Suffragette, forse non tutti sanno che

Suffragette era un appellativo dispregiativo dato a quelle donne che si battevano per avere il suffragio universale, ovvero il voto politico anche alle donne. E’ stata una battaglia mai abbastanza raccontata e anche in questo film, a sentire il parere degli specialisti scontenti, è raccontata in modo parziale perché concentrata solo sulla classe operaia. Ma si sa che un racconto, filmico come anche narrativo, deve scegliere un punto di vista e seguire un percorso che necessariamente mette da parte tante altre cose. Questo film, per come è stato realizzato e per la storia che racconta è a mio parere un gran bel film, che fa luce su dettagli e momenti di quella battaglia, inglese nello specifico, ancora mai narrati. Intrecciando fatti e personaggi reali ad altri necessariamente fittizi, per quanto ispirati anch’essi alla realtà, costruisce una trama avvincente resa con partecipata emozione dalla regista Sarah Gavron, praticamente esordiente, e che già raccoglie candidature: sguardo di donna su una storia di donne, come è giusto che sia.

Protagonista della vicenda è Maud, nata e cresciuta lavandaia, pressoché schiava, si suppone anche sessuale, del padrone della lavanderia in cui lavora anche il marito come fattorino e uomo di fatica, interpretati da Carey Mulligan e Ben Winshaw al suo secondo film di stagione (vedi: “The Danish Girl”), coppia di lavoratori affiatata che non regge al coinvolgimento, dapprima casuale, di Maud alla causa delle suffragette. Altro personaggio importante è la collega lavandaia suffragetta di lungo corso  Violet interpretata dall’ottima Anne-Marie Duff non accreditata in cartellone perché non è (ancora?) una star. Altre star in cartellone sono Helena Bonham-Carter che interpreta una farmacista che tiene riunioni segrete (non per molto…) nel suo negozio e Meryl Streep in un ruolo-cameo di pochi minuti in cui impersona Emmeline Pankhurst, personaggio realmente esistito, fondatrice del Women’s Social and Political Union (WSPU), un movimento il cui slogan era “deeds not words” (azioni non parole) e infatti in un crescendo di azioni di protesta il movimento passa dal lancio di sassi contro le vetrine all’incendio delle cassette postali fino alla bomba nella villa di un ministro, azioni violente che finiranno con lo spaccare l’unitarietà del movimento e che avranno il loro disperato culmine nella morte sotto gli zoccoli di un cavallo di proprietà di Re Giorgio V (Finbar Lynch) della suffragetta Emily Davison (Natalie Press), altro personaggio reale che il film racconta come suicida volontaria per la causa, ma in realtà non si sa se. Altro personaggio importante è l’ufficiale di polizia che segue con necessario cinico distacco il succedersi degli eventi, interpretato da Brendan Gleeson. Altri interpreti che vale la pena ricordare sono Samuel West e Romola Garay come ministro che mal sopporta la moglie suffragetta high-society. Una menzione speciale al piccolo Adam Michael Dodd, che interpreta il figlio della protagonista, che nel momento più drammatico del suo personaggio mostra un’adesione emotiva da gran professionista. Da vedere.

Lascia un commento