Archivio mensile:settembre 2023

Il Legionario – opera prima di Hleb Papou

Pare che sia la migliore opera prima italiana del 2022 e il suo autore non ha un nome italiano: segno che nella realtà di tutti i giorni, e nel mondo culturale, e cinematografico in questo specifico, le cose cambiano più rapidamente che nella mente di chi fa politica. Un’opera prima che a tutti gli effetti si presenta come nuovissimo neorealismo italiano.

Il 32enne Hleb Papou, nato in Bielorussia ma cresciuto in Italia, è stato premiato al Festival di Locarno come miglior regista esordiente. Da bambino, nel condominio di Minsk dove è nato e cresciuto fino agli 11 anni, giocava coi suoi amici a guardie e ladri versione terzo millennio, ovvero rifacendo le scene d’azione dei film americani sparandosi addosso con i fucili ad aria compressa: dispositivi che non dovrebbero essere dati in mano a ragazzini, ma vabbè, anche riprendendo le battaglie con la videocamera VHS di un amico: insomma il cinema era già nelle sue prospettive anche se al momento era ancora troppo giovane per saperlo. Solo venendo in Italia con la madre e frequentando le scuole italiane si affina il suo gusto per il cinema e lasciato Lecco dopo il liceo si trasferisce a Roma per frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia dove si diploma regista con il corto “Il legionario” che nel 2017 venne selezionato alla Settimana della critica di Venezia e, di conferme in conferme, il corto è poi diventato questo lungometraggio, un film che lui stesso preferisce collocare nel genere action, che è il suo genere di riferimento, forse poco sapendo del neorealismo italiano che questo suo film fa paradossalmente rivivere: interpreti non professionisti per tematiche di strettissima contingenza, ovvero emergenza sociale; che nel neorealismo classico era la ricostruzione del tessuto sociale dopo la fine della seconda guerra mondiale, e oggi è la costruzione ex novo di un tessuto sociale dove devono riuscire a incontrarsi e convivere realtà e culture diverse.

Germano Gentile

La cosa più interessante del film è che il suo autore, essendo nato all’estero, ha un’italianità acquisita e vede la realtà da un altro punto di vista: non va a cercare storie di disagi periferici – vedi gli ormai troppo osannati Fratelli D’Innocenzo – ma cerca le storie nel suo vissuto di immigrato e fra gli altri italiani figli di immigrati scorrettamente ancora definiti immigrati di seconda generazione con la precisa volontà politica, e anche culturale che in certi casi si spinge allo stigma morale, di non riconoscere la loro italianità. L’unico neorealismo possibile: un poliziotto di colore, che parla romanesco, in forza al reparto della squadra mobile ha nascosto ai colleghi che sua madre e suo fratello vivono nello stabile occupato (che realmente esiste e nel quale è stato girato sia il corto che il lungometraggio) che gli hanno appena ordinato di sgomberare; il film è la preparazione a questo scontro, che diventa scontro fra fratelli, all’interno del tormento interiore del protagonista dalle molteplici doppie identità: italiano e straniero, legalità e illegalità, gli atteggiamenti fascistoidi richiesti dallo stare fra i celerini e l’anima sinistroide ed eversiva di chi vive sui confini. Tecnicamente irreprensibile, perfetto come action dal ritmo serrato, non indietreggia di fronte ai tormenti tutti interiori del poliziotto nero e ne fa uno spettacolo sempre avvincente anche grazie alle interpretazioni dei protagonisti. Hleb Papou ha scritto il film con Giuseppe Brigante ed Emanuele Mochi suoi collaboratori già dal corto, coprodotto da Rai Cinema sul cui portale Rai Play è possibile vederlo.

Maurizio Bousso

Germano Gentile e Maurizio Bousso che sono i due fratelli, il poliziotto e l’attivista, appartengono alla nuova generazione di attori italiani di colore in una cinematografia che essendo specchio della società è in clamoroso ritardo sull’inclusione delle diverse etnie. Il professionista di lungo corso più teatrale e televisivo che cinematografico, Marco Falaguasta, come capo dei celerini romanissimo duro e puro, potrebbe fare tesoro di questa interpretazione per ricollocarsi con più visibilità nel cinema. Sabina Guzzanti si presta nel cameo della conduttrice della serata di spettacolo sociale di sostegno ai condomini sotto sfratto. L’unica cosa che sembra sbagliata è il titolo, che immediatamente fa pensare all’esperienza militare dei legionari francesi trattandosi di una storia moderna con un protagonista nero, ma certo nelle intenzioni dell’autore rimanda alle legioni dell’antica Roma dove non erano rari gli stranieri naturalizzati.

L’autore ha costruito la sua storia affiancandosi direttamente a un reparto della Celere e frequentando lo stabile occupato, e nel film entra anche la vicenda reale dell’elemosiniere del Papa che nel 2019 si prese la responsabilità, perché passibile di denuncia, di togliere fisicamente il blocco messo dal comune ai contatori elettrici del palazzo occupato. Durante la realizzazione del corto i tre amici, il regista e i due sceneggiatori, avevano cercato il supporto del Ministero dell’Interno che però non ha approvato la sceneggiatura perché non in linea con l’immagine della Polizia: per avere il supporto economico avrebbero dovuto scrivere un film più istituzionale ma per fortuna i tre giovani autori hanno proseguito per la loro strada.

“Avevo tanti stereotipi – ha dichiarato il regista – ma scrivendo ho imparato che se vuoi raccontare una storia devi lasciare a casa le tue opinioni personali e andare a esplorare i temi su cui si basa il racconto senza giudicare. Io e i due sceneggiatori siamo molto diversi, ma ci siamo messi al servizio della storia lasciando a casa le nostre convinzioni politiche o sociali. Nel caso della celere ho capito che dietro a un casco e a una divisa c’è una persona in carne e ossa che respira e ragiona, un essere umano con dei sentimenti. Non sono dei robot, ognuno può avere la propria idea, ed è assolutamente vero che a volte esagerano e sono violenti, però è tutto molto complicato. Lo stesso discorso vale per la casa occupata: è un microcosmo con una sua costituzione interna. Ho scoperto ad esempio che tra gli occupanti c’è chi vota Salvini e Meloni, non me lo sarei mai aspettato.” Poi arriva una piccola stoccata ai Fratelli D’Innocenzo: “A me basta solo non fare una cosa intellettualina, capito? Voglio pormi delle domande su dove vada la società. In questo film non ci sono le spaghettate, le lenzuola bianche, il parlare romano sbiascicato da periferia…” No non c’è e per questo è davvero un gran bel film da vedere.