Archivio mensile:ottobre 2016

Muscular Remakes: Ben-Hur e I Magnifici Sette

Questa stagione cinematografica si apre coi remake di due grandi film che rimangono nella storia del cinema: il “Ben-Hur” del 1959 di William Wyler che con i suoi 11 Oscar ha mantenuto il primato fino a che non è stato affondato dal “Titanic” e “I Magnifici Sette” di John Sturges ispirato al magnifico “I Sette Samurai” di Akira Kurosawa.

Diciamo subito che il “Ben-Hur” 2016 è una scorreggetta. Regge il confronto la scena della corsa delle quadrighe, momento clou di entrambi i film, ma mentre nel ’59 era una cosa mai vista – sbagliarla oggi, con tutti gli effetti speciali a disposizione, sarebbe stato gravissimo. Per il resto è un piatto rifacimento con gli ovvi “distinguo” della sceneggiatura, necessariamente più moderna e aggiornata, ma non sempre con scelte convincenti: da un lato il ridicolo incidente della tegola che cade sul console e che scatena l’ira dei Romani viene giustamente rivista come un più credibile attentato contro l’usurpatore, dall’altro il linguaggio si fa addirittura troppo moderno mettendo in bocca a Messala una parola come progressista; inoltre: laddove il Cristo veniva sempre mostrato di schiena, come a mantenere le distanze data la grandezza della sua figura, qui viene ampiamente mostrato col volto emaciato e vagamente fastidioso di quel Rodrigo Santoro che in “300” ha giganteggiato come il cattivissimo macho-trans fashion-sadomaso Serse. Ma è incredibile il cast: accantonando il sempre ottimo Morgan Freeman che qui è uno sceicco che prende il posto del favolistico Magio Baldassarre del ’59, spendiamo qualche parola sui protagonisti: a sostituire l’ingombrante Charlton Heston è stato chiamato Jack Huston, un interessante e bravo attore inglese nobile per parte di madre e nipote d’arte per parte di padre: il regista John Huston era suo nonno e Anjelica Huston è sua zia. Ma che ci fa un bravo attore con carriera di qualità, faccia da bravo ragazzo e fisico mingherlino – prima a remare in una galera romana e poi a correre su una quadriga? non ci crede nessuno. Nel ruolo dell’amico-nemico Messala c’è un altro inglese di belle speranze ma già più credibile nel ruolo: Toby Kebbell. Dirige la baracca, anzi il baraccone, Timur Bekmambetov. Ovviamente in questa versione i due protagonisti tornano di nuovo amici e tutti vissero felici e contenti.

Meglio, “I Magnifici Sette” diretto da Antoine Fuqua. Nel ’60 non ci sono stati Oscar con cui fare oggi i conti oggi, e anche qui ci sono le star a sostituire le star dell’epoca: Yul Brynner a capo dei sette e Eli Wallach come il cattivissimo, e scusate se è poco. Oggi il cattivo è Peter Sarsgaard, ottimo attore con un bel faccino non nuovo a ruoli di cattivo. A capo della banda di eroi-malgrado-loro oggi c’è il nero Denzel Washington in un contesto storico in cui un nero non avrebbe mai potuto ricoprire quel ruolo, e poiché siamo nel politically correct più spinto di un Paese che deve sempre fare i conti con le sue belligeranti tribù, oggi i magnifici sette sono di tutti i colori: c’è l’ispanico (ma c’era già) e c’è pure il cinese ma – e qui John Wayne si rivolterebbe nella tomba – alla fine si aggiunge anche il pellerossa Comanche. L’insalata è gradevole perché dove c’è diversità c’è sempre più gusto, e l’azione è condita con quel pizzico di ironia che non guasta mai e aggiunge pepe alla polvere da sparo. Denzel passa sullo schermo inespressivo perché già il fatto di essere il nero fa spettacolo. Ethan Hawke tratteggia bene il suo magnifico tormentato e Chris Pratt fa bene la sua canaglia. Vincent D’Onofrio, interessantissimo attore che ricordiamo giovane recluta “palla di lardo” in “Full Metal Jacket” di Stanley Kubrick; essendo stato per anni protagonista della serie tv “Law & Order”, le sue uscite sul grande schermo sono sempre all’insegna della ricerca di personaggi in cui possa indossare pelli diverse e qui è praticamente irriconoscibile come villico barbuto e definitivamente grasso. Manuel Garcia-Rulfo è l’ispanico, Lee Byung-hun il giallo, Martin Sensmeier il rosso. Con l’impavida Haley Bennett i magnifici sette fanno sette e mezzo e completano il cast: Luke Grimes, Cam Gigandet e Matt Bomer che all’inizio del film sembra il protagonista ma muore nei primi cinque minuti: ruolo cameo per un attore, acclamato protagonista della serie tv “White Collar” che avendo dichiarato la sua omosessualità adesso paga lo scotto di una Hollywood dove tutto si fa ma nulla si dice: don’t ask don’t tell, purissima ipocrisia di un paese che si è inventato il politically correct perché profondamente sessuofobo, razzista e classista. E questo non è un altro discorso, perché questo discorso si rispecchia nelle produzioni cinematografiche per il grande pubblico dove si devono accontentare tutti e non offendere nessuno. In questo caso ci sono riusciti con un prodotto coinvolgente e a divertente.