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Anton Čechov – in Biografie e Storie Vere

René Féret

Con ampio ritardo è arrivato quest’anno nei cinema italiani, e passato subito in televisione su Sky Arte, l’ultimo film del francese René Féret morto di cancro subito dopo aver completato il film, nel 2015. Il pubblico l’ha ignorato e la critica non l’ha amato e seppure il film non è perfetto resta sempre un gran film con diversi pregi, non ultimo quello di raccontare una grande figura delle letteratura russa che oggi sembra interessare poco ai lettori mordi e fuggi, e ancora meno a chi non frequenta i teatri, e meno ancora a chi ama i film facili e veicolati da imponenti campagne commerciali. A una prima impressione sembra un piccolo film televisivo perché non indugia nella retorica del biografico che si fa agiografico, e anzi racconta il personaggio attraverso le sue piccole cose, la sua famiglia, la quotidianità, la sua freddezza di fronte all’amore, l’imperfezione tutta umana di un medico di campagna che aveva cominciato a scrivere racconti solo per guadagnare degli extra per sostenere la famiglia, e si ritrova col suo indiscutibile talento al centro di attenzioni che forse neanche desiderava ma con i cui guadagni vive finalmente in serenità, una serenità materiale perché quella emozionale e sentimentale non è un lusso che si concede. “Il mio cuore è freddo” dice ad un certo punto Anton, e poi agli attori che stanno mettendo in scena “Il gabbiano”: “I miei personaggi vivono nella noia con la coscienza dei loro insuccessi: portate il pubblico a questa noia senza preoccuparvi dell’estetica.” Bene, è quello che l’autore Féret fa col suo personaggio Cechov: senza preoccuparsi dell’estetica imperante che vorrebbe personaggi e situazioni più accattivanti, ne racconta la stanchezza del vivere così come lo scrittore russo racconta i suoi personaggi: è un gioco di specchi, riuscitissimo.

Lolita Chammah e Nicolas Giraud

Inoltre prima di esprimere giudizi estetici (chiunque di noi, anche il critico più colto e acclamato non esprime altro che giudizi personali) per onestà intellettuale bisognerebbe sapere qualcosa di più su colui che stiamo giudicando: René Féret non è un autore universalmente noto e non è stato un autore normalmente distribuito in Italia. Ecco la sua scheda: intorno ai vent’anni aveva già intrapreso la carriera di attore, ma alla morte del padre cadde in una profonda depressione che lo portò anche a tentare il suicidio, e fu internato per diverse settimane in un ospedale psichiatrico, lasciando il quale realizzò qualche anno dopo il suo primo film “Histoire de Paul” sulla sua esperienza, film elogiato dal filosofo Michel Foucault e vincitore del Prix Jean-Vigo il cui contributo economico gli è servito per fondare una sua casa di produzione con la quale finanzierà altri autori di film importanti sul piano culturale e artistico, ma mai per compiacere il grande pubblico. Come autore realizzò una serie di film ispirati alla sua famiglia e poi si specializzò nelle biografie, con attenzione a personaggi minori e controversi, fino ad approdare a questo suo Anton Cechov conclusivo col quale forser torna al suo giovanile disagio di vivere.

Nicolas Giraud e Marie Féret

Appurato che il film non è spettacolare né accattivante, è sicuramente avvincente anche per l’interpretazione del protagonista assoluto Nicolas Giraud e insieme protagonista fra tanti, così come Cechov diceva dei suoi personaggi: non c’è un protagonista perché tutti sono protagonisti, ognuno nella sua singola vicenda. Due figli d’arte nel cast: Lolita Chammah, figlia del regista Ronald Chammah e di Isabelle Huppert, interpreta la protettiva sorella Macha o Mascia; e Brontis Jodorowsky, che è figlio del discusso genialoide Alejandro Jodorowsky, è uno di quei fratelli maggiori devoti alla vodka; Marie Féret, figlia dell’autore, interpreta un’istitutrice in quella lontana Siberia, nell’isola di Sakhalin, dove il medico-scrittore era andato a vivere per fare un reportage sulle condizioni degli esuli-carcerati. Robinson Stévenin è il fratello che prima di Anton muore di tubercolosi; Jenna Thiam è l’inquieta amante; e Frédéric Pierrot tratteggia brevemente un Lev Tolstoj dedito ai piaceri della vita: tutti personaggi umanissimi perché Féret non innalza piedistalli. Sarebbe interessante se Sky Arte mettesse in calendario un precedente film di Féret che racconta la sorella di Mozart.

Anton Cechov