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Comedians – il cinema 2020-21 disperso nella pandemia

Nel 2020 i cinema hanno timidamente riaperto in estate per richiudere subito dopo. Nel 2021 si va al cinema col green pass ma le sale sono praticamente deserte: gli spettatori sono decimati dalla pandemia e non mancano solo quelli che non hanno il green pass; fra quelli che ce l’hanno non tutti ritengono opportuno, o necessario, tornare al cinema, e i pochi volenterosi spettatori rimasti sono ulteriormente scoraggiati dall’obbligo della mascherina FFP2. I film usciti in sala passano subito sulle piattaforme web e in tv.

Il film completo disponibile in chiaro su YouTube oltre che su Sky

A Gabriele Salvatores dev’essere piaciuta proprio la commedia teatrale inglese “Comedians” se ci torna e ritorna a distanza di decenni. Napoletano di nascita ma milanese d’adozione è passato al teatro direttamente dal liceo e negli anni Settanta, senza alcuna preparazione specifica, co-fonda il Teatro dell’Elfo, compagnia nella quale si forma come regista di spettacoli cosiddetti d’avanguardia, ricerca di stili contenuti e scrittura che sulle nostre scene si era affacciata nel 1959 con Carmelo Bene che possiamo così definire il papà dell’avanguardia italiana. Ma se Bene aveva frequentato prima la scuola di Pietro Sharoff e poi l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, Salvatores è arrivato alla sperimentazione teatrale senza alcuna preparazione specifica, com’era usuale all’epoca: erano gli anni in cui l’intera società era totalmente messa in discussione e una delle derive artistiche fu proprio una certa sperimentazione che, partendo dal nulla, offriva alloggio a chiunque avesse un minimo di creatività, senza necessariamente avere un minimo di talento: solo il tempo, e i consensi immediati, crearono le vere avanguardie teatrali e le specifiche personalità.

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La prima messa in scena londinese di “Comedians” nel 1975, a destra è riconoscibile un giovane Jonathan Price

Ma Salvatores ha preso l’arte scenica molto sul serio e pur continuando a sperimentare si è evoluto verso uno stile più classico mettendo insieme un gruppo di fedeli amici coi quali si è formato. Il suo primo incontro con “Comedians” che Trevor Griffiths scrisse nel 1975 avviene dieci anno dopo, e nel 1985 mette in scena la sua stessa traduzione. Dopo aver debuttato come autore cinematografico nel 1983 rifacendo in film la sua personalissima trasposizione teatrale “Sogno di una notte d’estate” da e non di Shakespeare, torna a fare cinema partendo di nuovo dalla sua esperienza in palcoscenico del 1985 con “Comedians” e nel 1988 firma “Kamikazen – ultima notte a Milano” dove adatta molto liberamente la commedia inglese e la fa interpretare al suo fedele gruppo di amici, con tanti nomi allora poco noti in piccoli ruoli. Dunque quest’ennesimo appuntamento con “Comedians” possiamo considerarlo un remake, oggi assai più fedele all’originale. E torna al cinema corale, quello dei suoi inizi, quello dell’amicizia e del gruppo nostalgico ancorché conflittuale, quello della realtà trasognata e irraggiungibile e, in ultima analisi, quella del cabaret: anche se lui non lo ha mai fatto, il cabaret è il palcoscenico preferito dai suoi amici, siano essi attori che autori, e traspare, molto fra le righe e sempre ben veicolata, una certa goliardia.

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Uno dei vari cast teatrali di “A Chorus Line”

La storia è quella di un gruppo di cabarettisti all’ultimo incontro col loro insegnante prima dell’esibizione che deciderà il loro futuro, dato che un famoso comico televisivo verrà a vederli per scegliere chi scritturare nella propria agenzia e far debuttare in tv. Il plot è furbo e fa immediatamente pensare ad altri successi del genere, come “A Chorus Line” e “Fame”, ambientati nel mondo dei musical, il primo nato a teatro e il secondo nato come film da cui poi è stata sviluppata una serie tv; e la struttura è sempre la stessa: ballerini e cantanti – nel caso di “Comedians” cabarettisti – chiamati a esibirsi per avere un contratto: spettacolo accattivante e insieme finto reality con tutti i drammi personali annessi e connessi. Ma poiché gli stand-up comedians fanno teatro di parola con ampi riferimenti alla cultura contemporanea, l’adattamento deve essere più pervasivo e adattarsi nei contenuti alla nostra realtà, che nel caso di Salvatores è sempre quella milanese, ma con comici che vengono da ogni parte d’Italia, a partire dall’insegnante.

