceneggiature un altro film che avesse come protagonista Vittorio Gassman a cui affiancare di nuovo Jean-Louis Trintignant, squadra vincente non si cambia, in una storia che raccontasse ancora il boom economico con la leggerezza della commedia, sulla scia del latino “castigat ridendo mores”, corregge i costumi ridendone, frase che si può leggere sui frontoni di alcuni teatri; una verità e una leggerezza che in quella stessa epoca non appartiene al moralista – suo malgrado data la sua storia personale – Pier Paolo Pasolini, censore censurato, che qua e là scriveva: “Che cos’è che ha trasformato i proletari e i sottoproletari italiani, sostanzialmente, in piccolo borghesi, divorati, per di più, dall’ansia economica di esserlo?” e “L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo.” fino a “L’ansia del consumo è un’ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l’ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero: perché questo è l’ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, a cui “deve” obbedire.” Non che avesse torto, sceglieva solo il tono sbagliato.

Interno borghese con Jean-Louis Trintignant, Anouk Aimée, Cristina Gaioni e Vittorio Gassman

Soggetto e sceneggiatura sono degli stessi Ettore Scola e Ruggero Maccari che insieme al regista Dino Risi avevano scritto “Il sorpasso”, ma laddove quel film di successo graffiava con eleganza, qui i dialoghi si fanno più grevi, il gallismo di matrice italica imperversa nonostante a contrasto ci sia una figura femminile importante, la moglie del protagonista, moderna ed emancipata, che rintuzza con paziente ironia le intemperanze verbali del marito; e l’intero andamento del film è più lento e meno accattivante di quello che si è voluto mettere come riferimento immediato, e critica e pubblico si sono trovati d’accordo nel non rinnovare il successo a questo film che sfacciatamente puntava di nuovo al successo già nel titolo. Lo stesso Dino Risi si defilò dalla regia forse perché subodorò il flop e di certo perché, elegantemente, non voleva che il suo nome venisse inserito in un pacchetto puramente speculativo e commerciale. La regia venne così affidata a Mauro Morassi, che nel cartellone ha il nome più piccolo dei comprimari che sono già più piccoli dei protagonisti, un regista rimasto oggi misconosciuto perché la sua cinematografia comprendeva prima di questo solo altri tre film, essendo morto 41enne in un incidente stradale mentre era in vacanza in Africa, fra Zambia e Tanzania; regista di commedie brillanti di buon successo al botteghino era sembrato il nome perfetto, ma qualcosa dev’essere andato storto, e non ci sono cronache cui fare riferimento per riportare l’accaduto: più o meno a metà lavorazione venne chiamato a sostituirlo sul set quel Dino Risi che aveva rifiutato di firmare il film, e benché era già noto ai tempi che avesse diretto molte scene, non si sa quali perché generalmente i film non vengono girati con la narrazione in sequenza, Risi lavorò in incognito senza voler essere accreditato, così che “Il successo” uscì firmato solo da Morassi, che morirà tre anni dopo.

“Il successo” che anche nel titolo tenta l’assonanza con “Il sorpasso” vede Gassman come protagonista assoluto laddove nell’altro film aveva Trintignant come importante comprimario che era anche voce narrante, e qui l’attore francese c’è solo per creare l’illusione della coppia vincente (al botteghino) ma perdente (nella storia) ed è un pallido comprimario, amico accomodante (ma non nel finale) che il protagonista bullizza col suo gallismo da maschio alfa cui però tiene testa il bel personaggio della moglie ricco di sfumature, affidato a un’altra francese, la fascinosa e languida Anouk Aimée, che dopo una già considerevole carriera in patria era giunta in Italia per lavorare con Federico Fellini in “La dolce vita” che la vorrà di nuovo in “8 ½”. Il quarto personaggio, che per vivacità e riuscita stilistica ruba il terzo posto all’amico interpretato da Trintignant, è la cameriera un po’ oca e sessualmente promiscua che l’ex fotomodella detta “Bardot italiana” Cristina Gaioni, in “Arrangiatevi” accreditata come Maria Cristina Gajoni, caratterizza divertendosi e divertendoci: un personaggio, però, purtroppo ancora intrappolato nella visione fallocentrica del maschio dell’epoca.

Nella ricerca smodata del suo successo economico il protagonista vortica come una girandola fra persone e ambienti di varia estrazione per riuscire a mettere insieme i dieci milioni che gli servono per avviare una speculazione edilizia e passare da impiegato frustrato con origini contadine a imprenditore di successo, senza mettere in conto che il successo gli avrebbe fatto perdere le persone migliori della sua vita, la moglie e l’amico, in un finale punitivo – come punitivo era l’incidente mortale alla fine di “Il sorpasso”, che lì però sorprendeva perché inseriva per la prima volta un finale tragico in una commedia – mentre qui in “Il successo” il finale è solo tristemente e banalmente moraleggiante: sarebbe stato più feroce e graffiante, e meno ipocrita, se l’uomo che alla fine ottiene l’ambito successo avesse gioito e goduto nel suo cinismo, che è quello che accade più verosimilmente nella realtà. Detto questo Vittorio Gassman è ancora una volta un grande interprete che ai vezzi del fanfarone (come i francesi hanno intitolato “Il sorpasso”) aggiunge l’ansia da prestazione e l’insicurezza che si trasformano in bramosia, e dietro ogni suo sbandierato sorriso c’è sempre l’ombra di un’amarezza che lo rode dall’interno: davvero notevole.

Ma anche se minore al suo modello dell’anno prima, questo film è da vedere perché esemplare di quell’Italia che tentava di raccontare al cinema il proprio boom economico a quindici anni dalla fine della guerra, e più che a “Il sorpasso” è più vicino al contemporaneo (siamo nel 1963) “Il boom” con Alberto Sordi diretto da Vittorio De Sica su scrittura di Cesare Zavattini.

Nei ritratti di contorno spiccano Umberto D’Orsi come ridanciano cinico palazzinaro, Riccardo Garrone che è il ricco spasimante della moglie, Leopoldo Trieste è l’untuoso affarista disonesto, Gastone Moschin è l’onesto cognato bistrattato perché onesto e poco accondiscendente; Filippo Scelzo è il padre contadino del protagonista, la fidanzata dall’amico è interpretata da Grazia Maria Spina, noto volto televisivo con molto teatro nel curriculum, che 21enne proprio con Gassman aveva lavorato in palcoscenico; l’intrallazzista Cesarino lo interpreta Mino Doro, altrove anche D’Oro, nome d’arte del conte Erminio Napoleone Gioanni Doro di Costa di Vernassino, che appassionato di teatro aveva debuttato ventenne nelle compagnie di Luigi Pirandello ed Emma Gramatica; la mora Annie Gorassini e la bionda Franca Polesello sono le due vivaci centratissime ragazze squillo che da sgallettate allietano un pomeriggio dei galletti protagonisti. Incredibilmente non è accreditata l’attrice straniera che interpreta la poco avvenente Contessa che si doppia da sé con un accento di cui non si riesce a comprendere la provenienza, e non c’è modo di trovarne traccia sulle pagine note e meno note del web: qualcuno sa chi è?

La Contessa, chi la interpreta?