Archivio mensile:marzo 2019

Il Professore e il Pazzo, e le parole come salvezza

È intrigante il titolo che esplicativamente mette insieme due figure che accendono l’immaginario. È intrigante il cast che schiera un’inedita coppia di premi Oscar molto lontani fra loro sia sul piano artistico che umano.

Mel Gibson noto per la sua cinematografia fatta di eroi in azione da “Mad Max” a “Arma Letale” fino ad arrivare alla regia di “Braveheart” che all’eroico machismo aggiunge sangue e violenza, come confermerà in “Apocalypto” e passando per il molto discusso “La Passione di Cristo” del quale sta ultimando il sequel “Resurrection” e per il quale ha ricevuto accuse di antisemitismo e che lo ha rivelato alla società come ultra conservatore fascistoide; con la sua ultima regia in “La battaglia di Hacksaw Ridge”, storia del primo obiettore di coscienza americano, sembra ammorbidire il suo gusto per il machismo sanguinolento e in ogni caso è un regista che confeziona sempre film di grande impatto, anche artistico, che non mancano di raccogliere consensi e premi.

Sean Penn, al contrario, è noto per il suo impegno sociale progressista e anti imperialista che lo vede in prima fila anche a sostegno dei diritti dei gay, fino a interpretare “Milk” biografia di Harvey Milk primo omosessuale dichiarato ad essere eletto a una carica pubblica, interpretazione con la quale si guadagna l’Oscar. Lontane da eroici machismi tutte le sue altre interpretazioni, dal ritardato “Mi chiamo Sam” alla rockstar depressa di “This must be the place” del nostro Paolo Sorrentino. Come regista debutta con “Lupo Solitario” che è la trasposizione cinematografica della canzone di Bob Dylan “Highway Patrolman” e la sua più recente regia è “Il tuo ultimo sguardo” ambientato nello scenario della guerra civile in corso in Liberia.

In questo film tratto da una storia vera Mel Gibson, anche produttore e deus ex machina dell’intero progetto, si affida alla regia di P. B. Shemran già suo sceneggiatore in “Apocalypto” e qui alla sua prima cauta formale regia accusata dai critici di mestiere di essere priva di carattere e originalità – col beneficio del dubbio su queste critiche: a che serve l’originalità a tutti i costi? l’impianto è classico e racconta senza intoppi una storia che avrebbe potuto trovarne parecchi nella trasposizione dal romanzo al film, trattando argomenti “alti” come cultura e linguistica ma anche abnegazione, colpa, pentimento e riscatto. Avrebbe potuto essere un film difficile ed elitario, oltre che velleitario, e invece è scorrevole ed emozionante, anche grazie alle eccellenti interpretazioni di cui sentiremo parlare al momento di assegnare dei premi.

Ricordando che Gibson aveva interpretato un professore anche nella sua prima regia “L’uomo senza volto”, film sul riscatto e i buoni sentimenti lontano dal futuro stile gibsoniano, qui è un coltissimo autodidatta che si trasferisce a Oxford per dare inizio a un’opera immensa: l’Oxford English Dictionary. Il pazzo è un medico militare americano perseguitato da psicosi e senso di colpa che finisce nel manicomio criminale della città di Oxford, e il film segue in parallelo i due personaggi per i quali ci si comincia a chiedere: come e quando si incontreranno, e perché data la distanza culturale e ambientale fra i due? Bene, si incontrano per la prima volta a metà film e da qui in poi lascio che ognuno vada al cinema per scoprire come ci si possa riscattare attraverso l’affascinante (per me) mondo delle parole che fioriscono di molteplici significati e sfumature a seconda delle epoche e dei luoghi.

Completano il cast Natalie Dormer, tormentata vedova resa tale dal pazzo assassino, e Jennifer Ehle, la devota moglie del professore che non manca di iniziativa; Stephen Dillane è il contraddittorio medico dei pazzi e Steve Coogan è il pazzo sostenitore del professore altrettanto pazzo nel prendersi in carico il gravosissimo impegno; il sempre eccellente Eddie Marsan qui è la guardia carceraria dalla mente e dal chiavistello molto aperti e Ioan Gruffud si presta a fare da spalla e da assistente a cotanto professore; il cattivo di turno è Laurence Fox che come tutti i cattivi verrà punito ma qui senza spargimento di sangue e con poche parole, in un film che è un omaggio alla magia delle parole.

Battiti

Il canale Sky Arte oltre al merito di esistere ha anche quello di passare, di tanto in tanto, qualche cortometraggio, ovvero film della durata massima di 30 minuti, che generalmente non hanno distribuzione nelle sale e fra i quali si trovano, a volte, vere perle di cinematografia. Non è questo il caso.

Vinicio Marchioni è un quarantenne che deve accantonare gli sport estremi perché ha problemi di cuore: non può più fare sforzi, deve ridefinire la sua vita e in questo lo vediamo assistito da una solerte educatrice emotiva, efficiente quanto castrante, che lo aiuta a controllare i battiti del suo cuore… ma poi la frequentazione prende il sopravvento sulla pratica paramedica e i battiti del cuore diventano improvvisamente sentimentali. Che bello. Se non fosse che queste tematiche erano in voga nei fotoromanzi anni ’70. E se proprio bisogna raccontare questi battiti del cuore, oggi, allora sarebbe meglio rivolgersi alle adolescenti piuttosto che ai quarantenni: il contesto è superficiale e le aspirazioni artistiche sembrano davvero quelle di trenta-quarantenni con la sindrome di Peter Pan. Erica Del Bianco è la coprotagonista e completa il cast la lituana Ruta Papartyte che altrove è una responsabile casting e non un’attrice.

Storia banale scritta male da Alessia Rotondo, inutilmente prodotto da Claudia Di Lascia, questo cortometraggio ha la supervisione artistica del regista Silvio Soldini che evidentemente non aveva niente di meglio da fare. Il lavoro del regista Michele Bizzi è soddisfacente ma resta la domanda: davvero non aveva sottomano una sceneggiatura più interessante? Fatte le opportune ricerche suppongo che il trend sia questo perché trovo notizie di un suo film del 2013, “La strada verso Olympia” con la medesima attrice protagonista: stavolta la disgraziata è lei perché si risveglia dal coma e si ritrova inchiodata sulla sedia a rotelle, e il suo più grande desiderio qual è? ma andare al concerto dei Pooh all’Olympia di Parigi!… Basta così, è troppo!