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Walter Leonardi, Natalino Balasso, Ale e Franz, Marco Bonadei, Vincenzo Zampa e Giulio Pranno

Resta dell’originale inglese il personaggio del comico ebreo, che nel mondo anglosassone ha un suo perché essendo espressione di una cultura che ha nello spettacolo, e fra i comici, una presenza pregnante; qui Salvatores lo adatta al meglio anche se da noi non c’è una tradizione di comici ebrei e le battute e le barzellette sull’ebraismo circolano solo fra i correligionari e i loro amici: in televisione non vedremo mai un comico ebreo che scherza su se stesso e la sua religione. E altrettanto resta il personaggio secondario ma determinante dell’immigrato indiano che con la sua cultura apre nuove prospettive. Per il resto la riscrittura di Salvatores mantiene tutto il resto, l’ambientazione e le dinamiche fra i personaggi che si scambiano battute trite e ritrite, spesso amare e anche al vetriolo, mettendo in scena spaccati di vita da clown assai tristi. E se ci torna e ritorna sarà perché questo dramma gli tocca corde assai personali, e se lui è professionalmente lontano dal mondo del cabaret è umanamente vicino a quello dei cabarettisti coi quali si è formato e cresciuto e adesso anche invecchiato. Una storia fatta di riflessioni profonde e tristi sulla vita e sulla vita dei commedianti, e sul senso della comicità: se deve graffiare oppure solo solleticare, se deve essere solo un mestiere o una missione, se deve veicolare messaggi e sollecitazioni o solo raccontare le solite barzellette. Materiale assai pensoso per un film assai drammatico nonostante parli di comicità – ma per quale pubblico?

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La presenza nel cast del duo milanese Ale e Franz, già molto attivi al cinema sia da protagonisti in film propri che solo con partecipazioni, di Christian De Sica, unica vera star del cinema nostrano spesso fatto di cinepanettoni, e Natalino Balasso noto ai telespettatori di Zelig, può far pensare a un film leggero ma che trae in inganno gli incauti spettatori. Invece è un film per pochi, per gli addetti ai lavori, per chi ama le messe in scene dei drammi minimi di vite al margine, per chi si diverte a vedere i suoi beniamini comici impegnati in ruoli drammatici, per il pubblico di Gabriele Salvatores che dopo l’inatteso Oscar per “Mediterraneo” nel 1992 si è divertito a sperimentare, sia con le trame che con gli stili e le tecnologie.

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Sin dalle prime battute e inquadrature è chiaro che fra i comici il protagonista è il più giovane, quello fuori dal coro e che sa sperimentare di più diventando anche aggressivo e sgradevole. A teatro e poi nel film “Kamikazen” era interpretato da Paolo Rossi (nel cast di allora anche Silvio Orlando e Claudio Bisio) e qui si rinnova nell’audace e riuscitissima performance di Giulio Pranno, che diciottenne fu bocciato agli esami di ammissione al Centro Sperimentale di Cinematografia ma che venne fortunosamente (a riprova del fatto che l’arte è un mestiere dove la fortuna conta più di qualsiasi altra cosa) ripescato da Salvatores che lo ha fatto debuttare col ruolo di un ragazzo autistico in “Tutto il mio folle amore” 2018; benché giovane è un già magnetico interprete che in questa sfortunata stagione cinematografica è anche nel film “La scuola cattolica” di Stefano Mordini dove interpreta il leader del gruppo di assassini del Delitto del Circeo, cronaca assai nera, anche politicamente, datata 1975.

Il veneto Natalino Balasso, già comico pensoso di suo, qui dà il meglio di sé come anziano cabarettista in disarmo che al facile successo con facili battute ha preferito la purezza stilistica dell’auto esilio nell’anonimato, cui si contrappone il suo ex compagno di scena che accettando le regole del successo è diventato il divo del piccolo schermo che verrà a selezionare i cabarettisti, cui si presta con sornione ghigno un Christian De Sica sul filo dell’autobiografico. Meno noti ma altrettanto efficaci gli altri interpreti: Marco Bonadei, Walter Leonardi e Vincenzo Zampa. Ale e Franz, non presentandosi come un duo comico ma interpretando due fratelli comici sono accreditati coi loro nomi all’anagrafe: Alessandro Basentini e Francesco Villa; Aram Kian è l’indiano e Elena Callegari è la bidella cui Salvatores assegna una triste battute a inizio film: Non ho mai capito che cos’è l’aerobica, dev’essere qualcosa che ha a che fare con gli aerei… La tristezza è servita sin dall’inizio per chi vuole cimentarsi nell’interessante visione di questo anomalo film finito subito in chiaro oltre che su Sky addirittura su YouTube.