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Hitler contro Picasso e gli altri

E gli altri sono Marc Chagall, Otto Dix, Henri Matisse, Claude Monet, Paul Klee, Oskar Kokoschka, El Lissitzky e non finisce qui, e non sono nomi da poco. Un’accozzaglia, secondo Hitler e la cultura nazista, di artisti degenerati da mettere all’indice, addirittura con una mostra itinerante, a loro dedicata nel 1937, che fra Austria e Germania raccolse circa 2 milioni di presenze, e anche questo non è poco, dovendo dire che non tutti i visitatori condividevano l’ideologia nazista ed erano lì per ammirare opere altrimenti irreperibili; come pure alcuni gerarchi nazisti, privatamente, collezionavano opere e artisti messi all’indice; per arrivare al paradosso di pittori e scultori che avevano opere esposte sia nella mostra derisoria che in quella ufficiale “La grande esposizione di arte germanica” a riprova che l’arte è fluida e tutte le etichettature sono di comodo, a seconda del periodo e del luogo e dell’intento.

Ma questo è solo un aspetto dell’ossessione nazista per l’arte (fra le molteplici ossessioni del nazismo fra cui si annoverano l’occultismo e gli alieni), perché nello stesso periodo cominciò nei paesi occupati, senza tralasciare i luoghi sacri, e nelle case degli ebrei principalmente,  il rastrellamento di opere d’arte di ogni genere con l’intento da parte di Hitler di realizzare a Lintz, sua città natale, un grande museo tipo Louvre d’Austria, per fortuna mai realizzato. Ma Adolf dovette contendersi le migliore opere col suo generale Hermann Göring, altro grande appassionato d’arte che voleva creare un’esposizione nella sua residenza privata di Carinhall fuori Berlino, e alla fine si misero d’accordo sui generi da spartirsi.

Il film è un ricco e dettagliato documentario di tutto questo traffico clandestino di opere trafugate nel terrore e nel sangue, e il titolo che cita Hitler e Picasso è solo un amo per pescare spettatori in cerca di sensazionalismi: in realtà di “arte degenerata” si parla pochissimo e le decine di testimonianze raccontano dettagli e punti di vista, analisi storiche e sociologiche, nonché esperienze personali di individui e famiglie, che riguardarono la grande arte trafugata in Europa da parte dei nazisti.

Il film è meritevolmente prodotto, come altri del genere, da Sky Arte. E mi sento di dire che in Italia, in questi ultimi mesi di propaganda politica pre-elettorale, nessun partito e nessun candidato hanno mai parlato di arte, perché l’arte in Italia è ritenuta, erroneamente, un bene di nicchia che non crea consenso, un argomento per élite di intellettuali, quindi meglio rivolgersi alla pancia delle masse parlando di defiscalizzazioni, deregolizzazioni, depenalizzazioni in un paese della cuccagna dove ognuno possa finalmente fare quel che vuole, anche nominarsi presidente del consiglio online.

Diretto da Claudio Poli il film è narrato da Toni Servillo in video, in alternanza alla voce fuori campo di uno speaker ben più impegnato ma non accreditato, per dare più profondità narrativa al film che di sfuggita cita anche le azioni dei “Monuments Men”, gli specialisti dell’arte americani che vennero da militari in Europa per cercare le opere scomparse, raccontati nel film omonimo diretto e interpretato da George Clooney.

L’arte può essere strumento di consenso come pure spunto rivoluzionario ma in Italia nessuno se ne è accorto.